DI RACHEL EHRENBERG
sciencenews.org
Una “superentità” economica controlla più di un terzo del benessere globale
La saggezza convenzionale ci dice che poche grasse ed appiccicose dita controllano una fetta sproporzionata dell’economia mondiale. Una nuova analisi suggerisce che la saggezza convenzionale ha ragione.
Tracciando uno schema delle relazioni tra più di 43.000 compagnie salta fuori un nucleo centrale strettamente connesso di attori economici. Nel 2007, solo 147 compagnie controllavano il 40% del valore monetario di tutte le aziende transnazionali, come hanno riportato i ricercatori in un articolo pubblicato on-line il 28 luglio su arXiv.org.“Questa è la prova empirica di ciò che è stato percepito come un aneddoto per anni”, afferma il teorico di informazione Brandy Aven della Tepper School of Business di Carnegie Mellon a Pittsburgh.
L’analisi è un primo sforzo per documentare la rete internazionale di relazioni tra compagnie e per esaminare chi possiede le azioni – e quante – di chi. Cercando nel database informatico finanziario Orbis, degli scienziati del ETH Zurich in Svizzera hanno esaminato le compagnie transnazionali, che hanno definito come detentrici di almeno il 10% delle loro azioni in più di un paese. Poi il team ha osservato le connessioni a valle e a monte, producendo un network di 600.508 attori economici connessi da più di un milione di rapporti di proprietà.
Questo network ha la forma di un papillon, con un gran numero di attori sparsi sulle ali e pochi giocatori maggiori intricati nel nodo centrale. Così mentre è vero che la proprietà delle aziende pubbliche è largamente distribuita, afferma lo scienziato di sistemi complessi James Glattfelder, un co-autore del nuovo lavoro, “basta fare un passo indietro e tutto scorre nelle stesse quattro mani”.
Mentre chiunque avrebbe potuto prevedere un esito simile, la letteratura economica ritrae mercati così dinamici da mostrare mancanza di zone calde di controllo, afferma Glattfelder.
I ricercatori non sono sicuri dic osa farsene dell’interconnettività del nucleo. Da un lato, potrebbe esporre al rischio l’intero network.
“Immaginate il diffondersi di una malattia”, afferma Aven. “Se in un liceo tutti vanno a letto insieme ed uno solo ha la sifilide, allora tutti si prenderanno la sifilide”.
Ma dall’altra parte, osserva, l’interconnettività può portare ad una migliore auto-sorveglianza e a comportamenti positivi, come pratiche di lavoro giuste o politiche che non danneggiano l’ambiente.
Ed anche se nell’analisi lo status di molti giocatori è cambiato drasticamente dal 2007 (l’ora defunta Lehman Brothers è un un elemento chiave del nucleo), l’analisi mostra che la proprietà sta diventando sempre più concentrata e transnazionale, afferma Gerald Davis dell’Università del Michigan ad Ann Arbor.
Dal momento che analizzare ed interpretare questi dati è difficile, afferma, l’analisi appare come “un’impronta sulla superficie lunare vista da un telescopio. Non è una mappa stradale”.
La proprietà può essere difficile da studiare a livello internazionale in quanto possedere azioni in un fondo comune di investimento non significa necessariamente la stessa cosa negli USA o nella Cina comunista. Ed anche all’interno di ogni singolo paese il concetto di proprietà può essere difficile da districare, afferma l’economista Matthew Jackson dell’Università di Stanford. Ad esempio, quando un individuo investe in un fondo comune o acquista azioni tramite un’istituzione come la Merrill Lynch, spesso l’azienda è il proprietario officiale del patrimonio. Ed anche se gli azionisti hanno diritto di voto, potrebbero non esercitarlo.
“La cosa diventa preoccupante se ognuno fa come me e dice: lascerò che il Vanguard voti”, afferma Jackson. “Forse dovremmo essere un po’ preoccupati. Non so se dovremmo esserlo”.
Fonte: Financial world dominated by a few deep pockets
15.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO