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La Redazione

 

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IL PARADOSSO BEN BERNAKE

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A cura di Davide
Il 8 Gennaio 2009
26 Views

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The Advisor

La voce del ribelle

Il 24 dicembre 2008 il Sole 24 Ore ha pubblicato, a pagina 8, un articolo davvero molto interessante di Mario Margiocco, intitolato
“Il paradosso di Ben Bernanke”. L’autore analizza la politica monetaria della FED, coi tassi prossimi allo zero, e le sue probabili conseguenze.

L’analisi parte dalla descrizione alquanto precisa del debito americano che, in rapporto al PIL, risulta superiore persino a quello italiano. Sommando infatti le quattro componenti che lo costituiscono (sistema finanziario, imprese, famiglie e pubblico) il debito americano risulta essere pari al 377% del PIL contro il più modesto, ma non meno significativo, 292% di quello italiano. Fin qui i dati. Per contrastare questo immane indebitamento il metodo scelto da Ben Bernanke, il presidente della FED nominato da George W. Bush a fine 2005 in sostituzione di Alan Greenspan, viene ripreso in toto dalle teorie di Milton Friedman, che collegano a cause strettamente monetarie i processi inflattivi e deflattivi. In presenza di deflazione occorre finanziare a bassissimo costo il debito ed inondare il sistema di liquidità.
L’autore dell’articolo riprende un passo di un discorso che lo stesso Bernanke tenne nel 2002: «se cadiamo in una deflazione possiamo trarre speranza nel fatto che la logica della tipografia si imporrà e che una quantità sufficiente di cartamoneta alla fine riuscirà sempre a invertire la spirale inflazionistica». È ovvio, continua l’autore, che una simile politica pone interrogativi circa il finanziamento a bassissimo costo di un debito enorme, con remunerazione bassissima e con incognite di futura inflazione. Allo stato attuale solo l’atteggiamento (apparentemente) compiacente della Cina, che continua ad investire imperterrita in titoli del debito americano, sembra sostenere questo tipo di strategia.

All’interno degli States, nota Margiocco, vi è un dibattito aperto e sta prendendo piede una corrente di pensiero favorevole ad una “moderate inflation”, in quanto l’inflazione, ricorda l’autore, «come noto riduce il debito reale». Per concludere questa analisi viene rilevato che «due idee del tutto eterodosse da decenni nel mondo delle banche centrali, l’emissione di titoli in proprio e la sottoscrizione forzosa di titoli del Tesoro come avvenne in economie di guerra dal 1942 al 1951, sono state avanzate dallo stesso Bernanke».

Conseguenze: l’obiettivo di assicurare credito a basso costo pilotando all’ingiù i tassi e breve e a lungo termine ha insito in sé il rischio di una crescita dell’inflazione; e per evitare che i mercati reagiscano negativamente c’è quindi bisogno, come “valvola di sfogo”, di una quotazione del dollaro sensibilmente inferiore a quella attuale. Conclude Margiocco: “Negli anni Trenta, un’altra epoca, si chiamavano svalutazioni competitive”.

Proprio qui sta il punto: in questo modo gli USA stanno scaricando sui competitors internazionali le deficienze del loro sistema, alla faccia dell’economia globale… Dollaro debole vuol dire più facilità ad esportare ma vuol dire anche escludere dai mercati internazionali i concorrenti che nella nuova situazione non potranno essere competitivi, Paesi europei in testa. I mercati quantitativamente più rilevanti sono in oriente: si stanno creando le premesse per una esclusione di fatto dei prodotti non americani; esclusione basata non già su un giudizio qualitativo, espresso liberamente dalla clientela, ma su una scelta di carattere quantitativo, che si ferma al prezzo più basso e che è condizionata, e falsata, dall’artificiosa svalutazione del dollaro.

Qui in Europa, stretta da un mercato interno in sofferenza e dal rischio di un mini-dollaro, invece di contrastare ufficialmente e sistematicamente la politica monetaria americana si riapre il dibattito circa la necessità di dotarsi di una sorta di Costituzione comunitaria, riproponendo in Irlanda il referendum che ne vide già la bocciatura. Domanda: che si voglia ottenere in tal modo, più che la costruzione di un sistema più forte, l’impossibilità di poter uscire dal sistema attuale, per quanto debole e svantaggioso?

The Advisor
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/economia/2009/1/7/the-advisor-05-gennaio-2009.html
5.01.2009

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