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La Redazione

 

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IL GLADIATORO

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A cura di Davide
Il 16 Agosto 2011
26 Views

FONTE: FREEANIMALS (BLOG)

Ne è morto un altro!

Non sto parlando dei cavalli massacrati a Siena, ma di uno dei quasi sette miliardi di scimmioni assassini che impestano questo pianeta.

www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=159603&sez=MONDO#IDX

Il fatto che ad essere smembrato, trafitto o fatto a pezzi è un altro e non noi stessi. C’è un’inconscia identificazione con l’ucciso e subito dopo averlo visto morire subentra la tranquillizzante consapevolezza che è toccato a lui e non a noi.Il plebeo che andava al Colosseo duemila anni fa a veder sbranare i cristiani, lo sportivo che assiste a un incontro di box e l’aficionado che va regolarmente a veder uccidere i tori, hanno in comune la consapevolezza subliminale che il cristiano sbranato, il pugile massacrato di pugni e il toro trafitto da una spada sono nostri fratelli o in qualche altro modo imparentati con noi. Succede a loro, di essere assassinati, e non a noi. E questo è l’importante. Questo solo fatto ci esalta e ci fa sentire migliori di loro, se non altro perché il Destino, Dio, le autorità secolari o gli organizzatori di eventi sportivi hanno messo loro e non noi a quel posto.

La stessa cosa succede in guerra: a morire è il commilitone che corre all’assalto al nostro fianco. E’ lui che cade a terra e noi siamo ancora vivi. Ancora per un po’. E’ la gioia del sopravvissuto.

Nei periodi di pace, in una confusa comprensione degli eventi della vita, lo spettatore percepisce un miscuglio di motivazioni, frammiste a giustificazioni e luoghi comuni, che gli permettono di sentirsi in qualche modo diverso dalla vittima, di sentire la giustezza del tutto e di credere che se ciò a cui assiste accade è per motivi di ordine superiore. Così ragionando, spesso ci si appella a Iddio Onnipotente, il quale approva la corrida, gli spettacoli del Colosseo e tutte le altre manifestazioni in cui vi è una vittima e un carnefice, a prescindere che vi sia accettazione consapevole da entrambe le parti o solo da una di esse.

Organi che cessano di funzionare, sangue che fuoriesce dagli appositi tubicini, brandelli di pelle e pezzetti d’osso che vengono sparpagliati all’intorno hanno in sé un fascino tutto particolare, perché rappresentano una visione non comune, non ordinaria e un fenomeno difficilmente concretizzabile nella vita di tutti i giorni.

Poiché a scuola ci è stato fatto capire che è meglio darle che riceverle, a dispetto delle ore di catechismo in cui le maestre ci parlavano di un predicatore pazzo che insegnava a porgere l’altra guancia, abbiamo interiorizzato la convinzione che è altamente preferibile un modus operandi da carnefice che non da vittima. Vista la fine che hanno fatto fare a quel nazareno pazzo, sbattutaci in faccia appena entravamo in classe, lì in alto, sulla parete dell’aula, mai e poi mai avremmo potuto prendere in considerazione l’idea di schierarci dalla parte delle vittime, perché schierarsi da quella dei carnefici è tutto di guadagnato, mentre porsi dalla parte delle vittime c’è solo da perdere.

Anche in seconda battuta, una volta usciti dal tritacarne scolastico, infiorato d’ipocrisia e belle intenzioni, ed entrati in contatto con insegnamenti non convenzionali per eruditi e gente di Sinistra, in cui figura non secondaria è quel Gandhi propugnatore di Non Violenza, il risultato non cambiava. Restavamo convinti che a fare esattamente ciò che Gesù e il santone indiano insegnavano c’è da restarci secchi al primo tentativo. Meglio seguire la strada maestra, quella che ci hanno subliminalmente insegnato le maestre. Meglio far finta di essere buoni, ingannandoci sulla nostra indole e carattere e, nella pratica, seguire la corrente materialista e feroce del quieto vivere. Meglio dedicare saltuariamente brevi pensieri purificatori alla nostra immacolata identità cristiana e/o gandiana e, nei fatti, abbuffarci di carne, accaparrarci risorse, votare politici truffaldini, respingere extracomunitari, negare aiuto ai bisognosi, voltarsi dall’altra parte quando in autostrada ci sorpassa il camion bestiame e quando la tivù ci propina immagini di bambini africani denutriti.

Molto più rassicurante andare a farci prendere in giro una volta la settimana, la domenica, in chiesa, tanto per non dimenticarci di quando, a farci prendere in giro, andavamo ogni giorno feriale, da bambini, in quelle aule con il Gesù crocifisso. Non bisogna perdere le care vecchie consuetudini. La comodità della nostra vita di schiavi ipocriti e complici, ci permette anche di dedicarci a passatempi immorali, come andare a pesca o a caccia. Di indossare pellicce rubate agli animali e di portare i nostri bambini al circo.

Vi sono innocenti scappatoie alla nostra ferocia mai sopita. Valvole di sfogo. Partire volontario ben pagato in guerra, assistere alle corride o, se capita, ai combattimenti fra cani. Svolgere un lavoro in cui si sperimenti su cavie. Sistemare esche derattizzanti nelle strade secondarie. Dare i nostri soldi alle industrie farmaceutiche. Usare mezzi inquinanti per la deambulazione. Perfino spargere insetticidi nei campi per aumentare il raccolto: tutti piccoli gesti di deliberata volontà che, come specie, ci qualificano come virus aggressivi e letali, formiche pazze che distruggono il loro stesso formicaio, adepti della setta della dea Kalì la Distruggitrice, vittime e carnefici indistinguibili, pazzi suicidi votati alla morte nostra e altrui, in una sconsiderata messinscena del più assurdo “cupio dissolvi” che si sia mai visto nell’intero universo.

Consci di questa nostra incapacità di vivere, preferiamo inebriarci, ubriacarci, drogarci, dedicarci agli sport estremi e affrontare i pericoli. Consci della nostra incapacità di vivere, preferiamo morire in mille modi.

Morire da stupidi. Incornati dalla vittima predestinata.

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Il toro Raton

Non so, però, chi è più stolto. Se l’ubriaco che ha affrontato Raton, il Toro o i padroni di quest’ultimo che si guarderanno bene dal toglierlo dalle arene, dopo che ha già ucciso, con quest’ultimo idiota, tre uomini.

E’ chiaro che un toro così, che ha capito che i suoi aguzzini possono morire come tutti i viventi, è diventato ancora più prezioso, perché ancora più gente andrà a vedere le corride in cui c’è lui. Il toro “assassino”. L’ammazza-uomini. Il fenomeno. Il gladiatore moderno.

Per quanto ancora dovremo assistere a questa indecenza?

Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.com
Link: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.com/2011/08/il-gladiatoro.html
15.08.2011

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