IL DUELLO WASHINGTON-TEHERAN

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DI THIERRY MEYSSAN

Da più di cinque anni i neo-conservatori preparano l’invasione dell’Iran. Gli argomenti che hanno usato per giustificare le loro ambizioni sono stati smentiti l’uno dopo l’altro. Non hanno comunque ridotto la loro minaccia. Le forze politiche iraniane, sostenute dai loro elettori, hanno evitato lo scontro diretto, attente a rendere tutta l’operazione militare molto costosa per Washington, osserva Thierry Meyssan.
Arrivando al potere a Washington, l’equipe Bush Cheney era deciso ad attaccare militarmente l’Iran ed a impossessarsi delle sue risorse energetiche. In un lavoro del Project for a New American Century, il Present Dangers, l’equipe aveva pubblicato in dettaglio i suoi argomenti per “vendere” questa guerra ai finanziatori della campagna elettorale, e quindi all’opinione pubblica.

Cinque slogan vennero pronunciati:
– L’Iran finanzia il terrorismo internazionale.
– L’Iran sostiene i militanti islamici nel mondo.
– L’Iran si oppone al processo di pace e non riconosce Israele.
– L’Iran viola i diritti dell’uomo, in particolare contro i bahaisti [*] e gli ebrei.
– Infine l’Iran vuol dotarsi della bomba atomica.

Notiamo che tre di questi slogan non funzionano più.
Nelle serie televisive melodrammatiche americane può accadere che la produzione decida di cambiare attore per proseguire un ruolo. Una voce fuoricampo annuncia: “Da oggi il ruolo x sarà interpretato da y”. Nello stesso modo, durante gli anni, hanno accusato la Libia delle cose più impensabili, e, senza spiegazione, si è trasferita questa possibilità sull’Iran, poi ancora, sull’invisibile Al Qaeda.

L’accusa secondo la quale l’Iran finanziava i movimenti musulmani più radicali nel mondo è stata abbandonata quando hanno deciso di trasferire la responsabilità sulla famiglia reale saudita e rovesciare il reggente Abdallah. La si è definitivamente abbandonata quando si è voluto separare ed opporre sciiti e sunniti in Irak.

Infine l’accusa secondo la quale l’Iran viola i diritti religiosi dei bahaisti e degli ebrei ha fatto il suo tempo. Gli ebrei, pur effettivamente emarginati e sospettati di avere contatti con Israele, esercitano il loro culto ed hanno rappresentanze politiche. I bahaisti sono verosimilmente discriminati ed i loro luoghi di culto sono stati più volte distrutti. Ma questa intolleranza non risale alla rivoluzione islamica.

Restano l’anti-sionismo e la minaccia atomica.

Nel suo discorso agli stati dell’unione del 2002, il presidente Bush ha annunciato le sue priorità militari accusando l’Iran, l’Irak e la Corea del Nord di aver fomentato un patto segreto per distruggere gli Usa. E’ la celebre formula dell’ “asse del male” mischiando i riferimenti all’Asse fascista degli anni ’30 e all’impero del male della guerra fredda.

Tre anni dopo, sono molti quelli che credono che questi Stati non abbiano mai costruito un tale patto. Da un lato perché i regimi in Irak ed Iran non avevano ancora regolato la pace dopo una lunga e sanguinosa guerra, dall’altro perché non si è mai trovata una minima prova di questo complotto.
Benché Washington sia a corto di argomenti e di analisi, i suoi appetiti non si sono spenti. Dopo aver fatto man bassa sul corridoio di circolazione afgana e sulle riserve petrolifere irakene, le strategie americane vogliono affrancarsi l’Iran.
La campagna informativa di propaganda si è dunque incentrata sulla questione nucleare, con un pizzico di sospetto sull’Iran riguardo l’insuccesso della coalizione in Irak.

Partendo dal principio che le tecniche nucleari hanno un duplice uso, vale a dire civile e militare, gli Usa accusano l’Iran di preparare la bomba atomica. Molti indizi, che sono stati lungamente studiati dagli esperti dell’Aeia, hanno potuto per un istante fugare ogni dubbio, ma oggi è stato stabilito che erano stati mal interpretati. Per Washington, il non aver trovato niente non è una prova dell’innocenza dell’Iran e quindi permane la necessità di attaccare il paese in modo preventivo.

D’altra parte, senza incombere in sottigliezze orientali, i neo conservatori sono riusciti ad imporre uno schema semplice della società iraniana: la paralisi del Paese è il segno del divorzio fra la popolazione ed il “regime dei mollahs”.
Regime che sarebbe minato dall’interno da un’opposizione binaria fra i “conservatori” misogini e fanatici e i “progressisti”, aperti all’occidente e alla modernità.
Per impadronirsi dell’Iran sarebbe di conseguenza necessario rinforzare quell’opposizione, quella che si appoggia sulla frustrazione popolare, e far ricongiungere il paese al fronte del Bene.

A colpi di trasmissioni radio-televisive e di milioni di dollari, Washington non dubitava del
risultato dell’elezione presidenziale di giugno 2005. L’ayatollah Rafsanjani, abile politico, poteva vincere al primo turno. La stampa occidentale avrebbe applaudito ad una tale eventualità, mentre la stampa israeliana avrebbe denunciato un puro cambiamento di facciata.

Ma, come già avevamo notato, queste analisi poggiano su visioni immaginarie. La paralisi del paese non era dovuta ad un rigetto popolare del regime, ma ad una triabitazione del potere. Non c’erano due forze politiche, bensì tre: la prima trova legittimità nella rivoluzione islamica. E’ sociale in materia economica e conservatrice nei costumi (questi sono i sedicenti “conservatori”); la seconda è volta verso il business internazionale e dunque favorevole ad una distensione con Washington (questi sono i “riformatori”); la terza è formata dai vecchi combattenti della guerra con l’Irak ed è sociale e nazionalista. Queste tre forze sono state votate dagli elettori per uscire dalla triabitazione.

Quanto alla questione del nucleare, è oggetto di un consenso popolare che non ha nulla a che vedere con queste divergenze.
Nella misura in cui la Guida suprema della Rivoluzione ha condannato da molto tempo la bomba atomica, incompatibile con l’islam, non si vede che programmi nucleari possano svilupparsi in Iran.
Ciò non impedisce a Theran di considerare il fatto che i suoi bellicosi vicini, come Israele, non sono denuclearizzati.
Lo sviluppo economico del Paese presuppone la produzione di energia nucleare, altrimenti gli iraniani rischierebbero come minimo il loro avvenire.
L’elezione di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza della repubblica è stata giudicata una sorpresa per chi si era “ingannato”. Sullo sfondo di un ebetimento della stampa occidentale e dell’afflosciarsi dell’opposizione anti-Iran, è Israele a lanciare allora una campagna di stampa contro il nuovo eletto. Da testimoni “attendibili”, lontano dall’essere credibili, arriva l’accusa che il neo-eletto ha preso parte alla presa in ostaggio dell’ambasciata Usa, ha più volte torturato civili, e ha assassinato un dissidente curdo a Vienna. Poi gli stessi organismi, quali l’AIPAC, l’hanno descritto come un misogino patologico nelle mani dei “duri” del regime. La prova starebbe nel fatto che divenuto sindaco della capitale avrebbe fatto costruire per le donne un grande parco, con ingresso interdetto agli uomini. Poi questa argomentazione miserabile ha lasciato spazio ad altre accuse infamanti di “islam-populismo”. Le Figaro, per esempio, accusava il nuovo presidente di aver comprato gli elettori in cambio di servizi sociali.

Tuttavia, in materia di comunicazione, il fatto che tutte queste argomentazioni fossero l’una dopo l’altra smontate in quattro anni non ha importanza, poiché l’una segue l’altra, mantenendo così l’Iran sempre nel mirino delle accuse. Viene dunque sostenuta l’idea che ”non c’è fumo senza fuoco” e che l’Iran deve pur essere colpevole di qualcosa.

In questo periodo il potere iraniano non si è fermato: ha rafforzato le sue relazioni con la Russia che visiona gli impianti nucleari civili, fornisce missili strategici, e aiuta gli ingegneri iraniani ha costruire un ponte nel Caspio. Ha creato una nuova alleanza con la Cina senza temere le sanzioni decretate dagli Usa e dall’Unione Europea; infine, si è affacciata in Irak al punto di controllare una parte del governo messo in piedi dalla Coalizione!

I protagonisti giocano oggi una gara di velocità. Dick Cheney ha confidato al generale Ralph Eberhart i piani di attacco nucleari stilati dall’Iran, ha lasciato fiutare ai suoi alleati i piani di una strategia militare globale contro l’Iran, e infine l’MI6 e la Cia stanno finanziando movimenti separatisti con sede a Londra e il gruppo terrorista Moudjaidines del popolo con base a Washington. Gli iraniani dal canto loro cercano di evidenziare tutti i punti deboli che la Coalizione si troverebbe di fronte in caso di attacco, non ultimo l’interruzione dell’essenza stessa del mercato petrolifero mondiale. Logicamente una guerra oggi è improbabile, perché sarebbe disastrosa per gli stessi aggressori, ma i grandi imperi sono stati talvolta presi dall’arroganza attaccando prede più forti di loro.

Thierry Meyssan
Fonte:/www.voltairenet.org/
link:http://www.voltairenet.org/article127523.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO GUADAGNI

[*] La Fede Bahá’í (chiamata anche Bahaismo) è una religione monoteista nata alla metà del XIX secolo, i cui membri seguono gli insegnamenti di Bahá’u’lláh (1817-1892), il loro profeta e fondatore. Conterebbe circa cinque milioni di seguaci in tutto il mondo. È diffusa in 233 paesi e territori e conta rappresentati in oltre 2.100 diversi gruppi etnici e tribali. Il principio fondamentale della Fede Bahá’í è che la verità religiosa non è assoluta, ma relativa.
Il messaggio essenziale di Bahá’u’lláh è quello dell’unità: c’è un unico Dio inconoscibile, che progressivamente si rivela all’umanità attraverso il suo verbo che si manifesta nei vari messaggeri divini. Tutte le religioni sono viste come stadi della rivelazione della volontà e degli scopi di Dio. Per questo motivo, anche se la Fede Bahá’í non è tradizionalmente inclusa nelle religioni di Abramo, ne riconosce molti dei protagonisti.
La Rivelazione Divina è un processo ininterrotto e progressivo; tutte le grandi religioni del mondo hanno origine divina, i loro insegnamenti sono sfaccettature di un’unica verità. La Fede Bahá’í afferma quindi che esiste un solo Dio e che esiste una sola religione; tutti i Profeti di Dio fanno parte dell’identica catena di Rivelazioni Divine e sono stati inviati sulla terra per educare l’umanità.
I suoi credenti considerano la vita di Bahá’u’lláh, le sue opere e la sua influenza pari a quelle delle altre Manifestazioni di Dio, come per esempio Abramo, Krishna, Mosè, Zoroastro, Buddha, Cristo e Maometto. I bahá’í considerano il loro profeta, nella successione dei Messaggeri Divini, il più recente.

Lo scopo ultimo della Fede Bahá’í è l’unità del genere umano e la pace universale. Dice Bahá’u’lláh in un Suo scritto: “La Terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini”. La Fede tende all’instaurazione di una comunità mondiale in cui tutte le religioni, razze, credenze e classi saranno strettamente e definitivamente unite. Secondo Bahá’u’lláh una società globale per poter fiorire deve basarsi su certi principi fondamentali, che includono: la libera indipendente ricerca della verità, l’eliminazione di tutte le forme di pregiudizio; piena parità di diritti tra uomo e donna; riconoscimento della unicità essenziale delle grandi religioni mondiali; unicità di Dio, eliminazione degli estremi di povertà e ricchezza; istruzione universale; armonia tra religione e scienza: equilibrio sostenibile tra natura e tecnologia, una lingua ausiliaria universale e lo stabilirsi di un sistema federativo mondiale, basato sulla sicurezza collettiva. (Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Bahai)

VEDI ANCHE: L’OSTILITA’ TRA IRAN E USA

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