IL MITO DI PROMETEO: UN PASSO AVANTI PER LA SCIENZA O UN SUICIDIO COLLETTIVO?

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DI CHEMS EDDINE CHITOUR

mondialisation.ca

Si racconta il seguente aneddoto, ambientato nel pieno della guerra fredda: a un americano ed a un russo viene posta la stessa domanda: “quando voi comprate una bistecca a casa vostra, ponete attenzione alla filiera?” L’americano risponde: “cos’è una filiera?” e il russo: “cos’è una bistecca?”

La questione si ripropone nell’attualità. Parleremo di bistecche e della maniera di produrle. In linea con i progressi della scienza, che sono spettacolari nell’ambito della biologia e dell’ingegneria genetica, dopo aver trattato dell’homme réparé (in italiano suonerebbe come “l’uomo riparato”, è un saggio di Gilles Musy noto in Francia, nota Cdc) e del transumanesimo, che fornisce all’uomo nuovi strumenti per superare infine la morte, vorrei iniziare questo contributo evocando un ricordo.
Solo un anno fa è avvenuto l’atterraggio del Curiosity su Marte, e lentamente ci ha riempiti di informazioni che girano intorno alla questione centrale – in una certa maniera – per il destino umano: “C’è vita su Marte?”
Curiosity ha scoperto che alcuni elementi necessari alla vita sono presenti, ma che e soprattutto che le condizioni fisiche sono simili (temperatura, pressione, pH, acqua liquida, minerali, ecc.) a quelle presenti sulla Terra all’epoca della comparsa della vita. La vita è stata quindi possibile su Marte, agli albori della storia del pianeta. (1)

Questa settimana abbiamo avuto accesso a uno scoop, o una notizia presentata come tale: la produzione in laboratorio della creazione di una bistecca senza passare per Madre Natura e seguire il classico percorso, come ingrassare il vitello… Delle semplici cellule staminali hanno permesso l’affare! Partiamo dalla definizione: una bistecca è il risultato di una modalità di taglio di certi pezzi di carne da grigliare, tipicamente carne bovina, di cavallo ma anche di cacciagione (cervo, muflone, … ) Questa definizione è apparentemente incompleta, come mostrato in questo contributo.

L’abuso di carne nuoce al pianeta

Si accusa il consumo di carne di essere responsabile di tutti i mali del pianeta, tra cui specialmente il riscaldamento climatico e la sofferenza degli animali: “In 20 anni il consumo mondiale di carne è raddoppiato e continua a crescere. Al fine di soddisfare la domanda, l’allevamento intensivo ed estensivo si sono largamente democratizzati. Questa tendenza ha delle nefaste conseguenze ecologiche: l’allevamento è oggi responsabile del 18% delle emissioni di gas a effetto serra e rappresenta una causa di deforestazione e di inquinamento. D’altronde, l’allevamento industriale, destinato all’alimentazione o alla produzione di pellami, pone sempre il problema della sofferenza degli animali. Tra il 1990 e il 2010, il consumo mondiale della carne è passato da 143 a 286 milioni di tonnellate. E’ praticamente raddoppiato in 20 anni” (2). E potrebbe raddoppiare ancora da qui al 2050. Il consumo cresce specialmente nei paesi in via di sviluppo, perché la loro popolazione aumenta e perché il loro regime alimentale evolve – delle popolazioni a volte sotto nutrite o mal nutrite iniziano ad accedere ad un’alimentazione più ricca.

Ad oggi il consumo di carne ha raggiunto circa i 30 kg di carne all’anno per abitante, contro gli 80 kg dei paesi industriali” (2). L’allevamento intensivo è la causa principale di deforestazione in America. (…) La produzione di carne esige delle quantità importanti di risorse. Così, per produrre un kg di carne di manzo, servono circa sette kg di cereali – per il pollo solo due kg. E siccome servono tra i 1000 e i 2000 litri di acqua per produrre un kg di farina, ciò significa che servono più di 10.000 litri d’acqua per produrre un kg di carne di manzo. In termini di emissioni di gas a effetto serra, un kg di carne prodotta dall’allevamento intensivo equivarrebbe a una trentina di kg di CO2; quasi dieci volte meno per un kg di volatile. Infine, l’allevamento intensivo crea della sofferenza animale. Ammassati in questi edifici chiusi, spesso mutilati, conoscono delle condizioni di vita terrificanti.” (2)

Quale sarebbe la soluzione? Carne in vitro per ridurre le emissioni?

Come ottimizzare dunque la produzione e minimizzare le limitazioni, avendo la consapevolezza che, a questo ritmo, fra trent’anni consumeremo 500 milioni di tonnellate di carne? L’idea è di cambiare il paradigma: “Produrre della carne non più allevando degli animali ma coltivando in laboratorio delle cellule muscolari di pollo, manzo o maiale, come già succede per produrre birra e yogurt. Ragione per cui da una decina d’anni gli scienziati avanzano esperimenti sulla carne artificiale. Secondo il rapporto citato dal Guardian, la carne in vitro ridurrebbe del 96% le emissioni di gas a effetto serra prodotte dagli allevamenti. La sua produzione esigerebbe tra il 7 e il 45% meno di energia che la carne prodotta in maniera convenzionale. Infine, la carne in scatola non avrebbe bisogno che dell’1% di terra e del 4% di acqua attualmente assegnata al bestiame, e sarebbe inoltre una maniera efficace per lottare contro la deforestazione e il rapido aumento del prezzo dei cereali” (3).

La prima bistecca artificiale costa… 250.000 euro

Nutrire 9 miliardi di uomini con la carne artificiale? La scommessa non è una novità, Mark Post, medico olandese a capo del dipartimento di fisiologia dell’Università di Maastricht (Paesi Bassi) ha dichiarato in una conferenza scientifica a Vancouver (Canada) che prevedeva presentare questo hamburger a ottobre, e di prevederne la produzione su larga scala nei prossimi 10 – 20 anni. (…)” I tessuti prodotti hanno esattamente la stessa struttura degli originali, assicura Mark Post. La carne prodotta a partire da cellule staminali deve assomigliare esattamente a quella che abbiamo l’abitudine di consumare, altrimenti sarà impossibile convincere le persone a rinunciare a quella che conoscono” (…) L’Accademia della carne, che si è fermamente opposta alla clonazione della carne nel maggio 2011, precisava nel suo comunicato: “La difficoltà maggiore (ma lontana dall’essere la sola) consiste nel riprodurre la delicatezza e l’irrigazione sanguigna che apporta i nutrimenti e i fattori di crescita necessari alle cellule, mimando l’irregolarità delle pulsazioni cardiache” (4).
Unendo tutti questi elementi, il concetto annuncia la nuova bistecca: “Pesa 142 grammi e costa 250.000 euro: il primo hamburger creato in vitro e fabbricato a partire da ceppi di cellule di mucca sta per essere cucinato, servito e degustato oggi a Londra. La sostanza del verdetto: “gusto abbastanza intenso”, “stessa struttura”, e un profilo generale “simile alla carne” nonostante una “mancanza di grasso” (…) (5).

Verso la fabbricazione di organi su misura: e l’etica?

In maniera più generale, stiamo assistendo a una gara condotta senza arbitrio: la biologia ci permette di riprodurre tutto, riprogrammando geneticamente cellule staminali nella direzione voluta. Ce ne ha parlato Paul Benkimoun: “La ricetta sembra essere semplice da seguire: prendete delle cellule riprogrammate per ritrovare le capacità equivalenti a quelle delle cellule staminali embrionali, sceglietene una parte da destinare a un destino di cellula di fegato, mettete il tutto in coltura per qualche giorno, lasciate riposare e otterrete un germoglio di fegato pronto per essere trapiantato, per il momento a titolo sperimentale sui topi. Evidentemente, ottenere degli organi a volontà non è una cosa così facile come appare nel riassunto del lavoro dell’equipe di Takanori Takebe e Hideki Tangiuchi, pubblicato giovedì 4 luglio su Nature, ma l’abilità pratica dei bioingegneri non smette di progredire, come hanno illustrato le ricostruzioni della trachea o della vescica realizzate in questi ultimi anni, cosi come altri lavori più sperimentali” (6).

“Come spiega Paul Benkimoun, bisognerebbe separare il dominio dell’umano e che quindi non può essere brevettabile, da quel che si ottiene grazie all’ingegno. L’avventura di Myriad Generics, che aveva questa pretesa è edificante. Tutto è parte di questa gigantesca battaglia per poter brevettare la vita del batterio “Chakrabarty”. “Alla fine degli anni ‘90 si legge sul giornale Le Monde che la società di biotecnologia Myriad Genetics ha ottenuto negli USA numerosi brevetti per i geni BRCA1 e BRCA2, le cui mutazioni sono associate a un alto rischio di cancro al seno e all’ovaia (…). La Corte ha ricordato il suo giudizio del 1980 sulla non brevettabilità del batterio “Chakrabarty”, ottenuto in laboratorio incrociando due batteri. Questo nuovo microrganismo, capace di dirigere l’inquinamento petrolifero, non era brevettabile poiché assente alla scoperta delle sequenze genetiche di Myriad Genetics: “In questo caso, Myriad non ha creato nulla”. La Corte ha ritenuto tuttavia brevettabili gli DNA complementari (DNAc), molecole di DNA sintetiche copiate in vitro a partire da RNA messaggeri trascritti dai geni a partire dai quali delle proteine specifiche potevano essere sintetizzate. (…) Il diritto europeo potrà conservare ancora a lungo l’articolo 5.2 della direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, il quale stabilisce che “un elemento isolato del corpo umano o diversamente prodotto per un processo tecnico, compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, può costituire un’invenzione brevettabile, anche se la struttura di questo elemento è identica a quella di un elemento naturale” (7).

La science-fiction entra nel dominio del reale

Tra vent’anni, potremo trovare nei nostri supermercati due prodotti aventi esattamente lo stesso gusto e lo stesso aspetto. Uno proveniente dalla mucca che comporterà un’ecotassa e implicherà che degli animali siano stati uccisi – si è recentemente scoperta la sofferenza degli animali in quanto argomento! – L’altro proveniente da un laboratorio senza che nessuno abbia sofferto e potenzialmente meno cara”. L’esperienza della bistecca in vitro ne è la prova. Basta leggere il libro di fantascienza di Isaac Asimov.

Nelle sue storie di robot, gli abitanti (che abitano sotto terra) visitano la famosa fabbrica di carne, di cui il pezzo “madre” è immerso in un liquido nutritivo. La vera bistecca – al prezzo del caviale – non sarà più riservata che alle classi molto ricche. Il popolo avrà il suo “Soylent Green” (sole verde) – film che a sua volte è stato estremamente profetico: realizzato da Richard Fleischer, uscito nel 1973 e ispirato al romanzo di Harry Harrison. Si svolge nel 2022, New York è immersa in una strana luce gialla, che ha distrutto la flora e la fauna. Poche terre sono ancora coltivabili e gli abitanti che non hanno i mezzi per acquistare degli alimenti naturali, a causa dei prezzi esorbitanti, mangiano un alimento di sintesi, prodotto dalla multinazionale “Solyvent”. Ci si ricorda la scena memorabile in cui l’attore Edward G. Robinson sta mangiando una merce rara: una bistecca. E Charlton Heston, che non ne ha mai vista una, gli chiede cos’è. La risposta: “Una bistecca, di quelle vere, come ai vecchi tempi.” (8)

Tornare alla Natura, ritornare alla condivisione al posto del bene

Questa bistecca carica di tutti i vantaggi ha l’ambizione di porre fine alla fame nel mondo. I creatori credono nel suo sviluppo a larga scala di qui a vent’anni, senza gli inconvenienti propri dell’allevamento industriale che inquina, richiede grosse quantità d’acqua, emette gas a effetto serra e mobilita il 70 % delle terre agricole mondiali. Ma la finalità è d’andare a capofitto verso la civiltà del sempre più, della bulimia, in un mondo cui Madre Natura non risponde più (è stato superato l’Overshoot Day), e si comincia a sperimentare sugli esseri viventi con il rischio prometeico di fabbricare una disumanità?

Carolle Anne Dessureault ci descrive un’altra via, quella che spinge il vivere civile verso la sobrietà e l’autonomia. Noi l’ascoltiamo: “Nel 1516 Thomas Moore, umanista e cancelliere d’Inghilterra, fine osservatore delle ingiustizie sociali del suo tempo, pubblica “L’Utopia o Trattato della migliore forma di governo”, opera che offre il modello di una società egalitaria in cui gli uomini vivono in comunità, felici e soddisfatti. Anche se Thomas Moore considerava la realizzazione di una tale società egalitaria come auspicabile, non ve ne sperava molto… Pertanto, i semi della sua visione stanno forse ora germogliando. In un grande orto. In effetti, una comunità nel nord dell’Inghilterra mostra che è possibile prosperare grazie al sostegno reciproco e liberarsi dalla servitù del potere.” (9)

“I vegetali del futuro, costruiti a Todmoren con i loro “commestibili incredibili” stanno diventando un modello per gli altri paesi (…) Tre donne hanno avuto l’idea di creare una “rete di giardinaggio”, Incredible Edible, grazie alla quale i loro concittadini possono piantare e raccogliere localmente alimenti freschi e di stagione. Un’eletta locale propone di usare gli spazi verdi pubblici. Ogni cittadino è invitato a partecipare alla semina e al mantenimento dei legumi, che si moltiplicano rapidamente in tutta la città, poiché ogni abitante è invitato a conservare un “bed”, uno spazio dedicato alla semina. All’inizio, una sessantina di persone si sono unite al movimento. Tra i volontari del progetto non ci sono solo adulti, ma anche bambini! Con il tempo, il progetto si è ampliato in una maniera imprevedibile” (9).

“Quando arriva il momento di raccogliere i frutti del lavoro collettivo, ognuno può raccogliere tutto ciò di cui ha bisogno. Poi, l’esperienza della condivisione aumenta. Dei compiti sono conferiti agli specialisti (…) Il principio base resta immutato: tutti i cittadini possono beneficiare della produzione di miele. Oggi, la città si è trasformata in frutteto e orto a disposizione di tutti. Il motto che si legge entrandovi, ripetuto davanti alle piantagioni, è share, condividere: “Servitevi, è gratuito.” Oltre 70 zone di piantagione urbana forniscono fragole, piselli, mele, ciliegie, aromi, finocchi, carote e cipolle. Il tessuto sociale si è rinsaldato, la criminalità diminuisce di anno in anno. Senza dubbio bisogna vedere in questa esperienza la riscoperta delle persone per un nuovo senso per la vita e le relazioni. Poco per volta le persone ritrovano la loro autonomia. L’educazione, l’economia, la collettività sembrano qui indissociabili. Resta ancora molto lavoro da fare. Il cambiamento di attitudine delle persone, la loro visione più ampia, ecco il grande guadagno umano.” (9)

Niente da aggiungere a questo insegnamento di benessere! E’ un’utopia? Mito di Prometeo o rispetto dei fondamentali della vita – andare verso il Grande umano, come scrive Carolle Anne Dessureault, per poter vivere invece che sopravvivere – bisogna scegliere. Siamo ancora in tempo.

Prof. Chems Eddine Chitour

Ecole Polytechnique enp-edu.dz

Fonte: www.mondialisation.ca

Link: http://www.mondialisation.ca/le-mythe-de-promethee-percee-pour-la-science-ou-suicide-collectif/5345631

11.08.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org cura di Barbara Simona Leva

Note

1. http://www.maxisciences.com/rover-curiosity/curiosity-boucle-une-premiere-annee-pleine-de-decouvertes-sur-mars_art30428.html

2. http://www.goodplanet.info/Alimentation-agriculture/Elevage/Elevage/(theme)/1652 22/08/2008
3. Audrey Garric http://ecologie.blog. lemonde.fr/2011/06/28/de-la-viande-artificielle-pour-reduire-nos-emissions/
4. Morgane Bertrand http://tempsreel.nouvelobs.com/planete/20120221.OBS1966/trente-ans-apres-le-premier-bebe-eprouvette-le-premier-steak-in-vitro.html
5. http://www.challenges.fr/entreprise/20130805.CHA2864/le-premier-steak-artificiel-coute-250-000-dollars.html
6. Paul Benkimoun http://www.lemonde.fr /sciences/article/2013/07/08/vers-la-fabrication-d-organes-sur-mesure_3444271_1650684.html 09.07.2013
7.http://www.lemonde.fr/sciences/article/2013/07/03/la-cour-supreme-libere-les-genes_3439918_1650684.html
8. Soleil vert http://fr.wikipedia.org/ wiki/Soleil_vert_(film)
9. Carolle Anne Dessureault http://www. les7duquebec.com/7-au-front/les-incroyables-comestibles-de-todmorden-gratuit-et-elevant/ 13 juin 2013

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