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DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek

E’ l’ora delle distanze, delle fughe e degli insulti, come giustamente racconta Dacia.

Qualche amico sottolinea come questi arresti siano avvenuti in prossimità della manifestazione a Vicenza.

E’ vero, ma questo implica un modo di ragionare che è scivoloso.

Prima o poi la polizia doveva intervenire, e se non fosse stato adesso, sarebbe stato vicino a qualche altra data, carica come tutte di notizie uniche e drammatiche.

Soprattutto, però, l’avvenimento non è l’intervento della polizia, ma il fatto che hanno scoperto un’organizzazione armata piuttosto consistente.
Non mi sembra giusto offendere la dignità di chi è stato arrestato, e che si è dichiarato prigioniero politico e non vittima di un errore giudiziario.

Credo che ci fosse la seria volontà di mettere in piedi un’organizzazione militare.

Sottolineare la data, o le strumentalizzazioni mediatiche e tutto il resto, è come dire che da una parte ci sono i burattinai che fanno tutto, e dall’altra ci sono solo delle Vittime e dei Vittimi di quei burattinai.

Al di là delle obiezioni tecniche che si possono muovere ai singoli complottismi, questa è, secondo me, l’obiezione morale fondamentale al complottismo in generale.

Cosa ne penso dei recenti arresti?

Rispetto il coraggio, la decisione e anche l’umiltà di chi sceglie la lotta armata contro questo sistema.

L’apparato statale impone con la forza, o se preferite con la violenza, le decisioni prese in condizioni di monopolio da parte del Bipartito, cioè da un complesso di lobby, strutture e interessi nazionali e internazionali, che non sono affatto il demos, anche quando queste decisioni piacciono, o vengono fattte piacere, al popolo.

Oggi non esiste alcun divieto a parlare male di tali decisioni. Alcune decisioni minori si possono anche cambiare, organizzandosi molto bene. Ma le grandi decisioni non si possono toccare.

Lo abbiamo visto in modo chiarissimo con il caso della base di Vicenza, che si farà, qualunque opposizione possa suscitare. E se i comitati dei cittadini vicentini riusciranno a far mettere qualche siepe verde davanti alla base, o a insonorizzarla un po’, sarà solo per rendere più agevole il lavoro bellico.

In altre parole, ci danno il diritto illimitato di chiacchiera, come quello di cui godo su questo blog, privandoci del diritto di partecipazione.

Il demos può parlare, ma non può esercitare il potere, la krateia o crazia. E quando si lamenta, al demos viene detto, “vedi, nessuno ti impedisce di lamentarti”.

L’esproprio del potere e l’abolizione della democrazia, garantiti dal meccanismo impossibile da spezzare del sistema bipartitico, danno diritto morale alla resistenza.

Difficile eccepire moralmente, poi, sugli obiettivi.

Forse faccio confusione tra le Brigate Rosse di allora e di oggi, e non conosco bene nemmeno quelli di allora. Ma mi sembra di poter dire che negli anni Settanta, mentre orde di deficienti sprangavano fascisti e disoccupati meridionali arruolati nella polizia, un gruppo ha cercato di identificare i veri motori del dominio capitalistico.

Che non sono né i politici né i ricchi, ma i tecnici pagati lautamente per trovare tutti i sistemi per far vivere peggio la gente e per rendere questo un mondo ancora più disumano.

Questi tecnici, non eletti da nessuno, trasversali a tutti i governi, avrebbero dovuto, per la prima volta, pagare un prezzo anche loro.

Il mio giudizio umano sugli arrestati è quindi di massimo rispetto.

E ritengo che abbiano anche il diritto di fare questa scelta.

Solo dopo questa premessa, mi permetto di criticarli sul piano politico.

Prima di tutto, e in base ai soli resoconti giornalistici, mi sembra che ripetano il gigantesco errore di credere alla “centralità operaia“.

L’Occidente (scusate la generalizzazione, ma questo è un blog e non un trattato teorico) è un sistema militarizzato di sfruttamento e consumo, in cui siamo tutti arruolati, fosse anche come ultimo sguattero precario di cucina.

Ci possono essere infiniti problemi e forse davanti a noi, ci aspetta la catastrofe. O forse no. Ma non c’è nessun conflitto netto, nulla che spacchi in due la società in maniera chiara a tutti. Nessuna classe su cui fare leva, nessun portatore di nuovi rapporti sociali meno criminali.

Però è comprensibile che, in questa appiccicosa e confusa melma, si cerchi una chiarezza anche là dove non esiste. In Messico, c’è chi resiste in nome della Madonna di Guadalupe, in Iraq chi lo fa in nome del Corano, perché non qui, in nome della Classe Operaia?

La mia obiezione principale, però, è un’altra.

Non c’è gara tra la buona volontà da una parte, e tutti i sistemi elettronici del mondo, tutti i trucchi dei media, tutti gli uomini che il denaro può reclutare, dall’altra.

Questo vuol dire che chi sceglie la lotta armata, ha già un piede in carcere.

E visto che lo stato considera l’Eversione come il peggiore dei delitti, sarà un carcere particolarmente duro.

A me non dispiace per tutti quelli che finiscono in carcere.

Ma se c’è un tipo di persona che mi dispiace veder finire in carcere, è proprio la gente che fa scelte di questo tipo.

Sarebbe imbarazzante per me incontrare qualcuno che volesse impegnarsi nella lotta armata.

Direi, “il solo fatto che ti ci vuoi impegnare, dimostra che sei una persona valida. E non voglio vedere le persone valide trascinarsi di carcere in carcere per il resto della loro vita”.

“Bene, dimmi come potrei usare meglio le mie energie”.

“Non lo so, ma per favore cancella il mio nome dalla tua rubrica, e non mi raccontare nulla e non dirmi il nome di nessuno che conosci, perché non sono affatto sicuro di essere un eroe, e se mi torchiassero per bene…”

“Grazie e auguri per il tuo blog“.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/1171527302#10979619
14.02.2007

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