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La Redazione

 

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IL NOSTRO TEMPO, E IL LORO

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A cura di Davide
Il 7 Maggio 2007
54 Views

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DI CARLO BERTANI

“Quindi ai tempi nostri, quei principi stessi che la tirannide esercitano, gravemente pure si offendono d’esser nominati tiranni.”
Vittorio Alfieri, Della Tirannide, Cap. Primo, “Cosa sia il tiranno”.

La nostra civiltà ha abolito il tempo. Lo scorrere, inesorabile, delle lancette dell’orologio: i capelli grigi vengono ingentiliti in “sale e pepe”, le donne sono tutte signore, appena compiono vent’anni. Così non esistono più le vecchie: perché essere vecchi rappresenta l’anticamera della morte. Anche la politica s’adegua e, più un paese rimuove lo scorrere del tempo, più se ne vedono i segni nei discorsi, nel dibattito, addirittura nel dettato legislativo.

Secondo la riforma Maroni delle pensioni, una persona – a 65 anni – dovrebbe sgambettare sulle impalcature oppure guidare un camion, un treno od un autobus nel traffico cittadino. Dovrebbe celermente apprendere ad usare le nuove tecnologie – ed avere così “l’efficienza” di 20 impiegati – oppure insegnare l’Eneide ad una pletora di telefonino-dipendenti massacrati da anni di pubblicità spappola-cervello.Cade dall’impalcatura? Sfonda il parapetto di un viadotto? Si scontrano due treni perché non ha visto un segnale? Rinuncia a spiegare l’Eneide, perché quello sa fare, ma a nessuno frega più niente di Eurialo e Niso? Preme speranzoso sui tasti di un computer, sognando che gli Dei gli siano benigni ed arrivi la schermata desiderata, mentre la gente aspetta, innervosita, in coda?

Per quelli che crepano si celebrano tante belle “messe cantate”, come quella del Primo Maggio dedicata alle “morti bianche”, per gli altri si rimanda all’ennesimo tormentone sull’inefficienza della pubblica amministrazione, sull’incongruità della nostra scuola, sull’inadeguatezza della nostra Università e sulla pochezza del nostro apparato produttivo.
Si evoca l’Europa come il castigamatti, ma ci si dimentica che in Francia gli chauffeur dei mezzi pesanti vanno in pensione dopo 25 anni di servizio. Che nel mondo anglosassone si può passare dall’insegnamento al lavoro in una fondazione, che in Germania cantieri edili come i nostri non aprirebbero nemmeno i cancelli.
Abolire il tempo, significa sovrapporre e confondere le cifre con gli anni: il tempo si misura sì con i numeri, ma è tempo, non sono numeri. Sei miliardi non sono sei anni.

Eppure, i nostri politici dissertano amabilmente sul tempo come se parlassero di uova o di rotaie: quante ne servono? I tre anni li consuma subito o glieli incarto?
Fa riflettere ed indigna che una certa sinistra si presti a questo colossale inganno: hanno dimenticato “Il pane e le rose”? Un tempo per il lavoro, uno per il riposo ed un altro per la cultura e il divertimento?
Gli italiani sono diventati una massa di numeri anonimi, database sui quali eseguire rapidissime estrapolazioni di dati, ed altrettante sentenze legislative. Che, puntualmente, non funzionano o non vengono applicate perché assurde.

Gli esempi si sprecano: la Moratti fece una riforma della scuola nella quale il cardine era la regionalizzazione dell’istruzione professionale. Peccato che mancasse l’accordo con le Regioni su come attuarla: fa lo stesso, si porta il malloppo da Ciampi, che firma, e poi si butta tutto nel cesso.
Bersani stese le sue liberalizzazioni evocando la massima “concertazione”, poi esplose in un delirio staliniano: difatti, tutte le liberalizzazioni varate si trascinano appresso interminabili conflitti.

A ben vedere, queste impostazioni derivano tutte dall’inganno del tempo: il nostro tempo? No, il loro, perché oramai in Italia esistono due distinti orologi: quello della gente comune e quello della classe politica.
Il Ministro Fioroni ebbe a dire, in una trasmissione televisiva, che non capiva perché “tanti fanno gli amministratori delegati a 65 anni e non si comprende come mai tutti non possano lavorare fino a quell’età”. Chiedetelo al primo muratore che incontrate, chiedetegli se avrebbe difficoltà a fare l’amministratore delegato (che, per come vanno le aziende nel nostro paese, non hanno tante glorie da vantare). Oppure domandate ad un amministratore delegato se farebbe a cambio. O ancora: chiedete a Fioroni perché non torna a fare il medico.

L’inganno nasce dalla frattura che oramai esiste fra loro e noi: si danno stipendi che rasentano i 20.000 euro mensili, pensioni dopo mezza legislatura d’attività. Come se non bastasse, infarciscono le alte sfere dell’amministrazione, dei mezzi di comunicazione e della finanza con i loro accoliti. Pletore d’arroganti figli e nipoti scaldano sedie che dovrebbero essere importanti non per il nome di chi le occupa, ma per la delicatezza delle mansioni da svolgere. Ecco da dove nasce la frittata dell’inconcludenza, soprattutto nella pubblica amministrazione: poi, danno la colpa al cantoniere od al geometra se le cose vanno storte.

E’ evidente, allora, che il loro tempo ed il nostro divergono: nel Limbo dorato che si sono costruiti, chiunque può tranquillamente “lavorare” fino ad 80 anni. Tanto, “lavora” quando vuole e come vuole.
Come se non bastasse, proiettano quel loro modo d’intendere la vita ed il lavoro su di noi, senza comprendere che noi viviamo nel mondo reale – quello dei figli da mantenere, dell’auto da riparare, del mutuo da pagare – e che ci “consumiamo” prima di loro. Non ho mai visto gente “consumarsi” quando ha tutto, è protetta persino dai possibili guai giudiziari (c’è n’è mai uno che va in galera, e ci resta per più di una settimana?) e riceve addirittura gratis la carta igienica. Loro, “consumano” noi.
Di fronte a queste contestazioni, i nostri “dipendenti” evocano spesso l’Europa: vediamo come vanno le cose in Europa e nel mondo?

Vladimir Putin è considerato il più scaltro ed abile fra i capi di stato: per governare avrà usato più il bastone che la carota, ma vorrei sapere quanti dei politici nostrani sarebbero stati capaci di “raddrizzare” la Russia di Eltsin. Lui ce l’ha fatta – classe 1953 – e nel 2008, a 55 anni, andrà in pensione. Oppure farà dell’altro, ma il suo compito – ben due presidenze – l’avrà portato a termine.
Sull’opposta sponda, George Bush potrà non ricevere lo stesso, positivo giudizio dalla storia, ma intorno ai 60 anni se ne andrà anche lui.
Tony Blair lascerà a breve Downing Street: ha un figlio piccolo e 53 anni.

Angela Merkel non so con precisione quanti anni ha – è una signora, ed io sono un gentiluomo – però non mi sembra una bacucca. La potremmo immaginare, baldanzosa e vitale, che avanza in mezzo ai tavoli per chiederci: kleines, normales oder großes Bier? Per poi districarsi fra gli avventori con un ventaglio di boccali stretti al petto.

Abbiamo assistito al dibattito televisivo fra Sarkozy e la Royal: stupendo, elegante, francese. Lui aristocratico mitteleuropeo che difende gli interessi del blocco conservatore, ma è un immigrato. Lei, elegantissima, vera femme française, che regge la bandiera della socialdemocrazia, ma si chiama Royal, Madame Royal, e Madame Royal – in Francia – era la regina. Curiosa dicotomia di un paese che ha ghigliottinato un re e che non sa staccarsi dal vivre monarchico. Eppure, i due candidati – entrambi non ancora sessantenni – gareggiavano per la Presidenza della Repubblica, in una nazione che detiene il terzo arsenale nucleare del pianeta.

Per i PACS o per i DICO stiamo imbastendo infinite polemiche: in Spagna, un conservatore con mai celate attrazioni franchiste, ed un progressista che non nasconde simpatie per un certo socialismo sudamericano, hanno emanato due distinte leggi. Gli spagnoli s’arrabbiano e discutono, ma le leggi ci sono: entrambi “viaggiano” fra i 50 ed i 60 anni, o pressappoco.

In Europa ci sono Primi Ministri che hanno da poco superato la quarantina, lo stesso Obama – che corre per la presidenza USA – ne è un altro esempio: anche nei paesi dell’Est la solfa è la stessa, come i gemelli Kaczynski in Polonia – che sembrano Cip e Ciop scesi in politica dall’albero del giardino di Paperino – ma che non sono due vegliardi. La stessa cosa nella dilaniata Ucraina…in Irlanda…Finlandia…dove troviamo un paese con una classe politica che – quando deve andare in ospedale per analisi – viene ricoverata in blocco al geriatrico?!?
Quando ci fu la sotterranea polemica fra Napolitano ed il presidente croato Mesic, per la questione delle foibe, sembrava un litigio fra nonno e nipote! Veniamo allora a noi.

Il Presidente del Consiglio ha quasi settant’anni e – onestamente, riconosciamolo – ha già comunicato che sarà il suo ultimo mandato, che terminerà quando avrà superato la settantina. Sarà vero? Vedremo.
Il suo dirimpettaio, invece, la settantina l’ha già superata e medita di prendersi la rivincita quando ne avrà circa 75. Non so se Berlusconi ci crede o lo fa credere, ma la realtà è questa.
Non parliamo poi della Presidenza della Repubblica: lì, se non viaggi oramai sugli ottanta, sei un pivello.

Passiamo ai possibili outsider, ai gregari.
Gianfranco Fini ha pressappoco la stessa età di Putin: magari lo invidia un po’ perché, mentre il russo ha già governato la nazione per due mandati, lui è riuscito a fare soltanto il Ministro degli Esteri per un paio d’anni. Coraggio Gianfranco: dagli sotto e continua, gli esami non finiscono mai, forse verso i 70 anni riuscirai a sederti su una poltrona che “conta”!

La Lega è avvinghiata alle sorti di un leader storico, ma malato. Gli outsider si dilettano a scrivere leggi elettorali che poi definiscono “porcate”, oppure a salire sui treni per provocare gli immigrati (Borghezio), per poi lamentarsi delle legnate. Meglio stendere un pietoso velo.

C’è poi la “galassia” di Forza Italia: lì è difficile intravedere qualcuno che abbia la statura del leader. Berlusconi ha ragione quando afferma di non scorgere successori, però deve ammettere che il vero Erode è stato lui: è sua la colpa se non ha “figli”.
Sarebbe simpatico essere governati da Bondi, ma ci credo poco. L’uomo ha ben altre potenzialità: con Boldi e De Sica sarebbe perfetto per un “Vacanze di Natale 2011”, è un maestro della gag, un attore consumato. Possibile che il nostro cinema non se ne sia accorto? Non sto scherzando!
Invece è stato relegato a fare la controfigura di Berlusconi…pelata regolamentare, tono suadente, odio anticomunista…d’altro canto, lui era comunista e il suo capoccia socialista. Se ne intendono.
Bondi sta a Berlusconi come il giornalista del TG iracheno stava a Saddam: stesso baffo là, stessa pelata qui.
Altri non ne vedo: un “fegatoso” come Vito? Un epatoprotettore come Adornato? Schifani? Eh no, qui il nome è evocativo…la Bertolini? Andrà bene per le torte…no, non ci siamo, niente da fare…

Sul fronte democristiano i leader si sprecano: peccato che governino su un francobollo. Diviso.
Già, perché il misero cacciatorpediniere dell’UDC è spaccato: a prua gli ex CCD, a poppa gli ex CDU. I primi manovrano la nave, ma i secondi – più legati a Berlusconi – hanno potere sulle macchine, ovvero sui soldi e sulle TV (del Berlusca).
Le stature politiche variano molto: si va dai figli d’arte, Volonté del fu Gian Maria (ma allora è vero che le grandi famiglie decadono…), ai “ruspanti” da “Festival dell’Amicizia di Parma e Reggio”, come Giovanardi, per finire con gli strenui difensori (divorziati) della famiglia come Casini. Tanti galletti nello stesso pollaio a beccarsi, al punto che Follini – stufo di prendersi beccate da Buttiglione – se n’è andato. Con le penne perdute qualcuno ci farà pur qualcosa, ma da qui ad immaginare che uno di loro diventi un bel gallo livornese, con il becco adunco e i bargigli fiammanti, ce ne passa.

Varcato il Rubicone incontriamo subito il bel Mastella da Ceppaloni: qui non ci sbagliamo, perché Clemente un futuro ce l’ha, uno solo. Duca di Ceppaloni: poi basta, fine.
Più interessante l’analisi dei margherito-diessini-democratici e vattelapesca. E’ già un gran casino osservarli uno per uno, figuriamoci insieme.
I margheriti hanno un leader, Rutelli, detto “mangiacicoria”. Ha iniziato a poppare con i radicali di Pannella, quando i radicali tuonavano contro la Chiesa, ma di brutto, mica come oggi. Poi – sarà stata la cicoria? – è diventato Verde, al punto di trasformarsi nel sindaco di Roma. Infine, dal Campidoglio è migrato Oltretevere per prendere consigli da Ruini, Wojtila, Ratzinger & soci. Potrebbe essere un ottimo leader per l’Italia, ma ce lo ruberebbero subito i giapponesi: un robottino intercambiabile così, lo acchiapperebbero per metterlo in coppia con Cristina D’Avena. Diventerebbe una sorta di placido Robocop televisivo, e potrebbe così governare i nippo al di sopra dei clan. Tanto, per ogni occasione avrebbe pronta la giusta trasformazione.

Gli fa eco un tal Fassino, detto il “traghettatore”, ferocemente contrario al Ponte sullo Stretto: se fanno il ponte sono fregato peggio di Caronte, e chi traghetto più?
Ora gli hanno commissionato un trasporto, dai DS ai “Democratici”: non si sa se riuscirà a portare a termine il contratto, perché le malelingue affermano che durante l’ultimo trasbordo ha smarrito metà del carico.
Ma l’Italia ama lo sport! Come non ricordare uno sportivo come D’Alema, ritto a prua del suo veliero a mostrare la via agli italiani? Per ora lo hanno parcheggiato al Ministero degli Esteri, e sarà dura trovare un porto che lo accolga senza batterie e mine pronte a colarlo a picco!

Oltre la Cortina di Ferro ci sono gli irriducibili: duri e puri come il sub-comandan…pardon…il caporalmaggiore Giordano, ed il suo “cravattaro” (ovviamente, per l’ottimo gusto estetico nell’abbigliamento) Bertinottolo, che con Berlusconolo, Fassinolo e Rutellolo fanno già una discreta corte di nani.
Il problema è trovare Biancaneve: la Bindi ha già rifiutato, la Finocchiaro s’è offesa, la Palermo incazzata, mentre alla Santanché hanno dovuto raccontare prima la favola. Ha riferito che risponderà, a suo tempo, con un gesto. Sappiamo che ne è capace. Luxuria s’era offerto/a, ma sono sorti problemi linguistici: Biancaneve o Biancanevo?

A Rizzo hanno dovuto spiegare che – se diventava parlamentare europeo – non avrebbe dovuto presentare le credenziali al commissario politico dell’Armata Rossa: ne è rimasto assai stupito e costernato. Pare le abbia consegnate ad un usciere bulgaro, abbracciandolo ed appellandolo “Compagno!”.

I Verdi non ci sono. Purtroppo, appena approdati al Governo, sono dovuti subito partire per la Germania: corsi d’aggiornamento.
Stanno imparando la differenza fra il solare termico e quello termodinamico, fra il fotovoltaico e l’eolico. Vanno abbastanza bene: Pecoraro ha una brutta insufficienza in Scienze, ma si dice che ce la farà. Promosso con un debito. Chi pare proprio non farcela è la Francescato: troppe insufficienze e generalizzate. Confonde le Margherite con le biomasse, i Girasoli con i Girotondi. Troppe carenze in molteplici discipline: la rivedremo forse fra un paio d’anni.

Ci sono poi le mine vaganti: ex socialisti diventati radicali e radicali che si sono trasformati in checazzonesò. Su tutti vola “aquilotto” Di Pietro: trascorre gran tempo fra le Accademie della Crusca e dei Lincei, ma i risultati in Italiano continuano ad essere deludenti. Sembra comunque che abbia imparato a riconoscere distintamente le parole “Forza Italia”, così potrà verificare meglio le precedenti appartenenze politiche di quelli che vanno a chiedergli un posto in lista.
Mannaggia, Anto’, non era De Gregari (il Francesco), era De Gregorio…il primo canta “Viva l’Italia”, il secondo “Forza Italia”: Anto’, ma come hai fatto…chiedi aiuto a qualcuno se non te la cavi…come facevi, ai tempi di Mani Pulite, a distinguere i nomi nei verbali?

Il panorama dei cinquanta-sessantenni italiani è terminato: non prendiamo in considerazione gli ex demoscristi come Rotondi e gli ex galeotti come De Michelis. Contano meno di un paio di sci su un veliero.
I quarantenni? Per ora scaldano le poltrone di qualche amministrazione comunale o provinciale e, più quarantenni ci sono, più province bisogna creare.
Quando avranno cinquant’anni approderanno in Parlamento, a sessanta saranno forse ministri, a settanta capataz e ad ottanta uno di loro sarà Presidente. Fine.

Fin qui per scherzare un po’, ma riflettiamo che, quando dovranno chiudere bottega i capoccioni storici (Berlusconi e Prodi), si scatenerà una resa dei conti niente male. Nessuno dei tanti leader ha la statura per emergere sugli altri: una situazione pericolosa, da Jugoslavia 1990. Se definiamo quella odierna “instabilità” politica, fra qualche anno potremmo finire in un bailamme nemmeno immaginabile. Un direttorio? Non mi stupirei se – a quel punto – la Lega giocasse nuovamente la carta della scissione. Le tante alchimie odierne di fusioni e scissioni sono aria fritta: nessuno accetterà mai d’essere governato da Fini o Casini da una parte, o da Rutelli o D’Alema dall’altra, senza tendergli ogni giorno che passa un trappolone. E nemmeno i progetti di “grande centro” hanno i numeri per farcela. Stanno correndo su un binario morto.

Come uscire dall’impasse?
L’unica soluzione sensata sembrerebbe quella d’importare un pensionato dall’estero: Putin potrebbe andar bene, ma anche Aznar, oppure Blair che già viene in vacanza in Toscana. Non so se la casa è sua o è in affitto, ma se fosse di sua proprietà risparmieremmo la pigione.
Bush non conviene: ha l’abitudine di portarsi appresso una “corte dei miracoli” che già ci “rompe” da decenni.
Schroeder se lo sono preso subito i russi, e l’hanno messo a costruire il gasdotto del Baltico: potremmo chiedere ai francesi d’inviarci lo sconfitto/a alle presidenziali. Personalmente, augurerei a Sarkozy di vincere, così potremmo ricevere Ségolène Royal: anche l’occhio vuole la sua parte.

Altre soluzioni non ne vedo, a meno di “promuovere” qualche berluschino pelato già a trent’anni, oppure un piccolo Fassin perduto – stessa età – che in questo momento dirige una sezione secondaria in una Coop. Non faremmo un gran affare: quando una nazione non è in grado di produrre ciò che le abbisogna, piuttosto che regredire è meglio importare ciò che serve!

Perché questa è la classe politica italiana! Quella che dovrebbe far compiere al paese il gran salto del millennio: passare dalle tecnologie “pesanti” al nuovo mondo del silicio e dell’immateriale. Il pianeta della ricerca “dolce”, che interviene sui bisogni delle persone, e per questa ragione è appetita e richiesta. Dovrebbero altresì raccontarci dove prenderanno in futuro l’energia per far funzionare computer e lavatrici. Ah: per le lavatrici – ricordo – serve anche l’acqua, quella che in Italia sta sparendo. Sono gli uomini che dovrebbero spiegarci come mai – improvvisamente – ci parlano di mutamenti climatici e d’energia dopo che, per anni, se ne sono stra-fregati.

Se non importeremo dall’estero nomi nuovi, l’alternativa è continuare a vivere nel gran biliardo italiano, dove le palline sono i nostri politici. Corrono, si scontrano, rimbalzano, ma non si fanno mai male: qualcuno, talvolta, finisce in buca. Niente paura: prontamente viene ripescato. E noi, chi siamo?

Siamo la stecca, che ogni cinque anni li spinge sul gran panno verde.
Ah, dimenticavo: siamo anche gli omini. Che travolgono senza fermarsi quando sono in corsa.

Carlo Bertani
[email protected]
www.carlobertani.it
06.05.2007

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