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La Redazione

 

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IL GARANTISMO A DUE VELOCITA’ DEI POLITICI E DEGLI UOMINI DI STRADA

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A cura di Davide
Il 20 Agosto 2007
28 Views

DI MASSIMO FINI
Il gazzettino

Una serie di episodi succedutisi un dietro l’altro nei giorni scorsi (il camionista ubriaco accusato di aver travolto e ucciso una sedicenne lasciato a piede libero, il presunto piromane arrestato e poi rilasciato – ma successivamente riarrestato – l’assassino della ragazza di Genova che era sotto inchiesta per un precedente omicidio) ha fatto scrivere a qualcuno che «l’Italia è il Paese dei presunti innocenti». È vero. Ma con qualche precisazione.

Una lunghissima presunzione di innocenza fino a condanna definitiva e anche oltre (si vedano i casi Sofri e Previti) vale per i personaggi “eccellenti” (si ricorderà la campagna contro la custodia cautelare, le “manette facili” e per lo “stato di diritto” seguito ai due primi anni di Mani Pulite), per gli uomini della strada prevale invece, almeno per l’opinione pubblica, i giornali, il mondo politico, una sorta di “presunzione di colpevolezza”, per cui li si vuole “in galera subito”, le manette non sono più “facili” e lo “stato di diritto” diventa uno sgradevole impiccio.

Ma le leggi sono, e devono essere, uguali per tutti e il magistrato, nell’applicarle, non può fare distinzioni fra i “very normal people” e gli imputati “eccellenti”. E le leggi le fanno il Parlamento e il Governo, cioè gli uomini politici che in questi anni, in un micidiale combinato disposto fra la necessità della destra di mettere al riparo dalla giustizia certi suoi illustri esponenti e lo storico “buonismo” della sinistra, hanno inzeppato il Codice di procedura penale di leggi dette “garantiste”, quasi sempre di carattere puramente formale, tali da rendere difficilissimo, oltre che arrivare a sentenze definitive, applicare la custodia cautelare ad indagati che sono, per definizione, “presunti innocenti”.

Ma quando un uomo della strada commette qualche fattaccio, o è sospettato di averlo commesso, e a causa di quelle leggi “garantiste” non lo si può restringere in carcere, i primi ad indignarsi e a scagliarsi contro i magistrati sono proprio gli uomini politici che quelle leggi han varato. Le loro capacità di strumentalizzazione e la loro sfacciataggine non conoscono limiti.

La forzista Isabella Bertolini ha dichiarato: «Voglio che lo Stato difenda i cittadini e mandi i criminali in galera e, soprattutto, ce li tenga». Si è dimenticata che il suo compagno di partito Cesare Previti, condannato in via definitiva, dopo un processo durato una vita, a sei anni e mezzo di reclusione per un reato gravissimo e, in un altro processo a un anno e mezzo, ha fatto in tutto, difeso compattamente da Forza Italia, un solo giorno di prigione e ancora si atteggia a vittima.

La questione della custodia cautelare è delicatissima perché vede contrapposti due diritti ugualmente fondamentali: quelli alla libertà e alla sicurezza dei cittadini. Ma è strettamente legato, come scrivo da 35 anni, al problema dei problemi della giustizia italiana: l’abnorme durata dei procedimenti. In Gran Bretagna, se c’è un imputato detenuto, le istruttorie durano mediamente da 28 a 32 giorni a seconda della diversa composizione del Giurì, cioè della gravità del reato.

Ora, farsi un mese di custodia cautelare, se poi al dibattimento, che segue subito dopo, si risulta innocenti, è un brutto incidente di percorso, ma lo si può superare. Fare due, tre, sei, nove anni di custodia cautelare, com’è possibile in Italia, è la distruzione di una vita.

Il nostro processo ha, storicamente, un iter bizantino ulteriormente aggravato, e di molto, dalle leggi “garantiste” varate dal 1994 in poi. I nostri parlamentari facciano uno stage a Londra per vedere come si fa, invece di scandalizzarsi, quando fa loro comodo, per li esiti perversi delle leggi che essi stessi hanno fatto.

Massimo Fini
Fonte: www.massimofini.it/
Uscito su “Il gazzettino” il 17/08/2007

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