IL “GRANDE GIOCO”: L’EURASIA E LA STORIA DELLA GUERRA

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DI MAHDI DARIUS NAZEMROAYA
Global Research

La storia della guerra

La storia spesso si ripete. Chi dimentica le lezioni della storia è, per ignoranza, destinato a ripetere gli errori del passato.

“Lo scontro delle civiltà” di Samuel P. Huntington è uno strumento ideologico camuffato usato per raggiungere obbiettivi geo-politici. Questa “nozione del conflitto” è parte di un’ampia strategia che è servita durante tutto il corso della storia a dividere, conquistare e dominare.

In base alle definizioni di Huntington, l’Eurasia è abitata da nove civiltà; la creazione di conflitti tra queste civiltà è uno strumento per controllarle e infine assorbirle nel senso spenceriano (cioè secondo la definizione del sociologo britannico Herbert Spencer) della guerra e dell’evoluzione sociale degli stati-nazione e delle società.
L’umanità sta assistendo ancora una volta a una lenta marcia verso un conflitto internazionale di vaste dimensioni come la seconda guerra mondiale, come Vladimir Putin ha ammonito il popolo russo? Oppure si usa la paura per rendere accettabili politiche economiche globali che non lo sarebbero affatto?
Se l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede ai due troni d’Austria e Ungheria (l’Impero Austro-Ungarico), il 28 giugno del 1914, fu il pretesto della prima guerra mondiale, perché in Europa si parlava insistentemente di una grande guerra nel 1905?

Fu alla vigilia della prima guerra mondiale che furono apportate modifiche radicali al sistema bancario degli Stati Uniti e fu alla vigilia della seconda guerra mondiale che in Gran Bretagna furono messe in atto riforme economiche altrimenti impopolari. La guerra fa sì che misure altrimenti impopolari vengano accettate dalla popolazione oppure consente che vengano introdotte più o meno furtivamente.

I moniti di Mackinder: dividere i continentali (gli eurasiatici)

Mackinder mise in guardia gli strateghi britannici sui pericoli di un’unificazione eurasiatica:

“E se il Grande Continente, l’intera Isola-Mondo [Africa e Eurasia] o gran parte di essa [per esempio la Russia, la Cina, l’Iran e l’India] dovessero in futuro diventare una sola e unica base di potere marittimo? Le altre basi insulari [per esempio la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il Giappone] non verrebbero superate nella consistenza della flotta e nella disponibilità di uomini?” [1]

Mackinder indicò alla Gran Bretagna come impedire che questa unificazione avvenisse: Londra adottò una politica di balcanizzazione, con l’obiettivo strategico di prevenire l’unificazione eurasiatica.

Inoltre Mackinder lanciava un monito in merito alle grandi popolazioni dell’Eurasia. Secondo Mackinder gli imperi duraturi erano basati sulla forza lavoro:

“Il vasto progetto saraceno [arabo] di un Dominio di Uomini sui Cammelli esteso verso nord e verso sud attraversato da un Dominio di Marinai esteso verso ovest e verso est era viziato da un fatale difetto; la sua base araba era priva della forza lavoro necessaria a farla funzionare. Ma nessuno studioso delle realtà attorno alle quali deve ruotare il pensiero strategico di qualsiasi governo aspiri al potere mondiale può permettersi di perdere di vista questo monito della Storia”. [2]

Mackinder fa la stessa osservazione sugli effimeri imperi dei popoli delle steppe eurasiatiche, come i mongoli:

“Quando i cosacchi russi presidiarono le steppe, alla fine del Medio Evo, si compì una grande rivoluzione perché ai tartari, come agli arabi, era mancata la necessaria forza lavoro su cui fondare un impero duraturo, ma dietro ai cosacchi c’erano i contadini, che oggi [1905] sono diventati un popolo di centinaia di milioni di persone che abitano le fertili pianure del Mar Nero e del Mar Baltico”. [3]

La popolazione è chiaramente un importante elemento geo-strategico. Secondo questo schema, la Russia, la Cina e l’India sono viste come minacce. È anche per questo che gli Stati Uniti non rinunceranno mai alle loro armi nucleari. Oltre alla superiorità militare e alle armi nucleari, come possono gli stati della NATO, generalmente meno popolosi, mantenere un equilibrio di potere con stati così altamente popolati? Andrebbe anche notato che una delle ragioni delle conquiste e dell’espansione coloniale europee fu anche il fatto che, all’epoca, i paesi europei avevano (in termini relativi) molti abitanti.
La divisione, balcanizzazione e finlandizzazione dell’Eurasia, dall’Europa Orientale e l’ex Unione Sovietica al Medio Oriente e all’India, è coerente con questi obiettivi storici delineati dalla Gran Bretagna prima della prima guerra mondiale. È uno dei motivi per cui prima del conflitto la Gran Bretagna, la Francia e l’America offrirono rifugio a vari movimenti separatisti dell’Impero Austro-Ungarico, dell’Impero Ottomano e della Russia zarista. Similmente oggi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ospitano gruppi politici d’opposizione contro Iran, Sudan, Turchia, Russia, Serbia, Cina e India. Niente è cambiato. Semplicemente oggi è Zbigniew Brzezinski a lanciare questi moniti, e non Halford Mackinder.

Imparare dalla storia: Prevenire l’Ostbewegung della Germania

Nel 1848, nella chiesa di San Paolo a Francoforte, ci fu il tentativo di creare un’unica e grande nazione europea centro-orientale dominata dalla Germania. Questo progetto cominciò a fare progressi solo mezzo secolo dopo, a causa dell’opposizione della dinastia asburgica e della rivalità tra Prussia e Austria.

La Gran Bretagna temeva il Drang nach Osten della Germania, la sua “spinta verso est”, o Ostbewegung, “movimento verso est”.

Per lo più questo movimento verso est, che ebbe inizio nel 1200 con l’espansione del commercio su lunghe distanze, non faceva parte delle ambizioni imperiali tedesche. [4] In ambiente britannico si temeva una qualche forma di unificazione tra le due potenze dominanti dell’Heartland eurasiatico, la Germania e la Russia. Nel ventunesimo secolo si teme l’unificazione di Russia, Cina, India e Iran.

Prima della prima guerra mondiale gli strateghi britannici ritenevano che la Germania si stesse avviando a grandi passi a diventare una superpotenza globale. Tutto ciò che le serviva era il dominio industriale sulla Russia e l’Impero Ottomano, che era a buon punto. La Germania stava già acquisendo il controllo dei mercati britannici e minacciava economicamente gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
Storicamente, l’Europa Orientale si è trovata serrata tra due grandi nazioni, la Germania e la Russia. Dopo l’era napoleonica e fino alla prima guerra mondiale fu dominata dai russi e poi dai tedeschi. Storicamente, la strategia britannica mirava a indebolire la Russia zarista finché la Germania non avesse rimpiazzato la Russia come potenza dominante dell’Europa Orientale. È una delle ragioni per cui la Gran Bretagna e la Francia appoggiarono i turchi ottomani nelle loro guerre contro i russi.

L’influenza tedesca nell’Europa Orientale era assicurata grazie a un’alleanza tra ungheresi (magiari) e austriaci. L’influenza tedesca era anche cresciuta economicamente, politicamente e industrialmente nel territorio dei turchi ottomani nel Medio Oriente. Nella Russia zarista, prima della prima guerra mondiale, l’influenza tedesca era politicamente ed economicamente significativa. La capitale russa, San Pietroburgo, si trovava in un’area germanizzata del paese e molti aristocratici e nobili russi erano germanizzati e germanofoni.

Vi erano insediamenti o colonie industriali della Germania anche in Ucraina e nel Caucaso, all’interno del territorio della Russia zarista. Similmente, erano stati fondati insediamenti tedeschi a Levante, nel territorio dei turchi ottomani. L’Ostbewegung aveva più a che fare con l’economia e con una forte e compatta base industriale eurasiatica sotto il controllo della Germania che con il mito della colonizzazione tedesca di tutta l’Eurasia.

Tuttavia, i mezzi di espansione economica della Germania cambiarono circa mezzo secolo dopo con l’ascesa di Adolph Hitler, che cercò di imporre militarmente in Eurasia una forma di globalizzazione guidata dalla Germania. Stiamo assistendo a una ripetizione di quel tentativo da parte di coloro che detengono il potere a Washington e a Londra?

Una lezione della storia: in guerra mettere i russi contro i tedeschi

La competizione industriale ed economica era la questione cruciale che si celava sotto le tensioni che portarono alla prima guerra mondiale. Anche Mackinder lo afferma. Di fatto i tedeschi si stavano espandendo a est dal punto di vista economico. Si esagerò la spinta demografica della Germania verso oriente. Storicamente, prima dell’unificazione della Germania sotto il principe Otto von Bismarck, primo ministro prussiano, i tedeschi venivano spesso chiamati come mercanti e artigiani dagli stati dell’Europa Orientale, come la Boemia e l’Ungheria.

Mackinder e altri britannici vedevano tutto questo come parte di una graduale tendenza all’unificazione dell’Heartland eurasiatico sotto un unico e potente attore.

La soluzione per bloccare l’ascesa di un unico e potente attore nell’Heartland fu mettere i tedeschi contro i russi:

“Nell’Europa Orientale ci sono due elementi principali. quello teutonico [tedesco] e quello slavo, ma tra essi non è stato creato un equilibrio come tra gli elementi romanzi [neolatini] e teutonici dell’Europa Occidentale. La chiave dell’intera situazione in Europa Orientale – ed è un fatto che non può essere ora approfondito – è la pretesa tedesca di dominare sugli slavi. Vienna e Berlino, poco oltre il confine dell’Europa Occidentale, si trovano già in un territorio che fu slavo all’inizio del Medio Evo; rappresentano il primo passo della Germania fuori dal suo territorio verso est, nei panni di conquistatrice”. [5]

Agli occhi della Gran Bretagna, mettere i russi e i tedeschi gli uni contro gli altri era fondamentale per impedire ai continentali di unificarsi.

Le radici del patto anglo-americano

I britannici e gli statunitensi stavano chiaramente cercando di indebolire sia la Germania sia la Russia zarista. È reso evidente dall’appoggio di Gran Bretagna e Stati Uniti al Giappone “quando essa [la Gran Bretagna] mantenne il proprio cerchio [navale] attorno alla guerra russo-giapponese”, nel 1904 fino al 1905. [6]

All’epoca della guerra russo-giapponese tra Stati Uniti e Gran Bretagna si era già formata l’alleanza anglo-americana, come osserva Mackinder:

“Questi fatti accaddero circa vent’anni fa [nel 1898] con tre grandi vittorie riportate dalla flotta britannica senza sparare un solo colpo di cannone. La prima fu a Manila [nelle Filippine], nell’Oceano Pacifico, quando uno squadrone tedesco minacciò di intervenire per proteggere uno squadrone spagnolo [nella guerra ispano-americana], che fu sconfitto da uno squadrone americano, e uno squadrone britannico fu al fianco degli americani”. [7]

Per citare Mackinder, “Questo fu dunque il primo passo verso la riconciliazione degli animi britannico e americano”. [8] Fu anche il momento storico in cui gli Stati Uniti divennero una delle principali potenze imperialiste.

Andrebbe anche osservato che secondo alcuni storici la guerra ispano-americana si sarebbe scatenata sulla base di un falso pretesto. Il governo degli Stati Uniti dichiarò guerra incolpando gli spagnoli di aver affondato la USS Maine a Cuba: di qui la frase che fu usata per raccogliere il consenso dell’opinione pubblica americana contro gli spagnoli, “Ricordate la Maine!”

La seconda guerra mondiale: mettere i sovietici contro i tedeschi

La strategia di mettere i principali attori eurasiatici uno contro l’altro continuò nella seconda guerra mondiale. La Germania, la Francia e l’Unione Sovietica furono messe le une contro le altre proprio come era successo con la Germania, la Russia zarista e l’Impero Ottomano prima della prima guerra mondiale.

Lo dimostra il fatto che la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra solo alla Germania mentre sia la Germania che l’URSS invasero la Polonia nel 1939. I Patti di Locarno e il Piano Hoare-Laval furono usati dal governo britannico per spingere i tedeschi a est, dove si sarebbero scontrati con i sovietici, neutralizzando la Francia e permettendo alla Germania di militarizzarsi, con il governo di Neville Chamberlain che promosse l’appeasement come mossa calcolata per liquidare qualsiasi stato tra la Germania e l’Unione Sovietica e creare un confine comune russo-tedesco. [9]

Sia l’Unione Sovietica che la Germania nazista erano consapevoli della politica anglo-americana. Entrambi i paesi firmarono prima della seconda guerra mondiale un patto di non-aggressione soprattutto per rispondere all’atteggiamento anglo-americano. Alla fine l’alleanza tra URSS e Germania si disgregò per la sfiducia reciproca. Oggi il governo statunitense sta impiegando le stesse strategie con la Russia, la Cina, l’Iran, l’India e altri attori eurasiatici.

Le radici della balcanizzazione strategica: prevenire l’unificazione dell’Eurasia

Mackinder stabilì che l’Heartland eurasiatico cominciava nell’Europa Orientale e alle frontiere della Germania. Proprio l’Europa Orientale poteva fare da punto d’appoggio per entrare nell’entroterra eurasiatico.

La maggiore paura di Londra, fino alla divisione dell’Austria-Ungheria e la creazione di una zona-cuscinetto tra i tedeschi e i russi con la nascita di vari nuovi stati dopo il 1918, era l’unificazione dei tedeschi e degli slavi in un un’unica entità eurasiatica.

La politica britannica di balcanizzazione era una sinergia tra politica coloniale, politica di potere, economia e osservazione storica.

La balcanizzazione strategica probabilmente giunse a maturazione quando l’Italia e la Germania divennero stati-nazione unificati e i britannici compresero i pericoli che potevano rappresentare stati europei forti e centralizzati. Ancora una volta fu l’economia la forza dominante. Prima di allora la balcanizzazione era stata usata a fini coloniali. Dopo la formazione, o meglio unificazione, della Germania e dell’Italia, la balcanizzazione divenne anche uno strumento per neutralizzare i potenziali rivali della Gran Bretagna.

Si dice che František Palacký, lo storico ceco, abbia affermato: “Se l’Austria [intendendo l’Impero asburgico o Austro-Ungarico] non esistesse, sarebbe necessario inventarla, nell’interesse dell’umanità”.
È un’affermazione importante, perché Palacký era uno slavo che difendeva l’Impero Austro-Ungarico sulla base delle sue caratteristiche multietniche. L’Impero asburgico era una sintesi regionale di tedeschi, ungheresi (magiari) e slavi. L’Impero Austro-Ungarico, come la Jugoslavia che sarebbe sorta dalle sue ceneri, era anche religiosamente composito. All’interno dei suoi confini vivevano cristiani, ebrei e musulmani, e nel 1912 l’Islam divenne religione di stato accanto alla religione cattolica. I britannici temevano che questo modello sotto la guida della potenza industriale tedesca potesse estendersi fino a comprendere Germania, Austria-Ungheria e Russia zarista, creando così una potente entità politica slavo-tedesca nell’Heartland eurasiatico. [10] La sintesi era già in atto, a comprendere anche l’Impero Ottomano, finché la prima guerra mondiale non la bloccò. Come è già stato detto, questo processo faceva parte di una fusione storica. Dal punto di vista di Londra l’Austria-Ungheria doveva essere smantellata per impedire qualsiasi processo di unificazione tra i continentali.
A tal fine furono usati e manipolati i movimenti nazionalisti separatisti. Alcuni leader cecoslovacchi, come Milan Rastislav Štefánik, combatterono per i francesi e i britannici durante la prima guerra mondiale. Andrebbe anche osservato che nel settembre del 1918 il governo degli Stati Uniti riconobbe la Cecoslovacchia prima ancora che fosse creata, e che l’Accordo di Pittsburgh, che apriva la strada alla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico e alla creazione della Cecoslovacchia, fu firmato in Pennsylvania con l’appoggio dei governi britannico e statunitense. Furono anche formate tre legioni “cecoslovacche” che combatterono contro la Germania e l’Impero asburgico al fianco della Gran Bretagna e della Francia nella prima guerra mondiale.

Ridisegnare l’Europa Orientale e il Medio Oriente: un modello per l’Iraq

Dai tempi della prima guerra mondiale si è fatto di tutto per alimentare l’instabilità, dal Kosovo nei Balcani alla provincia di Xinjiang che costituisce la frontiera occidentale della Cina. È un fatto importante dimostrato da eventi come la divisione dell’India o quella della Jugoslavia.

La giustificazione logica per la creazione di nuovi stati nell’Europa Orientale viene anch’essa spiegata da Mackinder:

“Le nazioni polacca e boema [ceca e slovacca] non potranno godere di una sicura indipendenza a meno che non si trovino all’apice di un ampio cuneo di indipendenza che si estenda dall’Adriatico e dal Mar Nero fino al Baltico; ma sette stati indipendenti, con più di sessanta milioni di abitanti complessivi, attraversati da ferrovie che li colleghino in modo sicuro tra loro, e con un accesso all’Oceano [Atlantico] attraverso i mari Adriatico, Nero e Baltico, controbilanceranno efficacemente i tedeschi di Prussia [intendendo la Germania] e d’Austria, e niente di meno basterà a quello scopo”. [11]

Benché la Boemia comprenda propriamente i cechi, in questo caso Mackinder la usa per intendere sia i cechi che gli slovacchi della Cecoslovacchia.

Nel 1914 i tedeschi si erano già assicurati una significativa avanzata nell’Impero Ottomano. Anche l’Impero Ottomano andava smantellato. Tuttavia, secondo gli strateghi britannici, erano la Russia e la Germania i due principali avversari a lungo termine. Per minare il processo di unificazione tra i tedeschi e i russi bisognava creare una zona di conflitto in Europa Orientale tra la Germania e la Russia.

Dopo la prima guerra mondiale, gli strateghi anglo-americani pianificarono che l’Unione Sovietica, sorta dalle ceneri della Russia zarista, avrebbe sostituito la Germania come principale attore eurasiatico. La creazione di una zona di conflitto attorno alla porzione occidentale dell’Unione Sovietica dal Baltico ai Balcani e al Golfo Persico divenne per i britannici un obiettivo strategico. È uno dei motivi per cui furono create così tante nazioni nell’Europa Orientale e in Medio Oriente dopo la prima guerra mondiale e ancora nell’Europa Orientale e nell’Asia Centrale dopo la guerra fredda.

Quando cominciarono a considerare la strategia globale in un’ottica olistica, gli strateghi anglo-americani adottarono il concetto di accerchiamento transcontinentale.

Il Rimland è l’idea di un’area geografica posizionata accanto o attorno all’Heartland eurasiatico. L’Europa Occidentale, l’Europa Centrale, il Medio Oriente, il subcontinente indiano, il Sud-Est asiatico e l’Estremo Oriente comprendono quest’area dall’Eurasia Occidentale a quella Orientale. Il Rimland di Nicholas Spykman contribuisce a fornire un contesto storico e obiettivo alle attuali zone di conflitto che circondano la Russia, la Cina e l’Iran a partire dai Balcani, dalle aree curde del Medio Oriente, dall’Iraq, dal Caucaso e passano per l’Afghanistan presidiato dalla NATO, il Kashmir, l’Indo-Cina, per finire nella penisola coreana. Le posizioni geografiche di queste aree la dicono lunga su quali siano i paesi o gli attori che subiscono l’attività di disturbo.

L’Iraq viene ridisegnato passo dopo passo, ma innanzitutto nel suo paesaggio politico e con un un sistema di federalismo morbido. Questa concezione olistica si sta rafforzando e i progetti di difesa missilistica in Europa e in Asia sono collegati a questo approccio, come lo è la politica del rischio calcolato di creare un’alleanza militare globale dominata dagli americani.

La tesi di Pirenne

Nel suo libro, Maometto e Carlo Magno, lo storico belga Henri Pirenne afferma che Carlo Magno e l’Impero Franco non sarebbero mai esistiti senza l’espansione araba nella regione del Mediterraneo. Henri Pirenne divenne noto per la tesi secondo la quale i barbari germanici, così come i franchi e i goti, ai quali gli storici tradizionalmente attribuivano il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, in realtà si fusero con l’Impero Romano e i modelli economici e istituzionali di Roma rimasero intatti. Pirenne sfidò l’interpretazione storica tradizionale secondo la quale i barbari germanici furono la ragione del declino di Roma.

Le basi della teoria di Pirenne sembrano giuste. Nella maggioranza dei casi i costumi e le istituzioni di Roma furono mantenuti dai regni germanici. Il fatto che i franchi, un popolo germanico, adottarono il latino (che nel tempo si trasformò nella lingua francese) o che la Chiesa romana conservò intatto il suo ruolo di importante istituzione della comunità confermerebbe le sue osservazioni e le sue tesi.
Il declino di Roma fu molto probabilmente causato dalla fine di un’economia basata in gran parte sull’espansione imperiale, lo schiavismo, l’eccessiva militarizzazione e la corruzione politica. Il declino dell’economia dell’Europa occidentale non avvenne perché gli arabi non volevano continuare a commerciare con l’Occidente, ma a causa del militarismo e del decentramento che lo accompagnò di pari passo; il risultato finale essendo il feudalesimo europeo. Oggi questo processo si sta ripetendo?
Secondo Pirenne era evidente che la struttura economica dell’Impero Romano, d’Occidente e d’Oriente (Bizantino), si incentrava sull’economia e il commercio del Mediterraneo. Roma si trasformò da entità politicamente centralizzata a una rete di regni e stati politicamente separati, ma la struttura economica basata sul Mediterraneo rimase intatta.

Pirenne teorizzò che il vero declino dell’entità di Roma fu causato dalla rapida espansione degli arabi. Il Levante, l’Egitto, varie isole del Mediterraneo, parti dell’Anatolia (Asia Minore), la Spagna, il Portogallo, la Libia, la Tunisia, l’Algeria e il Marocco, che erano tutte regioni mediterranee, furono incorporate all’interno del vasto regno cosmopolita arabo. Secondo Pirenne, la ragione del declino va cercata nell’interruzione da parte degli arabi dei legami tra le economie integrate dell’Europa Occidentale e del Mediterraneo. L’Europa Occidentale di fatto degenererà in una periferia economica marginalizzata.

Un altro fattore che andrebbe aggiunto alla teoria di Pirenne sul declino economico dell’Europa Occidentale dopo la caduta di Roma fu che la Roma d’Oriente (Bisanzio) deviò i propri traffici dall’Europa Occidentale, o li ridusse, a causa delle realtà economiche derivanti dall’espansione araba nel Mediterraneo. La dissoluzione dei legami economici tra Europa Occidentale e Bisanzio fu dovuta anche alle differenze e ai conflitti tra la Chiesa cristiana d’Occidente e la Chiesa cristiana d’Oriente. C’era animosità anche tra le autorità di Costantinopoli e quelle dell’Europa Occidentale, e anch’essa influenzò i legami economici. Queste tensioni in molti casi avevano semplicemente un’origine economica.

La tesi di Pirenne afferma che l’Europa Occidentale si trasformò in una serie di economie a base rurale, cosa che diede gradualmente origine al feudalesimo, a causa dell’espansione araba. Le materie prime venivano esportate e le importazioni diminuirono, mentre prima l’Europa Occidentale aveva importato prodotti e risorse come i metalli preziosi e il papiro egiziano. Questo accadde perché l’economia dell’Europa Occidentale era tagliata fuori dal resto del mondo. I viaggi di scoperta degli europei che furono compiuti in seguito possono anch’essi essere ricondotti a questa fase, come mezzi per invertire la tendenza.

Gli eurasiatici passano all’attacco: la nuova strada della seta

Oggi in tutta l’Eurasia c’è un nuovo impulso verso l’integrazione e la cooperazione socio-politica ed economica. La Strada della Seta sta rinascendo. L’Iran, la Russia e la Cina sono le forze più importanti di questo progetto. Anche il Kazakistan ha un ruolo molto importante. Reti ferroviarie, corridoi di comunicazione, reti elettriche e varie forme di infrastrutture sono in fase di sviluppo, connessione e costruzione nell’ottica di integrare l’Eurasia.
L’Asia Centrale è destinata a diventare l’asse mediano e il fulcro di una serie di corridoi nord-sud ed ovest-est. Un triangolo strategico tra Russia, Iran e Cina delimiterà una zona di commercio eurasiatica che potrà attirare nella propria orbita l’Africa e zone d’Europa. L’America Latina ha già previsto questo cambiamento e si prepara a dirottare parte dei suoi scambi commerciali dagli Stati Uniti e dall’Europa verso quest’area.

La Cina è un centro globale della forza lavoro mentre la Russia, l’Iran e l’Asia Centrale dispongono del 15% delle riserve mondiali di petrolio e del 50% delle riserve mondiali di gas naturale. La Shanghai Cooperation Organization (SCO) conta la metà della popolazione stimata del pianeta. Queste aree dispongono inoltre di vasti e importanti mercati.

L’Eurasia si sta compattando in un’ondata di integrazione regionale e di traffici commerciali. La Russia e il Kazakistan hanno anche avanzato la proposta di formare un’Unione Eurasiatica. L’unione doganale tra Russia, Belorussia e Kazakistan è un passo verso l’Unione Eurasiatica. L’Iran ha anche proposto la formazione di una cosiddetta Unione Islamica tra le nazioni abitate da popolazioni musulmane.

Tutto ciò è di fatto una reintroduzione della tesi di Pirenne in un contesto moderno. In questa seconda fase del ciclo di Pirenne sono le economie dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti, che dipendono dal commercio, ad assumere il ruolo della periferia eurasiatica e dei regni marittimi che corrono il rischio di essere marginalizzati come lo fu la Roma d’Occidente durante l’espansione araba nel Mediterraneo. Gli eurasiatici stanno passando all’attacco; capiscono che non sono loro ad aver bisogno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, ma che è l’esatto contrario.

Un’Unione Mediterranea e un’Unione Islamica: l’Occidente contro l’Heartland eurasiatico

Riflettendo sulla tesi di Pirenne, è anche non storicamente ironico che l’Unione Europea stia spingendo per la creazione di un’Unione Mediterranea, che unirebbe economicamente le nazioni del Mediterraneo e dell’Unione Europea con Israele e Turchia in ruoli chiave. È una risposta occidentale alla crescente forza e coesione dell’Heartland eurasiatico formato da Russia, Iran e Cina.

Per contrastare questa tendenza la Russia, la Cina e l’Iran hanno cominciato a corteggiare le nazioni del Mediterraneo. Dopo il viaggio di Nicholas Sarkozy in Algeria, durante una serie di visite tese a promuovere la creazione di un’Unione Mediterranea, una delegazione iraniana guidata da Mahmoud Ahmadinejad ha presentato una contro-proposta per la creazione di un blocco alternativo; che è quello che gli iraniani hanno chiamato Unione Islamica.

L’Unione Islamica è essenzialmente un progetto economico rivale dell’Unione Mediterranea nelle terre mediterranee del Nord Africa e del Medio Oriente, più che l’istituzionalizzazione dell’Islam in questi stati. Indubbiamente la proposta iraniana deve godere del supporto ufficioso di Mosca. È più che probabile che l’Unione Islamica sarà legata in qualche forma all’Unione Eurasiatica proposta da Russia e Kazakistan. Questi blocchi regionali possono sovrapporsi e paesi come l’Iran possono ipoteticamente appartenere all’Unione Eurasiatica e a quella Islamica, come la Francia e l’Italia potrebbero far parte contemporaneamente dell’UE e dell’Unione Mediterranea. Tutto ciò fa parte anche della politica del rischio calcolato di trasformare varie regioni in entità sovranazionali e infine in entità super-nazionali che si unificherebbero con entità simili.

Il conflitto arabo-israeliano e il cosiddetto processo di pace in Medio Oriente, che essenzialmente include l’iniziativa di pace araba proposta dall’Arabia Saudita nel 2002, sono connessi con il progetto economico congiunto USA-UE che è l’Unione Mediterranea, che vedrà l’integrazione delle economie del mondo arabo con quella di Israele in una rete di relazioni economiche regionalizzate che alla fine unificheranno le economie d’Europa, Israele, Turchia e mondo arabo. Il progetto dell’Unione Mediterranea fu stilato anni prima della fine della guerra fredda e della disintegrazione dell’Unione Sovietica. I profondi legami tra Turchia e Israele sono stati un passo preparatorio verso la creazione di questa Unione Mediterranea con la partecipazione e il pieno coinvolgimento di Israele come uno dei suoi pilastri.

La concezione dei blocchi e la regionalizzazione: scontro orwelliano tra Oceania ed Eurasia?

Gli attori dell’Heartland eurasiatico capiscono quello che sta succedendo. Inoltre la Francia e la Germania, come l’India, vengono corteggiate dagli attori dell’Heartland eurasiatico che le incoraggiano a svincolarsi dall’asse anglo-americano. Questo probabilmente spiega perché l’euro non sia preso di mira sui mercati valutari internazionali da Iran, Russia, Venezuela e Cina come lo è il dollaro americano. O è perché l’America per questi paesi è una minaccia immediata?

Gli eurasiatici stanno lentamente saggiando il controllo dei centri finanziari occidentali sulle transazioni globali. La creazione del petro-rublo in Russia e nelle repubbliche dell’ex-URSS e l’istituzione sull’Isola di Kish di una borsa petrolifera iraniana fanno parte di questa tendenza.

In ogni caso, sembra che sia troppo tardi per porre fine all’intesa tra le parti franco-tedesca e anglo-americana. Gli interessi franco-tedeschi paiono ormai indissolubili da quelli anglo-americani. È stato raggiunto un accordo per fondere in futuro, dal punto di vista dei sistemi di scambio, le economie dell’UE e del Nord America nell’interesse di Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Germania. [12] Questo accordo consentirà anche alle quattro principali potenze del cosiddetto mondo occidentale di sfidare l’Heartland eurasiatico in fase di fusione in un singolo potente blocco o attore geopolitico.

Ogniqualvolta nell’Heartland eurasiatico è emersa una potenza dominante si sono storicamente combattute guerre – è bastato il timore di una tale ipotesi perché si scatenasse un conflitto – per impedirne l’ascesa. Queste diverse fasi di regionalismo e di fusioni regionalizzate indicano diverse cose, ma in senso orwelliano possono significare che l’Oceania e l’Eurasia si stanno preparando a sfidarsi. [13]

Versione originale:

Mahdi Darius Nazemroaya

Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=7064
3.12.07

Versione italiana:

Fonte: http://mirumir.altervista.org/
Link: http://mirumir.altervista.org/2007/12/il-grande-gioco-leurasia-e-la-storia.html
14.12.07

NOTE

Questo articolo è una continuazione di L’alleanza sino-russa: una sfida alle ambizioni americane in Eurasia e accenna al concetto dell’Unione Mediterranea che sarà trattato in un articolo successivo.

[1] Halford John Mackinder, Cap. 3 (The Seaman’s Point of View), in Democratic Ideals and Reality (London, U.K.: Constables and Company Ltd., 1919), p.91.

[2] Ibid., Cap. 4 (The Landman’s Point of View), p.121.

Note: Qusto capitolo di Democratic Ideals and Reality si basa su un saggio, Man-power as a Measure of National and Imperial Strength, che Mackinder scrisse per la National Review (UK) nel 1905. Va anche notato che Mackinder e altri ambienti londinesi consideravano le grandi popolazioni della Germania, dell’Austria-Ungheria e della Russia zarista delle minacce da contrastare. Se si leggono le opere complete di Mackinder si giungerà alla conclusione che propendeva per una sorta di darwinismo sociale tra le nazioni e vedeva l’idealismo democratico come qualcosa che andrebbe accantonato per preservare l’ordine imperiale britannico. Mackinder giunge a dire che il commercio britannico si basava sull’uso dei cannoni e della forza (Cap. 5, pp.187-188).

[3] Ibid., p.142.

[4] Lonnie R. Johnson, Central Europe: Enemies, Neighbors, Friends, 2nd ed. (Oxford, U.K.: Oxford University Press, 2002), pp. 37-42.

[5] Mackinder, Democratic Ideals, Op. cit., Cap. 5 (The Rivalry of Empires), pp.160-161.

[6] Ibid., Cap. 3, p.78.

[7] Ibid., pp.77-78.

[8] Ibid., p.78.

[9] Carroll Quigley, The Anglo-American Establishment: From Rhodes to Cliveden (San Pedro, California: GSG & Associates Publishers, 1981), pp. 233-235, 237-248, 253, 264-281, 285-302.

“… dal 1920 al 1938 [gli obiettivi furono] gli stessi: mantenere l’equilibrio del potere in Europa mettendo la Germania contro la Francia e [l’Unione Sovietica]; accrescere il peso della Gran Bretagna in quell’equilibrio allineando al suo fianco i Domini [per esempio, l’Australia e il Canada] e gli Stati Uniti; respingere qualsiasi coinvolgimento (specie attraverso la Lega delle Nazioni, e soprattutto in aiuto della Francia) oltre a quelli esistenti nel 1919; mantenere la libertà d’azione britannica; spingere la Germania verso est contro [l’Unione Sovietica] se una delle due potenze (o entrambe) diviene una minaccia per la pace [intendendo probabilmente il potere economico] dell’Europa Occidentale (p.240)”

“… gli accordi di Locarno prevedevano una garanzia collettiva delle frontiere francese e belga con la Germania e furono firmati dai tre paesi più la Gran Bretagna e l’Italia nel ruolo di potenze garanti. In realtà il patto non concedeva nulla alla Francia, mentre dava alla Gran Bretagna il veto sull’adempimento francese delle alleanze con la Polonia e la Piccola Intesa. I francesi accettarono questi documenti ingannevoli per ragioni di politica interna (…) Questa trappola [gli accordi di Locarno] era costituita da vari fattori interconnessi. In primo luogo, gli accordi non garantivano la frontiera tedesca e la smilitarizzazione della Renania contro azioni tedesche, ma contro le azioni di Germania o Francia. Ciò, in un colpo solo, dava alla Gran Bretagna il diritto di opporsi a qualsiasi azione francese contro la Germania a supporto dei suoi alleati a est della Germania. Significava che se la Germania si muoveva verso est contro la Cecoslovacchia, la Polonia e infine [l’Unione Sovietica], e se la Francia attaccava la frontiera occidentale della Germania in appoggio alla Cecoslovacchia e alla Polonia, com’era tenuta a fare in base alle sue alleanze, la Gran Bretagna, il Belgio e l’Italia potevano essere costrette dagli accordi di Locarno ad andare in aiuto della Germania (p.264).”

“L’evento del marzo del 1936, cioè la rimilitarizzazione della Renania da parte di Hitler, fu l’evento più significativo di tutta la storia dell’appeasement. Finché i territori a ovest del Reno e una striscia larga cinquanta chilometri sulla sponda orientale del fiume fossero rimasti smilitarizzati, come previsto dal Trattato di Versailles e dagli Accordi di Locarno, Hitler non avrebbe mai osato attaccare Austria, Cecoslovacchia e Polonia. Non avrebbe osato perché, con la Germania indifesa e priva di soldati, la Francia avrebbe potuto facilmente entrare nell’area industriale della Ruhr paralizzando la Germania e impedendole di andare verso est. E già allora [1936], certi membri del Milner Group e del governo conservatore britannico avevano già elaborato la fantastica idea di poter prendere due piccioni con una fava mettendo la Germania e [l’Unione Sovietica] l’una contro l’altra. Pensavano così che due nemici si sarebbero tenuti reciprocamente in scacco, o che la Germania si sarebbe accontentata del petrolio della Romania e del grano dell’Ucraina. A nessuno di coloro che occupavano posizioni di responsabilità venne mai in mente che la Germania e [l’Unione Sovietica] potessero fare fronte comune, anche solo temporaneamente, contro l’Occidente. Tanto meno capitò loro di pensare che [l’Unione Sovietica] potesse battere la Germania e aprire tutta l’Europa Centrale al bolscevismo (p.265).”

“Per mettere in atto il piano di permettere alla Germania di andare a est contro [l’Unione Sovietica], era necessario fare tre cose: (1) liquidare tutti i paesi che stavano tra la Germania e la Russia; (2) impedire alla Francia di onorare le sue alleanze con questi paesi [cioè la Cecoslovacchia e la Polonia]; e (3) ingannare il popolo [britannico] per far sì che accettasse tutto questo come una necessaria, anzi l’unica, soluzione al problema internazionale. Il gruppo Chamberlain riuscì così bene in tutte e tre le cose che fu sul punto di aver successo, e fallì solo per l’ostinazione dei Polacchi, la fretta indecente di Hitler, e il fatto che all’ultimo momento il Milner Group si rese conto delle implicazioni [geo-strategiche] della sua politica e tentò un’inversione di rotta (p.266).”

“Quattro giorni dopo, Hitler annunciò il riarmo della Germania, e dopo altri dieci giorni la Gran Bretagna condonò l’azione mandando Sir John Simon in visita di stato a Berlino. Quando la Francia tentò di controbilanciare il riarmo della Germania portando l’Unione Sovietica nel suo sistema di alleanze orientali nel maggio del 1935, i britannici risposero formando l’Accordo Navale anglo-tedesco del 18 giugno 1935. Questo accordo, concluso da Simon, permetteva alla Germania di possedere una flotta purché limitata al 35% di quella britannica (e fino al 100% nel caso dei sottomarini). Per la Francia fu una mortale pugnalata alle spalle, perché dava alla Germania una marina notevolmente più grande di quella francese nelle categorie importanti (navi da guerra e portaerei), perché la Francia per trattato doveva attenersi al limite del 33%; e la Francia aveva anche un impero mondiale da proteggere e la marina italiana nemica nel Mediterraneo. Questo accordo mise la flotta francese in Atlantico talmente in balia della marina tedesca che la Francia dovette dipendere completamente dalla flotta britannica per avere protezione in quest’area (pp.269-270)”.

“La liquidazione dei paesi tra la Germania e [l’Unione Sovietica] poté cominciare non appena la Renania fu rimilitarizzata, senza che la Germania dovesse temere che la Francia fosse in grado di attaccarla a ovest mentre era impegnata a est (p.272)”.

“I paesi destinati a essere liquidati comprendevano l’Austria, la Cecoslovacchia e la Polonia, ma non la Grecia e la Turchia, poiché il Gruppo [Milner] non aveva alcuna intenzione di permettere alla Germania di scendere verso la vitale linea del Mediterraneo. Anzi, lo scopo del Piano Hoare-Laval del 1935, che distrusse il sistema di sicurezza collettiva cercando di cedere gran parte dell’Etiopia all’Italia, era quello di fare concessioni all’Italia e posizionarla al fianco della [Gran Bretagna], per bloccare il movimento a sud della Germania invece che a est [verso l’Unione Sovietica] (p.273).”

[10] Mackinder, Democratic Ideals, Op. cit., Cap. 5, pp.160-168.

[11] Ibid., Cap. 6 (The Freedom of Nations), pp. 214-215.

[12] US and EU agree ‘single market,’ British Broadcasting Corporation (BBC), 30 Aprile 2007.

[13] Questa ultima affermazione andrebbe letta criticamente e il livello di cooperazione tra entrambe le parti dovrebbe essere attentamente esaminato.

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