IL PARADISO PUO' ATTENDERE

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DI SHERIF EL SABAIE
Salamelik

Silenzio. Pietà. Compassione. E’ quello che chiedono oggi a gran voce i perbenisti e i buonisti di ogni risma e estrazione, anche i critici più accesi di una volta. Ma la Fallaci era nota per aver sempre espresso la sua opinione senza freni inibitori, fregandosene altamente delle conseguenze. Invocava roghi di immigrati, bombe nelle moschee, arresti arbitrari, espulsioni in massa, senza battere ciglio, senza dover rendere conto a nessuno. La sua morte dovrebbe cambiare il nostro atteggiamento nei suoi confronti? Dovremmo forse ricordarla come Santa Fallaci di New York e dimenticare che è stata una delle principali promotrici dell’odio e del razzismo non solo in Italia ma in tutto il mondo? Dovremmo cancellare con un colpo di spugna la sua odiosa eredità letteraria che si è invece sedimentata in molte persone?

La risposta è semplicemente no. Perché nemmeno il tanto invocato “mistero della morte” ne fa una persona migliore: la Fallaci non è stata né la prima né l’ultima a morire. E siccome moriremo tutti, non vedo perché dovremmo accogliere questa morte in particolare con reverenziale contemplazione. Alla Fallaci ho dedicato articoli tutt’altro che amichevoli (“Zero in storia alla Fallaci“, “L’arte fallace di cancellare la storia“, “La Fallaci ideologa del DSSA“, “Fallaci: il Dio buono e il Dio infanticida” e la serie “Beautiful Oriana“) che ancora oggi mi fruttano decine di email di insulti da parte dei suoi ammiratori. Non intendo quindi accodarmi proprio ora al coro di fan invasati – i primi a dar fuoco ai “fottuti figli di Allah” se potessero farlo – e critici rispettabili “sinceramente addolorati”, versare lacrime per una persona che non sopporto vedere manco in foto o in Tv, la cui voce – mentre leggeva quegli orrori mandati in onda ieri sera su Matrix – mi ricorda vagamente la megera di Biancaneve.

Ai musulmani che si sono affrettati a giocare il ruolo del “buon selvaggio integrato”, minimizzando la gravissima portata delle sue farneticazioni ad un mero “scontro di battute”, ad un civile “scambio di idee”, chiedo se si rendono conto che la Fallaci avrebbe sinceramente voluto vederli tutti rinchiusi nei vagoni piombati e nei campi di concentramento, perseguitati ed espulsi in quanto inferiori, estranei e pericolosi. Il loro atteggiamento “civile” e “contenuto” non ne farà persone migliori o degne di fiducia agli occhi di quell’ opinione pubblica che l’anziana giornalista ha così ben indottrinato in questi anni, con la complicità dei direttori e degli editori che le hanno dato spazio: ne fa solo degli ipocriti dissimulatori, degli incoscienti che spianano la strada per un nuovo Olocausto, come gli ebrei che negli anni 30 minimizzavano i discorsi di Hitler.

Ciononostante, non ho accolto la morte di Oriana Fallaci con soddisfazione: credo infatti che siano ben altre le soddisfazioni che la vita potrebbe riservare ad un essere umano. La morte di una persona, per quanto esecrabile fosse il ricordo che ha lasciato nelle menti e nelle coscienze, non ne fa di certo parte. Ma posso tranquillamente affermare che l’ho accolta con sollievo, questo sì. Sono sollevato per la morte di un tiranno mediatico, che non solo progettava e ideava un nuovo scenario di orrori in Europa (altro che “si è limitata solo a scrivere”), ma perseguiva i critici e i detrattori con ogni sorta di querele e di cause.
Sono sollevato per il fatto che sia morta su un letto, assistita dal nipote, vicina alla sorella e con la finestra della clinica che dava sulla sua amata Firenze (ma non era in “esilio”, o forse oggi si può tornare dall’esilio per morire in patria?) – con il Duomo ancora in piedi, nonostante i suoi accorati gridi di allarme-terrorismo – e quindi senza doverla vedere osannata come una martire – come lei avrebbe probabilmente voluto – vittima di qualche folle estremista.
Sono sollevato per il fatto che nonostante si sia prodigata, in questi ultimi anni, a dire tutto il male possibile dell’Islam e dei musulmani, non sia riuscita a beccarsi la tanto agognata fatwa, che altri sono costretti ad inventarsi, bensì solo la regolare denuncia di un provocatore mediatico, tra l’altro accolta e conclusasi con il suo rinvio a giudizio proprio nel suo paese, senza che possa avere la soddisfazione di essere prosciolta.
Sono sollevato perché prima di morire ha subito l’ultimo affronto, così civile nella sua concezione, così elegante dal punto di vista simbolico, ovvero quella cermonia di “premiazione musulmana”, quella “Mezzaluna d’Oro” che tanto scalpore destò, essendosi svolta nella sede del Comune che si era sempre rifiutato di premiarla. Sono sollevato perché non ha mai avuto il Fiorino della sua città – forse glielo daranno postumo – così come non è mai stata accolta la richiesta di nominarla Senatrice a vita. Due onori che lei diceva di non volere ma che sicuramente non le sarebbero dispiaciuti, egocentrica e arrogante come era.
Sono sollevato perché dopo il circo mediatico che si sta consumando in questi giorni, in cui vengono riproposte le sue tesi e i suoi articoli più aberranti e in cui viene spacciata come “un esempio per tutti noi”, non ritroveremo più quattro pagine che incitano all’odio sul Corriere o su Panorama, o un nuovo manifesto razzista edito dalla Rizzoli: ci accontenteremo degli editoriali e dei libri di Magdi Allam che oggi tenta di riempire il vuoto attaccando persino i “cosiddetti moderati”, ma che fortunatamente non ha – né mai avrà – la “fama” o l’ “autorevolezza” della Fallaci, condannato come è dal suo nome arabo e dalle sue origini islamiche, che lei stessa mise sotto accusa, fino a ridicolizzare persino la sua persona e a snobbare la sua “lettera aperta”.
Alla Fallaci potranno dedicare filmati, trasmissioni e toccanti dichiarazioni di affetto e stima. Potranno dedicarle persino statue, monumenti, piazze e vie. Lo stanno facendo e lo faranno ancora, per convenienza politica, per calcolo strategico. Ma verrà il giorno in cui della Fallaci rimarrà solo un documentario proiettato una volta ogni dieci anni, un vaghissimo ricordo nella mente di un adolescente svogliato, un libro coperto di polvere in una biblioteca municipale e un busto arruginito in un parco pubblico, guardato con indifferenza o curiosità da parte dei cittadini e dei turisti in gita. Fra alcuni decenni i suoi bei libri di una volta riaffioriranno sulle bancarelle dei mercati delle pulci a pochi euro, e gli ultimi – quelli più feroci, quelli più truculenti – circoleranno solo nelle case dei vecchi fascisti rimbambiti e deliranti che sognano il predominio della violenza e dell’odio.

Probabilmente la Fallaci viene giudicata in questo momento da Dio. Io mi accontenterò volentieri del giudizio della Storia, che lei diceva di conoscere bene, tanto da intervistarla. Spero che si sia resa conto che la Storia è, a differenza forse di Dio, davvero impietosa. Ieri notte, all’1.30, il Fato ha voluto riscrivere la Storia dell’Umanità. In meglio, si spera. Verrà il giorno in cui i suoi ultimi testi verranno letti con lo stesso orrore con cui oggi leggiamo il Mein kampf e i Protocolli dei Savi di Sion. E in cui generazioni cresciute nel segno dell’amore decideranno di perpetuarne il ricordo solo per affermare “Mai più un’altra Fallaci!”. Verrà il giorno in cui i monumenti a lei innalzati verranno abbattuti e le vie a lei dedicate attribuite ad altri, così come è successo con tutti quelli che vennero osannati da vivi o appena morti, per poi essere ridimensionati e dimenticati definitivamente nel corso dei secoli.

Sherif El Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2006/09/il-paradiso-pu-attendere.html
16.09.06

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