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IL FUTURO DELL’EURO: LE LEZIONI CHE VENGONO DALLA STORIA

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A cura di Davide
Il 31 Dicembre 2014
43 Views

DI BRAD DE LONG

delong.typepad.com

Il periodo compreso tra le due guerre mondiali (1919-1939) ci ha impartito quattro lezioni:

1. Affinché l’economia mondiale possa essere prospera, l’aggiustamento degli squilibri macroeconomici deve essere effettuato sia dalle economie in “surplus” che da quelle in “deficit” – e non da queste ultime soltanto.

2. Perché l’economia mondiale possa avere una qualche possibilità di evitare o di limitare le crisi, è necessario che il sistema bancario globale abbia un regolatore/supervisore bancario a sua volta globale.

3. Perché la crisi possa essere gestita con successo, il “prestatore di ultima istanza” deve essere veramente tale. Egli deve poter creare qualsivoglia asset il mercato pensi sia necessario per il bene dell’economia, e deve essere in grado di farlo in qualsiasi quantità il mercato possa richiedere.

4. Perché una qualsiasi Unione Monetaria (dalle dimensioni più ampie di un’Area Valutaria Ottimale), o un analogo sistema di cambi fissi, possa sopravvivere, è necessario che nel suo ambito si facciano trasferimenti fiscali su larga scala, per compensare le mancate oscillazioni dei tassi di cambio, proibite dagli accordi interregionali.
Nel mio piccolo pensavo che tutti (o quanto meno tutti quelli che contavano qualcosa nel governo dell’economia mondiale) avessero imparato queste le quattro lezioni che la storia (1919-1939) ci aveva così crudelmente impartito.

Ora scopriamo che nessuno dei duchi e delle duchesse di Euròvia (**) le aveva apprese. Eppure la storia ce le aveva insegnate.

Ma mentre la storia le stava impartendo, i principi e le principesse di Euròvia, insieme ai loro consulenti, guardavano fuori dalla finestra e spettegolavano su Facebook (ovvero erano distratti, ndt).

Come si è arrivati ​​a tanto?

Perché Maastricht non ha istituito un unico regolatore/supervisore bancario per Euròvia, per poter allineare la politica finanziaria con quella monetaria?

Perché Maastricht non ha previsto un sistema per trasferire i fondi necessari a quei paesi di Euròvia che avrebbero potuto entrare in recessione (come inevitabilmente accade), quando gli altri paesi sono in grande espansione?

Perché Maastricht ha lasciato un bel pezzo delle sue prerogative di “prestatore di ultima istanza” nelle mani dei governi nazionali, che non possono stampare denaro (e quindi ottemperare al ruolo), invece di mettere il tutto nelle mani della Banca Centrale Europea, che invece potrebbe (stampare denaro e quindi svolgere il ruolo, ndt)?

E perché – visto che le esportazioni di un paese sono nient’altro che le importazioni di un altro – non scattano automaticamente quelle politiche idonee a che i paesi in deficit possano ridurre le loro importazioni ed aumentare le loro esportazioni ….. e perché, viceversa, non si adottano automaticamente le politiche idonee a che i paesi in surplus aumentino le loro importazioni e riducano le loro esportazioni?

In alcuni c’era la convinzione che alcuni specifici dettagli, se posti nel Trattato Maastricht, avrebbero rimandato questo progetto per anni, o addirittura per decenni, mentre la logica degli eventi avrebbe inevitabilmente portato sia ad una crescita organica che allo sviluppo dei pezzi mancanti (del Trattato, ndt).

Secondo questa logica, alla prima grande recessione l’Unione Monetaria avrebbe senz’altro istituito un sistema per i trasferimenti fiscali. Ed ancora, alla prima importante crisi bancaria la Banca Centrale Europea avrebbe senz’altro adottato le funzioni di “prestatore di ultima istanza” (e a seguire si sarebbe velocemente realizzata l’Unione Bancaria).
Ed allora tutto ciò sottolinea che, gestaltianamente (nella “psicologia della gestalt” il tutto è diverso dalla somme delle singole parti, ndt), gli altri paesi europei avevano considerato il Trattato di Maastricht come un rinnovo dell’impegno politico tedesco in favore di una più stretta integrazione europea.

Conseguenza di questo pensiero è stato il forte sostegno del resto dell’Europa all’assorbimento della Germania dell’Est da parte della Repubblica Federale Tedesca ….. ed anche che, se si fosse scoperto che c’era qualcosa da pagare per le conseguenze non palesemente previste del Trattato di Maastricht, la Germania lo avrebbe fatto.

Questa storia potrebbe anche funzionare. Tra 50 anni gli storici potrebbero scrivere che Maastricht è stata una scommessa vinta. Ma forse no.

E sicuramente la maggior parte della scommessa, in questo momento, è conseguenza del fatto che i principi e le principesse di Euròvia stavano davvero guardando fuori dalla finestra e spettegolando su Facebook, mentre la storia stava impartendo la sua lezione.

J. Bradford DeLong è un economista statunitense, docente presso l’università della California (Berkeley), ed anche notissimo blogger. Ha lavorato come Deputy Assistant Secretary per lo US Department of the Treasury durante la presidenza di Bill Clinton, sotto la direzione di Lawrence Summers. Egli è anche Research Associate del National Bureau of Economic Research, e Visiting Scholar presso la Federal Reserve Bank of San Francisco. Assieme a Joseph Stiglitz e ad Aaron Edlin, DeLong è co-editore di The Economists’ Voice, ed è stato co-editore del Journal of Economic Perspectives. È anche l’autore del libro Macroeconomics. Scrive un editoriale mensile per Project Syndicate.
(**) Il traduttore ha chiamato ironicamente Euròvia (ovvero un generico paese da operetta, popolato da principi e principesse festaioli), quella che per semplicità noi chiamiamo Eurozona o Eurolandia.

Fonte: http://delong.typepad.com

Link: http://delong.typepad.com/sdj/2013/03/the-future-of-the-euro-lessons-from-history.html

20.03.2013

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO

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