DI NAFEEZ AHMED
The Guardian
Importanti personaggi del mondo dell’industria, dell’esercito e della politica esplorano i rischi di un caos finanziario, dell’esaurimento del petrolio e di una possibile catastrofe climatica.
Un’importante conferenza, sponsorizzata da un alto ufficiale dell’esercito americano, ha riunito vari esperti a Washington e Londra, che hanno paventato come la continua dipendenza dai combustibili fossili possa mettere il mondo a rischio di una seria crisi energetica, che potrebbe infiammare una crisi finanziaria ed esacerbare un pericoloso cambiamento.
Il ‘Transatlantic Energy Security Dialogue’ (Conferenza sull’energia e la Sicurezza Transatlantica), che si è tenuto il 10 dicembre dello scorso anno, è stato co-organizzato privatamente dal Tenente Colonnello dell’esercito americano Daniel L. Davis in associazione con l’ex geologo petrolifero Jeremy Leggett, direttore dell’UK Industry Taskforce on Peak Oil and Gas (commissione del Regno Unito sul Picco del Petrolio e del Gas).I partecipanti, collegati in videoconferenza, erano ufficiali militari in pensione, esperti di sicurezza, quadri dell’industria e politici dei maggiori partiti, tra cui due ex ministri britannici. Secondo il colonnello Davis, veterano con alle spalle quattro periodi di servizio in Afghanistan e in Iraq, e collaboratore dell’Armed Forces Journal:
“Abbiamo organizzato l’evento per evidenziare che l’idea che va per la maggiore – quella di una futura produzione di petrolio e gas che sia in grado di sostenere indefinitamente il nostro attuale stile di vita – è basata su una scelta selettiva dei dati. Abbiamo riunito esperti di vari campi, con un largo spettro di vedute, al fine di poter valutare in modo comprensivo le informazioni più importanti. Quando se ne osservano solo alcune, come ad esempio la rinascita della produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti, il quadro sembra roseo ma, scavando un po’ più a fondo, è evidente come questa sia solo una parte del quadro. L’insieme complessivo dimostra invece che il nostro sistema attuale non può continuare senza prendersi rischi significativi.”
La discussione si è aperta con la presentazione di Mark C. Lewis, ex capo della ricerca energetica alla Divisione Materie Prime della Deutsche Bank, che ha evidenziato tre problemi interconnessi che riguardano il sistema energetico globale: un “elevato tasso di declino” della produzione globale; investimenti “sempre maggiori” per poter “trovare nuovo petrolio”; e dal 2005, “esportazioni di petrolio greggio in calo su scala globale”.
Lewis ha riferito inoltre ai partecipanti che l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) dispone, nel suo World Energy Outlook, di analisi “esaustive” sui 1.600 campi petroliferi più importanti, che forniscono circa il 70% dell’attuale fornitura globale di petrolio. L’analisi rivela un “tasso di declino riscontrato del 6,2%” – il doppio della stima di circa il 3% dell’IEA sul declino ipotizzato fino al 2035. Il rapporto dell’IEA mostra inoltre che, nonostante gli investimenti dell’industria petrolifera siano triplicati dal 2000 (un incremento del 200-300% circa), l’incremento della fornitura di petrolio nello stesso periodo è stato appena del 12%.
Lewis ha detto:
“Si tratta di un dato strabiliante che dovrebbe preoccupare e far suonare un campanello d’allarme. Per me ciò significa che qualcosa è davvero cambiato nell’economia dell’industria petrolifera e che bisogna investire sempre di più per incrementare una produzione in costante diminuzione. “
Lewis ha inoltre riferito all’EIA (Energy Information Administration) come, nonostante un aumento globale delle esportazioni di greggio “dal 2001 al 2005″ e “un picco nel 2005”, ci sia un “calo significativo dal 2009 in poi”. Lewis ha attribuito questo trend al vertiginoso aumento della popolazione nel Medio Oriente, che ha portato a una maggiore domanda interna, che a sua volta ha eroso la quantità di petrolio esportabile sul mercato mondiale. La popolazione dei paesi dell’OPEC (Organisation of Petroleum Exporting Countries) è aumentata a un tasso doppio rispetto alla tendenza globale dal 2000 in avanti. Ciò ha provocato un incremento del consumo interno di petrolio a un ritmo quattro volte più veloce, circa il 56%, rispetto al resto del mondo. Questi incrementi nel consumo nazionale, che limitano le esportazioni globali, sono stati possibili grazie a un relativo incremento dei sussidi interni, ha detto Lewis. I sussidi ai combustibili fossili sono aumentati di 544 miliardi di dollari, quasi la metà stanziati da Arabia Saudita e Iran.
Basandosi su questa tendenza al declino delle esportazioni petrolifere, Lewis ha contestato la previsione dell’IEA di un incremento delle esportazioni/importazioni globali di petrolio greggio da 35 a 38 milioni di barili al giorno fino al 2035. Lewis ha inoltre sottolineato che, se i sussidi nazionali venissero rimossi dall’OPEC al fine di facilitare l’export, ciò creerebbe “un rischio maggiore di disordini sociali e interni”, come già accaduto dalla “Primavera Araba” in poi.
La presentazione di Lewis è stata elogiata dal geoscenziato David Hughes, ex-membro del Geological Survey of Canada, che a sua volta ha presentato un’abbondante mole di dati ufficiali, secondo i quali il petrolio di scisto potrebbe raggiungere il picco di produzione nel 2016-17.
Allo stesso modo, la produzione negli Stati Uniti di shale gas ha avuto un picco nell’ultimo anno, ed è molto improbabile che possa essere proseguita nel lungo termine, a causa dei forti tassi di declino e perché la grande maggioranza di questa produzione viene da solo due o tre siti.
Il risultato è che la dipendenza dai combustibili fossili sta diventando sempre più costosa, con i prezzi del petrolio che continueranno a salire nel prossimo futuro, andando a impattare sempre più sulla crescita economica globale. Nel peggiore dei casi il declino delle esportazioni globali potrebbe portare al rischio di una crisi petrolifera, che potrebbe a sua volta innescare un’altra crisi finanziaria.
Leggett, co-organizzatore della conferenza e autore del nuovo libro “L’Energia delle Nazioni”, ha detto:
“Non si deve dimenticare che solo pochissime persone avevano allertato il rischio di una grave crisi finanziaria, cosa poi rivelatasi vera quando il tracollo ha iniziato a prendere forma.” Sempre secondo Leggett, è improbabile che una crisi energetica globale “possa scoppiare prima del 2015”.
Secondo il Col. Davis, i funzionari di alto rango al Pentagono stanno diventando scettici sulle previsioni della tracotante industria petrolifera:
“Molti funzionari di alto livello vogliono avere informazioni sempre più chiare sulla sostenibilità dell’attuale sistema energetico. Bisogna ricordare che ai militari non importa che cosa si vuole fare, ma cosa sia può fare. La nostra prima preoccupazione è quella di far capire i limiti potenziali della nostra capacità operativa. Anche l’EIA ha previsto un picco della produzione di shale entro il 2018, seguito da una stabilizzazione e da un declino, e il Pentagono lo sa. Ma le nostre infrastrutture sono totalmente dipendenti dai combustibili liquidi. Come faremo ad alimentarle con gli attuali tassi di declino? Ecco perché questi argomenti, che stanno prendendo piede sia tra gli alti ufficiali dell’esercito americano che nella società civile americana, possono servire per affrontare questa sfida.”
Il Dott. Nafeez Ahmed è direttore esecutivo dell’Institute for Policy Research & Development e autore di “A User’s Guide to the Crisis of Civilisation: And How to Save It“.
Seguitelo su twitter: @nafeezahmed
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Fonte: www.theguardian.com
Link: US Army colonel: world is sleepwalking to a global energy crisis
17.01.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di NUNZIO PERNA