IL LASCITO DI CHAVEZ

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DI BENJAMIN DANGL

Counterpunch

Le strade di un continente ed una rivoluzione bolivariana nella vita quotidiana

Il bus scivolava lungo la strada nella giungla boliviana con musica evangelica sparata fuori dagli altoparlanti. La pioggia gocciolava costantemente dai buchi nel tetto mentre il veicolo avanzava singhiozzando, passava le luci dei piccoli paesi e la grande oscurità del Chapare, una regione tropicale nel cuore del paese. Alla fine la pioggia lasciò posto all’ alba, ed un sole caldo scaldò il bus umido mentre entravamo nella città di Santa Cruz, dove nel 2003 si svolgeva il summit dei presidenti ibero-americani.Nella periferia della città il presidente venezuelano Hugo Chavez, più tardi, fece un discorso in uno stadio pieno di coltivatori di coca con i loro sacchi di foglie e di minatori con piccole bandierine boliviane sui loro elmetti.

Chavez affascinò lo stadio per 4 ore, parlando di baseball e di Simon Bolivar, criticando la guerra in Iraq di George W. Bush e congratulandosi con la Bolivia per la recente cacciata con proteste popolari del presidente neoliberale. Mentre il presidente venezuelano parlava durante la notte dalla folla saliva il fumo dei barbecue e di occasionali fuochi d’ artificio.

Qui c’ era un presidente segnato dai movimenti e dalle politiche che lo circondavano. Il Movimento dei Senza Terra del Brasile lo ha sostenuto in un polveroso raduno a Porto Alegre nel 2005 quando ha annunciato che la Rivoluzione Bolivariana (dal nome del leader dell’ indipendenza latino-americana) era un progetto politico socialista. E la folla era in delirio lo stesso anno in Argentina, quando Chavez, insieme a Maradona, ha festeggiato la morte dell’ area di libero scambio delle Americhe.

A questi incontri, quella che è sempre stata la cosa più impressionante di Chavez non era quello che diceva o faceva, ma il peso e lo spazio politico che lo circondava. Dai coltivatori di coca che condividevano la sua posizione anti-imperialista, ai molti presidenti latino-americani di sinistra eletti durante i suoi 14 anni di governo, Chavez ha marcato un’ era e un movimento che è ancora lontano dall’ esaurirsi.

Come icona della sinistra contemporanea latino-americana, ha aiutato a creare uno spazio per le mosse di altri presidenti, che fosse con Rafael Correa dell’ Ecuador per scacciare una base militare americana, o il boliviano Evo Morales per nazionalizzare un’ industria del gas in Bolivia. La costituzione progressista che Chavez ha aiutato a scrivere è stata un modello per gli altri governi da seguire nei prossimi decenni. I blocchi regionali che ha creato hanno favorito alleanze economiche e politiche da sud a sud, hanno permesso di verificare il potere militare degli USA nella regione, e hanno incoraggiato politiche di sinistra e politiche economiche dei presidenti dell’ America Latina.

Al di là di questa influenza regionale, alcune della più grandi eredità di Chavez non si trovano nel palazzo presidenziale, ma nelle strade, nelle fabbriche e nelle periferie del Venezuela, fra gli attivisti, i lavoratori e nelle persone che hanno costruito la Rivoluzione Bolivariana dal basso.

Dai consigli comunali alle fabbriche gestite dai lavoratori, il Venezuela è il luogo di alcuni degli esperimenti più sofisticati e di successo di democrazia diretta, socialismo e direzione da parte dei lavoratori in tutto il mondo. Mentre Chavez era la figura chiave nello sviluppo di molte di queste iniziative e progetti, è il popolo venezuelano che gli ha dato vita e li terrà vivi dopo la sua morte. Molti di questi programmi sono caratterizzati non da una direzione dall’ alto al basso, da uno stato di polizia burocratica, o da fondi governativi distribuiti per creare supporto elettorale. Sono i progetti delle persone che usano la Rivoluzione Bolivariana come strumento di base.

Dal suo insediamento nel 1999, Chavez ha usato il mandato come un leader, e la ricchezza petrolifera della nazione per creare programmi che forniscono istruzione gratuita, cliniche sanitarie e dentali, riforme della terra e delle abitazioni, supermercati sovvenzionati dal governo, e centinaia di migliaia di cooperative di lavoro. In Venezuela, dove la maggior parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, questi programmi hanno avuto un grande impatto. Altre iniziative governative hanno contribuito a stimolare l’ attivismo dal basso, autogoverno a livello locale, e democrazia diretta nelle decisioni politiche e nei finanziamenti.

La storia del quartiere di Caracas El 23 de Enero è emblematica di tali tendenze progressiste. Il quartiere El 23 de Enero ha una storia di coscienza sociale e ribellione; essendo un quartiere povero e operaio, El 23 de Enero è stato marcato dalla polizia come zona pericolosa i cui residenti andrebbero controllati e repressi. Durante le presidenze dei conservatori, la stazione di polizia locale era un luogo di tortura e di imprigionamenti per molti leader di sinistra. Dopo decenni di violenze di stato e in seguito all’ elezione di Chavez, la comunità è stata in grado di recuperare e trasformare questo centro di repressione poliziesco. Juan Contreras, produttore radiofonico, leader nell’ organizzazione comunitaria Coordinador Simon Bolivar, e da tempo residente nel quartiere, mi ha raccontato di come lui e i suoi companeros hanno preso la stazione di polizia – per anni un avamposto per la soppressione della sinistra – e l’ hanno trasformata in una stazione radio comunitaria e centro culturale.

“Questo posto era un simbolo della repressione”, mi ha spiegato Contreras in studio che odorava di vernice fresca. “Così abbiamo preso quel simbolo e ne abbiamo fatto uno nuovo”. Ha continuato: “è la prova della rivoluzione fatta da noi, i cittadini. Non possiamo stare ad aspettare, la rivoluzione deve essere fatta da noi; noi dobbiamo fare il cambiamento.” La stazione riceve finanziamenti statali, ma i membri della comunità hanno dovuto combattere duramente per recuperare la stazione di polizia, occupando l’ edificio senza permesso. Le vittorie di El 23 de Enero sono esempi di come i movimenti venezuelani hanno lavorato con l’ amministrazione Chavez, chiedendo attenzione con l’ azione diretta per poi lavorare con il successivo supporto statale.

La tattica usata in El 23 de Enero di cogliere le opportunità e gli spazi forniti dal governo Chavez, pur mantenendo l’ autonomia di base e lo slancio dal basso, è la base di molti cambiamenti sociali pieni di speranza in corso oggi in Venezuela. I consigli comunali offrono un interessante aspetto dei particolari aspetti del processo Bolivariano. Sono stati creati dal governo nel 2006 e continuano tuttora ad esistere. I consigli lavorano per sollecitare i finanziamenti dal governo, iniziare progetti sociali, programmi, missioni nella comunità, e affrontare temi come la gestione locale della sanità e dei progetti idrici. L’ attivista di lungo corso venezuelano Alfonso Olivo crede che i consigli comunali siano “la misura più rivoluzionaria presa dal governo” per via del trasferimento di potere dai sindaci e governatori ai cittadini nei consigli. “Le persone sono in grado [di pianificare il sociale] da soli, senza l’ intervento dello stato o dei funzionari burocratici”, ha spiegato nell’ eccellente raccolta di interviste Venezuela Speaks! Voices from the Grassroots.

In Venezuela i consigli comunali mostrano l’ affascinante tira e molla che emerge dove lo stato crea strutture e progetti che producono legami comunitari. I consigli sono a volte autonomi, o addirittura antagonisti allo stato Bolivariano e al partito. L’ amministrazione Chavez ha organizzato i consigli in modo da incoraggiare il coinvolgimento delle comunità. Chiunque al di sopra dei 15 anni può partecipare, e perché una decisione venga ufficialmente presa deve essere votata da almeno il 30% dei presenti in consiglio. Nelle aree urbane i consigli devono coinvolgere minimo 150 famiglie, e circa 20 nelle aree rurali. Questa distribuzione significa che i consigli promuovono la partecipazione diretta e sono relativamente facili da autoamministrare. Quando un consiglio ha preso una decisione relativa a un progetto, può ricevere il finanziamento direttamente dal governo nazionale o da istituzioni nazionali, tagliando fuori sindaci e funzionari locali ed avere maggior potere nelle mani dei cittadini stessi.

I consigli comunali hanno fornito un controllo al potere dei governi locali e anche una piattaforma per richiedere al governo una burocrazia trasparente e più efficiente. La piccola scala e l’ attenzione locale di questi consigli è essenziale alla loro funzionalità, contribuendo ad eliminare la burocrazia in eccesso ed eludere i politici corrotti e irresponsabili.

I consigli possono anche fornire un contrappeso ad uno stato troppo centralizzato. La politologa Sara Motta scrive su Reclaiming Latin America: Experiments in Radical Social Democracy che i consigli comunali “sono tentativi di creare nuove istituzioni statali che bypassano lo stato tradizionale e distribuiscono il potere in maniera democratica e partecipativa. L’ elasticità del rapporto tra la base e lo stato viene testato tramite la concessione di più potere al pubblico da parte di istituzioni create dallo stato – istituzioni che i cittadini possono usare per sfidare lo stato tradizionale se necessario.

L’ equilibrio tra l’ essere autonomo dallo stato ed esserne coinvolto viene descritto dal partecipante del consiglio Edenis Guilarte in Reclaim Latin America, “dobbiamo ottenere gli strumenti per combattere la burocrazia e trovare un modo per sbarazzarci dei leader che ci vogliono controllare, che cercano di mantenere i loro poteri e dividono la comunità.” In questo senso i consigli possono essere strumenti di emancipazione. “Quello che stiamo facendo”, spiega Guilarte, “è provare a creare consapevolezza, un processo che va al di là del riparare strade, ottenere servizi, consentire l’ accesso all’ acqua. È un macroprocesso, un processo di cambiamento sociale, una lotta per le idee e la realizzazione.” I legami sociali creati dal lavoro su progetti di sviluppo tramite queste istituzioni create dal governo possono sostituire i fini immediati di questo progetto.

Mentre i consigli comunali gestiscono i budget e i progetti di sviluppo comunitari, fungono anche come base per una rete di sviluppo di legami della comunità, che sono molto utili al di là del lavoro dei consigli. Per esempio, Ismila, un’ attivista di un quartiere di Caracas, ha spiegato che quando la società idrica pubblica Hidrolara non ha risposto per due giorni alla domanda della sua comunità di effettuare un’ operazione di purificazione, i membri del suo consiglio comunale hanno deciso di prendere in mano la situazione.

Data l’ abitudine a lavorare, discutere e organizzarsi insieme, è stato facile coordinare un viaggio agli uffici della Hidrolara e richiedere di parlare con la persona competente per l’ emergenza della purificazione. Insieme hanno fatto pressione sui funzionari per 2 ore, e alla fine sono tornati alla loro comunità con un ingegnere che ha risolto il problema. Ismaila dice: “oggi abbiamo imparato che la Hidrolara è un’ istituzione inutile, non lavora per la comunità. Questi funzionari credono di sapere tutto e non ascoltano la comunità finché non sorge un problema.” Così, mentre la burocrazia rappresentava un problema, la solidarietà e il senso di comunità sviluppato attraverso i consigli comunali hanno aiutato a risolverlo. I consigli comunali hanno fornito gli strumenti per l’ organizzazione locale, un grande potenziale per licenziare il clientelismo governativo e affermare l’ autonomia, aiutare le persone a vivere ed organizzarsi al di là dello stato.

Il governo Chavez ha lavorato per aprire spazi all’ organizzazione comunitaria, come con i consigli comunali e le cooperative, ma ha anche incoraggiato il controllo dei lavoratori sulle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Nel 2005 l’ amministrazione Chavez ha annunciato decreti che permettevano allo stato di espropriare aziende e fabbriche e permettere ai lavoratori di gestirle come cooperative. Con le disposizioni giuridiche in atto che permettono allo stato di intervenire, quando una fabbrica o un’ azienda chiude, il governo può ora collaborare con i lavoratori per garantire la continuità dell’ azienda e mantenere i lavoratori al loro posto. Inoltre, sotto l’ autogestione dei lavoratori, questi hanno maggiore controllo e decisione riguardo l’ organizzazione del loro posto di lavoro. Dozzine di aziende in Venezuela sono finite sotto il controllo statale e dei lavoratori.

Nel 2005 i lavoratori hanno preso il controllo di Inveval, un’ azienda produttrice di valvole nella periferia di Caracas. Pablo Cormenzana di Inveval ha spiegato in un’ intervista del 2006 alla giornalista Maria Trigona che l’ impianto chiuse il 9 dicembre 2002, lasciando i lavoratori disoccupati. “In principio c’ erano 330 lavoratori nell’ impianto. Un gruppo di questi lavoratori ha deciso di cominciare a combattere per richiedere che l’ ex proprietario pagasse ciò che gli doveva. In seguito questa richiesta si è trasformata nell’ idea di recuperare il loro lavoro e di riaprire l’ azienda.” Questa battaglia legale e politica è andata avanti per anni, con i lavoratori che si accampavano davanti alla fabbrica, e con scontri nei tribunali, finché la fabbrica è passata sotto il controllo dello stato e dei lavoratori.

“Non solo i lavoratori della Inveval hanno gestito con successo un’azienda senza padroni o proprietari, stanno andando avanti senza tecnocrati e burocrati del governo. Il governo ha avuto una scarsa partecipazione nel funzionamento dell’ azienda,” ha spiegato Cormenzana. “Tutti i lavoratori hanno gli stessi salari, non importa se guidi il camion, se sei un operaio di linea o il presidente. Stanno mettendo in pratica una genuina gestione da parte dei lavoratori alla Inveval.” La Inveval è un interessante esempio dove ai lavoratori sono stati dati dei poteri ed questi hanno spinto il governo ad operare come strumento per i lavoratori stessi, invece che al contrario.

Attraverso questi vari progetti, conflitti e relazioni, il pubblico venezuelano ha usato lo stato come uno strumento del popolo, e ci ha collaborato quando le cause del popolo e del governo si intersecavano. Un vero test per questi movimenti dal basso è rappresentato da quanto durerà la Rivoluzione Bolivariana dopo Chavez.

Oltre le attività in corso, l’ attivismo e l’ organizzazione giornaliera della gente in tutto il Venezuela, un passo cruciale saranno le prossime elezioni presidenziali in programma il 14 di aprile. Nicolas Maduro, ex autista di bus e leader sindacale, eletto la prima volta all’ Assemblea Nazionale nel 2000, è stato scelto da Chavez come suo successore. Maduro, che era vice presidente ed ora presidente ad interim, correrà alle prossime elezioni contro l’ oppositore di destra Henrique Caprile Radonski, battuto dell’ 11% da Chavez nelle ultime elezioni di ottobre. È probabile che Maduro vinca. A prescindere dal risultato, l’ influenza dei programmi e delle politiche avviate da Chavez si farà sentire per generazioni in Venezuela e in tutto il Sud America.

Gli esempi qui presentati sono solo alcuni dei molti progetti di democrazia diretta e di gestione da parte dei lavoratori che segnano l’ eredità di Chavez. Oltre i confini del Venezuela questa eredità comprende un largo movimento contro il capitalismo e l’ imperialismo statunitense, in favore dei diritti umani, una riforma agraria progressista, pace ed una economia globale giusta.

Il 2 dicembre 2011 vicino Caracas, si è tenuto il fondamentale summit del CELAC ( Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi). Camminando nella sala riunioni mi resi conto che la sinistra politica del 20° secolo era qui assieme alla sinistra del 21° secolo: ex guerriglieri diventati presidenti come Daniel Ortega e Raul Castro sedevano allo stesso tavolo di Kirchner ed Evo Morales, con Chavez che guardava il tutto. Il fine del raduno dei 33 capi di stato latinoamericani e caraibici era di creare un’ alleanza regionale che avrebbe reso obsoleta la vecchia Organization of Americas States dominata dagli Stati Uniti, e dirigersi verso una autoderminazione lontano dal potere di Washington.

Al primo raduno del CELAC, Chavez fece una riflessione sui 200 anni passati dall’ indipendenza del Sud America dalla Spagna, e la continua colonizzazione straniera della regione attraverso il capitalismo e l’ imperialismo. Citò l’ ultima riga del libro Cent’ Anni di Solitudine di Gabriel Garcia Marquez: “Razze condannate a cento anni di solitudine non hanno una seconda opportunità sulla terra.”

Il defunto leader venezuelano concluse: “a noi sembra che qualcuno ci abbia condannato a cento anni di solitudine, e ad altri cento. Ma forse, dato che siamo condannati ai primi cento ed anche ai secondi cento, qualcuno ci ha dato una seconda opportunità su questa terra.”

Benjamin Dangl

Fonte: www.counterpunch.org

Link: http://www.counterpunch.org/2013/03/11/what-chavez-left-behind/

11.03.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di REIO

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