Le idee di Karl Marx possono aiutare a capire il mondo e a cambiare la
società,
afferma Mike Gonzales
Cosa può dirci il marxismo di nuovo sul capitalismo?
Negli ultimi anni il movimento ha messo a nudo il sistema capitalistico e ha svelato lo sfruttamento su cui tutto si basa. Si devono a Marx molte delle cose che sappiamo su come funziona il capitalismo.
Il capitalismo scova la manodopera più economica – i lavoratori meno tutelati e più sfruttati. Tuttavia, li manda tranquillamente a spasso se sarà
inventata una macchina che può sostituire i lavoratori. Le macchine, dopo tutto, non
devono essere pagate, alimentate o sistemate in un alloggio.
Il marxismo spiega perché accade tutto ciò. I proprietari delle aziende, i capi delle multinazionali e i grandi appaltatori non sfruttano i lavoratori semplicemente perché sono delle persone cattive. Lo fanno perché sono capitalisti.
Li guida un impulso sistematico a produrre ricchezza.” Accumulare, accumulare – cioè Mosè e i profeti,” così come lo descriveva Marx.
Il capitalista investe il proprio capitale per produrre ricchezza, e solo per quel fine. Tutti i capitalisti fanno la stessa cosa. Invece di
allearsi tutti i capitalisti contro i lavoratori, competono l’un l’altro.
A questo punto, cosa fa guadagnare di più un capitalista rispetto ad un
altro? La nuova tecnologia – i filatoi o i computer – può accelerare la
produzione, e avvantaggiare temporaneamente un capitalista su un altro,
con la conseguenza di una produzione su una scala sempre più vasta alle
spese dei piccoli produttori.
Ciò che fa davvero la differenza è la quantità di lavoro che si riesce a spremere da ogni lavoratore oltre a quello che bisogna dare a quel
lavoratore per sopravvivere. Il plusvalore, la fonte del profitto, è la differenza
tra il valore che il lavoratore produce e ciò che viene recuperato in benefici di qualsiasi tipo. Questo è il rapporto che Marx definiva sfruttamento.
L’intero sistema è guidato da queste due forze – la necessità di
accumulare
e la concorrenza tra i capitalisti. Ma il paradosso è che non sono i
capitalisti
a produrre la ricchezza. Sebbene siano convinti che la ricchezza sia
per
loro e la controllino, sono i lavoratori che realizzano la produzione.
Ma
secondo il capitalismo, i lavoratori non riusciranno mai a controllare
la
ricchezza che producono.
Il problema fondamentale non sono i singoli capitalisti e il loro
comportamento.
Le aziende e le società cambiano regolarmente gestione. I dirigenti
vengono spesso licenziati e sostituiti. Ma non cambia il loro modo di agire –
né cambierà mai, finché ci sarà il sistema capitalista.
I marxisti continuano a battere sui lavoratori. Ma il loro movimento
comprende
anche molte altre persone. Contadini, studenti, immigrati, disoccupati,
insegnanti: non sono anche loro importanti?
Naturalmente, fanno parte del movimento. E’ impressionante la varietà
di
persone presenti nelle manifestazioni contro la guerra, nelle proteste
contro
l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e così via.
Questa valore rappresenta la grande forza delle mobilitazioni in tutto
il
mondo che sono cresciute dopo Seattle nel 1999 e si esprimono in eventi
come quello del World Social Forum.
I numeri sono in continuo aumento. In 70.000 erano presenti alla
manifestazione
contro il WTO a Seattle. Ma questa cifra è niente in confronto agli
oltre
20 milioni di persone che hanno marciato in tutto il mondo contro la
guerra
il 15 febbraio 2003.
Dal canto nostro abbiamo i numeri che parlano chiaro. Il nostro
movimento
rappresenta quasi ogni parte della popolazione – gruppi nazionali ed
etnici,
organizzazioni di immigrati e contro il razzismo, studenti e gioventù,
agricoltori
e disoccupati, chi conduce campagne contro qualsiasi forma di
ingiustizia
e sfruttamento.
Mentre il movimento continua a crescere, una serie di idee si sono
sviluppate
al suo interno che celebrano proprio il carattere molteplice. Ma sembra
che, nonostante siamo in molti e le potenti controversie a cui diamo
vita,
il capitalismo e i suoi rappresentanti possano ancora continuare a
perseguire
i loro interessi.
Questo è il motivo per cui sempre più gente all’interno dei movimenti
sociali
si chiede da dove derivi la nostra potere per cambiare il mondo.
I
marxisti
hanno una risposta molto chiara.
Marx definiva le sue idee come la “teoria e la pratica della
rivoluzione
proletaria”. Non stava analizzando il capitalismo solo fine a se
stesso.
Era un rivoluzionario che doveva capire il capitalismo per abbatterlo.
Il punto centrale delle sue idee era la grande intuizione che, mentre i
capitalisti possano avere il diritto sulle macchine e sul capitale, i
lavoratori
producono la ricchezza. Così, se i lavoratori rifiutavano di accendere
le
macchine o di spalare il carbone, il tutto sarebbe pervenuto ad
un’interruzione
violenta.
Quindi noi abbiamo il potere ma perché non lo usiamo? I lavoratori lo
usano
ogni qualvolta organizzano una riunione sindacale e lottano per
condizioni
e salari migliori.
Quel potere può essere usato come un’arma per cambiare l’intero
sistema.
E’ un potere che hanno i produttori ma che non posseggono altre parti
della
società. Per questo i lavoratori hanno un ruolo chiave in un movimento
rivoluzionario.
Per questo motivo i marxisti parlano di guida della rivoluzione dei
lavoratori.
Per essere un lavoratore non è necessario essere in una catena di
produzione
o maneggiare un martello. Per definizione, un lavoratore è chiunque
viva
di un salario guadagnato contribuendo alle ore di lavoro.
I lavoratori sono tutti coloro che forniscono la manodopera che rende
possibile
la produzione – insegnando ai bambini, curando le ferite, riscaldando
gli
edifici, aumentando gli alimenti o prendendosi cura di quelli che sono
stati
danneggiati da questo crudele sistema. Il loro potere collettivo può
cambiare
il mondo.
Ovviamente, ci sono migliaia di persone impegnate a persuaderci che
questo
tipo di cambiamento non può accadere – che il capitalismo è naturale,
che
la natura umana non cambia mai, che leader si nasce non si diventa, che
i capitalisti possono fare del bene.
Il compito di tutti noi che crediamo che la rivoluzione sia possibile è
proprio quello di far vedere che possiamo influenzare le cose, che
abbiamo
il potere, che possiamo agire insieme come una classe di produttori,
indipendentemente
dalle nostre differenze.
Come arrivare da qui a lì ? Come diventa possibile una rivoluzione ?
Senza dubbio si tratta di un percorso tortuoso. Sebbene il capitalismo
sembra
fornire delle opportunità per attuare un cambiamento attraverso mezzi
pacifici
e legali – le elezioni ad esempio – nessuna classe dirigente ha mai
accettato
la sconfitta e si è arresa senza far troppo rumore.
Cercano di impressionarci con le promesse di una vita migliore in un
futuro
prossimo (o nella società futura) – o di spaventarci con minacce di
forza
se non ci uniformiamo.
I sindacalisti sembrano liberi di organizzarsi ma nel momento in cui
affrontano
realmente il sistema, come fecero i minatori nel 1984, le leggi
parlamentari
e le protezioni legali vengono messi da parte. Questa è la realtà dello
stato capitalista.
I marxisti considerano fondamentale il ruolo dello stato, che non è
solo
“il comitato esecutivo della borghesia”, come lo considerava Marx. Ma
rappresenta
anche la violenza organizzata che la classe dirigente non esiterà ad
utilizzare
se vedrà minacciati i suoi interessi, sia ad un cordone di minatori
scioperanti
oppure in Iraq.
Alcuni, facenti parte del movimento, affermano che possiamo evitare di
affrontare
lo stato e prendere il potere in altri modi. Il problema sta nel fatto
che
il capitalismo è un modo di organizzare la produzione – e qualsiasi
cosa
ne derivi.
Mentre il capitalismo va avanti, continuerà lo sfruttamento e lo stato
continuerà
ad essere una minaccia diretta per il nostro potere. Lo stato non è
neutrale.
E’ uno strumento della classe economica dominante, creato per difendere
i propri interessi.
Una rivoluzioni creerà un nuovo tipo di stato, un nuovo tipo di
organizzazione
sociale basata sugli interessi della maggioranza. Questo nuovo tipo di
ordine
sociale comincia a realizzarsi nella lotta.
Nella tradizione di noi marxisti tutto ciò è fondamentale. La società
socialista
che desideriamo sarà una democrazia talmente completa e di larga
portata
che riusciamo a stento ad immaginarla.
Il punto di partenza sarà un movimento rivoluzionario di massa, durante
il quale un nuovo potere collettivo avrà una fase centrale. Questa
nuova
società non avrà solo dei rappresentanti migliori dei precedenti – sarà
governata dalla maggioranza della gente. E’ questa la principale
differenza.
Non possiamo ancora sapere come sarà questa nuova società ma possiamo
rinviare
ad altri momenti nella storia quando i lavoratori hanno dato vita a
nuovi
organi di organizzazione sociale.br>
Come accadde durante la Comune di Parigi del 1871, a Barcellona nel
1936
e in Cile nel 1972. Accadde soprattutto in Russia nel 1917, quando i
“soviet”
– i consigli dei lavoratori – saltarono fuori e le loro erano
espressioni
straordinarie di questo nuovo tipo di società.
E’ vero che le speranze del 1917 vennero tradite e aumentarono la
tensione.
E’ una lezione che dobbiamo imparare dalla storia. Dobbiamo ammettere
che
gli stessi lavoratori riescono a realizzare una rivoluzione dei
lavoratori
– nessun partito, nessun esercito, nessuna macchina, nessun delegato
può
farlo per loro.
Non sarà per noi allarmante che tutte le volte che si cerca di
costruire
il socialismo in un paese, viene travisato e indebolito?
Si tratta di un allarme che afferma che il capitalismo non permetterà
alle
enclave del socialismo di esistere, sia che si tratti di un comune
hippy
o di un’isola di socialismo.
Il nostro movimento ha capito, forse meglio di ogni altro, che il
capitalismo
ha effetto su una scala mondiale. Quando i poveri cercano di
attraversare
le frontiere alla ricerca di lavoro, vengono perseguitati e
criminalizzati.
Ma quando un importante capitalista si sposta nel mondo in cerca di
opportunità
di guadagno, i posti di frontiera si aprono come per magia.
Qualunque siano le differenze tattiche dei nostri governanti,
prevalgono
sempre i loro interessi comuni – così alla fine Jacques Chirac accoglie
George Bush a Parigi, qualunque siano le loro opinioni sull’Iraq.
E’ indispensabile essere tutti insieme, coordinati e organizzati dal
centro
nella nostra lotta, così come lo sono i capitalisti nella loro ricerca
di
ricchezza e potere. O siamo internazionali oppure non siamo niente. Se
riusciamo
a tracciare insieme gli interessi di tutti quelli che non hanno una
posta
in gioco nel sistema e ad unire la convinzione anticapitalista col
nostro
potere di lavoratori, allora abbiamo un mondo da conquistare.
Mike Gonzales
Fonte:www.socialistworker.co.uk
link: http://www.socialistworker.co.uk/article.php4?article_id=6042
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Floriana Figura