ROMA – Il crocifisso non può essere esposto nelle aule scolastiche perché le norme che lo prevedevano sono da ritenersi abrogate dopo l’entrata in vigore della legge di revisione dei Patti Lateranensi, che ha cancellato il principio della religione cattolica come religione di Stato. E’ questo il presupposto sul quale il giudice del Tribunale dell’ Aquila, Mario Montanaro – accogliendo il ricorso proposto da Adel Smith e dopo aver sentito il parere del Ministero dell’ Istruzione (che si è costituito nel giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato) – ha ordinato, con provvedimento urgente, di rimuovere il crocifisso esposto nelle aule della scuola materna ed elementare di Ofena (L’Aquila), frequentata dai figli di Smith.GIUSTIFICAZIONI ANACRONISTICHE E GIURIDICAMENTE IRRILEVANTI – «Le giustificazioni addotte per ritenere non in contrasto con la libertà di religione l’esposizione del crocifisso nelle scuole (e negli uffici pubblici ), così come di ogni altra forma di confessionalismo statale – dice Montanaro, nel motivare la sua ordinanza – sono divenute ormai giuridicamente inconsistenti, storicamente e socialmente anacronistiche, addirittura contrapposte alla trasformazione culturale dell’ Italia e, soprattutto ai principi costituzionali che impongono il rispetto per le convinzioni degli altri e la neutralità delle strutture pubbliche di fronte ai contenuti ideologici».
IL QUADRO NORMATIVO: NESSUNA LEGGE, SOLO REGOLAMENTI – Il giudice spiega che, secondo il Ministero dell’Istruzione, l’esposizione del Crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche sarebbe prescritta dall’art. 18 del Regio Decreto 30 aprile 1924, n. 965, relativo all’ordinamento interno degli istituti di istruzione media, e dall’ art. 19 del Regio Decreto 26 aprile 1928 n. 1297 per le scuole elementari. Il magistrato subito rileva che, dunque, «nessuna disposizione prescrive l’affissione del crocifisso nelle aule delle scuole materne». Le disposizioni, dunque, che prevedono che il simbolo della croce debba far parte dell’ arredamento delle aule scolastiche – osserva il giudice – non sono norme di legge.
I DUBBI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Rispetto ad esse, la stessa pubblica amministrazione – rileva il magistrato – si è più volte interrogata per valutare se siano tuttora vigenti, in particolare dopo l’ entrata in vigore della legge del 1995 che ha sancito gli accordi tra Italia e Santa Sede sulle modifiche al Concordato (stipulati sul finire del 1984). Il magistrato prende atto, sul punto, del parere espresso dal Consiglio di Stato, il quale ha affermato che le norme che prevedono l’ affissione del crocifisso non sono in contrasto con il nuovo quadro normativo concordatario, ma, facendo una valutazione storica delle norme regolamentari che prevedono l’esposizione della croce, giunge a conclusioni diverse.
NORME REGOLAMENTARI DEVONO INTENDERSI ABROGATE – Le norme regolamentari citate dal Ministero – rileva – sono di esecuzione di una legge, la cosiddetta legge Casati, del 1859: «legge che, per quanto laica si voglia ritenere – scrive il magistrato – appartiene comunque ad un sistema costituzionale, quale quello disegnato dallo statuto Albertino, che all’art. 1 sanciva che la religione cattolica era la sola religione di Stato». L’esplicita abrogazione del principio della religione cattolica come religione dello stato italiano, indicata nel protocollo addizionale di modifica dei Patti Lateranensi, «ha sicuramente introdotto – secondo il giudice Montanaro – un nuovo assetto normativo che si pone in contrasto insanabile con la disciplina (scolastica e non) che impone l’esposizione del Crocifisso». Secondo il giudice, caduto il principio della religione cattolica quale religione di Stato, deve ritenersi abrogata la legge Casati e, di conseguenza, abrogate anche tutte le norme regolamentari che discendono da quella legge, comprese quelle sull’esposizione della Croce.
CATTOLICESIMO PATRIMONIO DEL POPOLO ITALIANO – Né il magistrato concorda sull’opinione secondo la quale quei regolamenti sarebbero ancora in vigore in base al fatto che l’articolo 9 dell’accordo di revisione del Concordato, che prevede l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e riconosce che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano». Al riguardo il giudice cita la sentenza n. 438 del 2000 della Corte di Cassazione, la quale dice che quel passaggio dell’accordo di revisione concordataria «è privo di valenza generale, perché non è un principio fondamentale dei nuovi accordi, ma è funzionale solo all’ assicurazione dell’ insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche»: non obbligatorio, ma facoltativo.
NO AL CROCIFISSO IN AULA NEPPURE SE LO SI VUOLE – Il magistrato non ritiene possibile neppure che il crocifisso resti in aula se sono favorevoli tutti gli alunni e i loro genitori: «proprio perché – spiega – è in questione non solo la libertà di religione degli alunni, ma anche la neutralità di un’ istituzione pubblica, non è possibile prospettare una realizzazione del principio di laicità dello Stato, e quindi della libertà di religione dei consociati ’a richiesta’, ma piuttosto deve essere connaturato all’ operare stesso dell’ amministrazione pubblica». A ciò si aggiunga – scrive ancora il magistrato – che ritenere che il crocifisso sia solo un simbolo passivo, oltre a svilire la forte valenza religiosa per la fede cristiana di tale simbolo, costituisce una forzatura».
AULE SENZA CROCE E’ RISPETTO PER ALTRE RELIGIONI – In particolare nell’ ambito scolastico – scrive il giudice Mario Montanaro – la presenza del simbolo della croce «induce nell’ alunno una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede», perché manifesta l’«inequivoca volontà – dello Stato, trattandosi di scuola pubblica – di privilegiare il culto cattolico, «senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano».
NO ANCHE AI SIMBOLI DI ALTRE RELIGIONI – Allo stesso modo – rileva il giudice – «parimenti lesiva della libertà di religione sarebbe l’esposizione nelle aule scolastiche di simboli di altre religioni. L’imparzialità dell’istituzione scolastica pubblica di fronte al fenomeno religioso deve realizzarsi attraverso la mancata esposizione di simboli religiosi, piuttosto che attraverso l’affissione di una pluralità, che peraltro non potrebbe, in concreto, essere tendenzialmente esaustiva e, comunque, finirebbe per ledere la libertà religiosa negativa di coloro che non hanno alcun credo».
di Enzo Quaratino
su http://www.gdmland.it/gnotizia.asp?ID_NOTIZIA=109024
(29/10/03)