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La Redazione

 

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IL NUOVO DIVARIO FRA RICCHI E RICCHI

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A cura di Davide
Il 15 Dicembre 2005
46 Views

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DI ROBERT REICH

Quasi 15 anni fa, ne “L’economia delle nazioni”, ho descritto un modello di forza lavoro a tre livelli presente nelle economie più avanzate. Al livello più basso c’erano i lavoratori che offrivano servizi ai privati, soprattutto vendita al dettaglio, ristoranti, alberghi e ospedali. Al livello intermedio i lavoratori impiegati in fabbriche e uffici, che svolgono un unico, ripetitivo compito. In cima c’erano poi gli “analisti simbolici”, come ingegneri e avvocati, i quali manipolano le informazioni per risolvere i problemi. Quasi tutti con un’istruzione universitaria, educati a pensare in modo critico, essi costituivano i “lavoratori della conoscenza” nella nuova economia.
Allora predissi che il progresso tecnologico e la globalizzazione avrebbero amplificato il divario di reddito e di opportunità fra questi tre livelli. Purtroppo sono stato profetico.Negli ultimi anni, un quinto dei lavoratori americani è entrato in possesso dell’85 per cento della ricchezza dell’intero paese. Ciò che non avevo previsto è che i tre livelli avrebbero cambiato aspetto in modo così drammatico.

Il livello più alto e quello più basso si stanno espandendo molto più rapidamente di quanto mi aspettassi, mentre quello intermedio si riduce. Nelle economie avanzate gli analisti simbolici ora costituiscono più di un quinto dell’intera forza lavoro, oltre il 15 per cento in più rispetto a 15 anni fa. Nei paesi in via di sviluppo i loro guadagni, rispetto agli altri lavoratori, hanno avuto un’impennata. In Cina, ad esempio, il 5 per cento della popolazione oggi controlla la metà di tutti i depositi bancari. In India gli analisti simbolici stanno diventando la nuova elite del paese.

Stanno emergendo due diversi gruppi di analisti simbolici: quelli nazionali e quelli globali. La maggior parte di essi lavorano ancora all’interno delle economie nazionali, manipolando svariati tipi di simboli con l’ausilio delle tecnologie informatiche; sono economisti, ingegneri, avvocati, giornalisti e altri professionisti con preparazione universitaria e costituiscono il cuore della classe media del loro paese.

Tuttavia sta prendendo il sopravvento un nuovo gruppo, costituito da amministratori delegati e direttori finanziari delle multinazionali, soci e dirigenti di grandi banche di investimento, consulenti e studi legali. A differenza della maggior parte degli analisti nazionali, questo gruppo di analisti globali svolge quasi tutto il loro lavoro in lingua inglese, condividendo così l’uno con l’altro una sempre più omologata cultura cosmopolita.

La maggior parte di essi hanno frequentato le stesse scuole d’elite – le università americane della “Ivy League”, Oxford, Cambridge, la London School of Economics of Berkeley – ,lavorano in contesti ambientali simili – in uffici di acciaio e vetro nei grattacieli delle metropoli, nei jet privati e nei grandi centri per convegni internazionali -, e si sentono perfettamente a loro agio a New York, Londra e Ginevra, così come a Hong Kong, Shanghai o Sydney. Nei rari momenti liberi, poichè tendono a lavorare molto, godono di ogni confort, si rilassano con il golf e dormono in lussuosi hotel. I loro redditi e le loro ricchezze superano di gran lunga quelli degli analisti simbolici nazionali.

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(London School of Economics of Berkeley)

Esiste un’ottima ragione economica per spiegare l’avvento di questo tipo di analisti simbolici. Il commercio globale è giunto a delle proporzioni e ad un livello di complessità tali che nessun contratto commerciale può coprirlo e nessun singolo sistema giuridico può regolamentarlo, quindi gli affaristi globali devono affidarsi ad una rete sempre più estesa di persone di cui potersi fidare.

Questo tipo di società si basa sui rapporti personali, su un “capitale relazionale” che attinge ad una crescente benevolenza e alla certezza che chiunque all’interno di quella elite sia a sua volta in grado di coinvolgere altre persone ugualmente degne di fiducia. Gli analisti simbolici globali all’interno di questa cerchia condividono una sorta di marchio di fabbrica che apre loro tutte le porte, facilitando la conclusione degli affari. Essi trascorrono molto tempo davanti ad un computer o al telefono, ma altrettanto tempo lo dedicano ad incontri “face-to-face” in giro per il mondo.

Il crescente numero di analisti simbolici sta anche alimentando la crescita nel terzo livello, quello degli impiegati nei servizi ai privati: in questo settore, nelle economie avanzate, circa un terzo della forza lavoro era costituita da lavoratori di questo tipo; ora sono quasi la metà. Oggi ci sono molti più americani che lavorano nelle lavanderie o nelle tintorie che nelle acciaierie; molti più negli ospedali o nelle case di cura che in banca o nelle compagnie di assicurazione. Negli Wal-Mart (colossale catena di supermercati USA – NdT) lavorano molte più persone che nell’intera industria automobilistica statunitense.
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Ciò accade perché famiglie sempre più occupate preferiscono affidare ad altri il lavoro domestico, perché la popolazione nei paesi avanzati diventa sempre più vecchia, incrementando la richiesta di servizi per la terza età, ed infine perché i ricchi hanno una tale disponibilità di denaro da potersi permettere qualunque capriccio. Assumono preparatori, massaggiatori, autisti, giardinieri, cuochi e terapisti di ogni tipo. Inoltre, grazie ai flussi di nuovi immigrati e di lavoratori non più impiegati nelle fabbriche, l’offerta di servizi personali sta aumentando più velocemente della domanda. La logica conseguenza è che i compensi per questo tipo di lavoro diventano sempre più bassi.

Nel frattempo, il numero degli operai precipita, passando, negli ultimi 15 anni, da circa un terzo dell’intera forza lavoro ad un quarto. Gli analisti dell’”Alliance Capital Management” di New York, in uno studio sulle 20 maggiori economie mondiali, hanno rilevato che fra il 1995 e il 2002 più di 22 milioni di posti di lavoro nelle fabbriche sono svaniti, e gli Stati Uniti non sono nemmeno il paese che ha perso di più: in America si è perso l’11 per cento del lavoro manifatturiero, ma il Giappone ha perso il 16 per cento, e il Brasile addirittura il 20. Un dato ancor più sorprendente: la Cina, che sta rapidamente diventando la capitale mondiale della fabbricazione industriale, ha perso il 15 per cento dei suoi operai.

Cosa sta dunque succedendo? In tre parole, aumento della produttività. Le fabbriche, con l’impiego di nuovi macchinari e tecnologia, stanno diventando più efficienti, e in nazioni come la Cina le nuove riforme del mercato stanno sostituendo le vecchie direttive statali. Il risultato è che nonostante la Cina abbia la produzione industriale più alta di sempre, milioni di operai vengono lasciati a casa.

Il lavoro negli uffici sta scomparendo quasi rapidamente come il lavoro nelle fabbriche. Gran parte dei compiti di un ufficio, dal liquidare un indennizzo ad accendere un mutuo, può ormai essere svolta in modo più economico e preciso da software specializzati. I lavori che invece non possono essere trasformati in un software vengono, grazie ai progressi nel campo delle telecomunicazioni, delocalizzati in paesi in cui i salari sono più bassi. Non solo i call center, il supporto tecnico o il lavoro informatico di routine vengono dirottati oltre confine, ma anche lavori che hanno a che fare con brevetti, divorzi, e perfino alcuni settori della ricerca. Questa tendenza lascia presagire un crescente scontro fra gli interessi degli analisti simbolici globali e quelli degli analisti simbolici nazionali.

Nelle economie avanzate, molto del lavoro degli analisti nazionali, inclusi programmatori di software, ingegneri, designers e ricercatori, viene già da ora spostato in Cina, India e Sud Est asiatico, e allo stesso modo Siemens, Nokia e General Electric stanno trasferendo i loro settori di Ricerca e Sviluppo in Cina. La conseguenza è che tutti questi professionisti sono sempre più preoccupati per il futuro del loro lavoro, e sempre meno convinti del libero commercio e del mercato globale. Per contro, gli analisti globali incrementano la loro partecipazione alla globalizzazione, poichè il capitale relazionale di cui sono in possesso non è esportabile in Asia, dunque con il crescere della globalizzazione, cresce anche la domanda nei confronti delle loro capacità.

In realtà le paure degli analisti simbolici nazionali sono premature. Le loro capacità sono ancora richieste, e la domanda è in crescita nonostante la nuova concorrenza. Il reddito dei laureati negli Stati Uniti e nelle altre economie avanzate continua ad essere maggiore di quello di coloro che hanno il diploma superiore, e anche i guadagni di chi ha una qualifica professionale continuano rapidamente a crescere. Se davvero la richiesta di analisti simbolici fosse in calo, dovremmo aspettarci il contrario.

Così, a meno che i paesi più industrializzati non tornino ad investire maggiormente nella formazione e nel settore Ricerca e Sviluppo, essi in pochi decenni potrebbero perdere il loro ruolo di guida in campo scientifico, ingegneristico o nell’ambito dei prodotti ad alta tecnologia. Cina e India stanno laureando molti più ingegneri e informatici rispetto ad America ed Europa. Fatalmente, gli analisti di questi paesi inizieranno a perdere terreno, mentre parallelamente i loro omologhi globali continueranno a dominare il mercato mondiale. Il divario di guadagno e di ricchezza fra di loro diventerà una voragine, e si ritroveranno a vivere, letteralmente, in una cultura diversa.

Robert B. Reich
docente di politica economica alla Goldman School of Public Policy dell’Università di Berkeley in California. Ha fatto parte di tre amministrazioni, ed è stato Ministro del Lavoro durante il primo mandato di Bill Clinton. Ha scritto dieci libri, fra cui “L’economia delle nazioni”, tradotto in 22 lingue, i best sellers “L’infelicità del successo” e Locked in the Cabinet, e l’ultimo, “Perché i liberal vinceranno ancora”. I suoi articoli sono apparsi su New Yorker, Atlantic Monthly, New York Times, Washington Post, e Wall Street Journal. Reich è anche co-fondatore e direttore della rivista “American Prospect”.
Fonte: www.commondreams.org
Link: http://www.commondreams.org/views05/1212-20.htm
12.12.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIUSEPPE SCHIAVONI

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