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La Redazione

 

IL DISASTRO DI UNA NAZIONE

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A cura di Davide
Il 4 Luglio 2007
65 Views

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DI GIORGIO MALABARBA
E-Polis

Non si era mai visto che un incontro decisivo tra governo e sindacati per decidere le sorti di un grande gruppo industriale, anzi di uno degli ultimi gioielli di famiglia, la Fincantieri, sia fatto saltare letteralmente all’ultimo minuto e la decisione di privatizzare la cantieristica italiana di avanguardia sia inserita nel Dpef.

E’ successo il 28 giugno: sindacalisti esclusi da Palazzo Chigi e Consiglio dei ministri che delibera la quotazione in borsa del gruppo.

E’ paradossale poi, date le condizioni di salute di un’impresa che dispone di ben 8 cantieri navali, due sedi di progettazione, un centro di ricerca, una società di sistemistica e una fabbrica di motori per un totale – tra diretti, appalti e indotto – di 25/30mila lavoratori.Parliamo di 7 anni di risultati economici positivi che hanno prodotto un’accumulazione di riserve senza precedenti, consentendo perfino nuove acquisizioni oltre a dividendi per l’azionista; nessun indebitamento con le banche; un posizionamento competitivo importante nel settore delle navi da crociera; un portafoglio di ordini di 16 miliardi di euro, mai raggiunto in precedenza: Qui non si sta parlando di Alitalia: Eppure la pervicacia con cui il Tesoro persegue la linea di svendita del patrimonio produttivo può spiegare anche perché non si è voluto rilanciare la stessa compagnia di bandiera.

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Sostiene un autorevole studioso, come il professor Luciano Gallino, che lasciar scomparire quasi completamente in vent’anni tutti i principali settori industriali non è impresa da poco: occorre essere invasi dalla concezione liberista, tanto ideologica quanto falsa, che la produzione manifatturiera è solo un’appendice fastidiosa della finanza, riducendo così la settima economia del mondo a un nano industriale: Risultato: l’Italia, ad esempio, è uno dei maggiori consumatori di telefonini al mondo, ma non ne produce neanche uno !

L’amministratore delegato di Fincantieri aveva sottoposto la quotazione in borsa a Tremonti, ma è riuscito nel suo intento solo con Padoa Schioppa.
Nonostante scioperi, manifestazioni nazionali, una petizione di massa e alcune, evidentemente solo simboliche, minacce di crisi di governo da parte della “sinistra radicale”. Voto unanime al Cdm e sindacati fuori dalla porta.
E se l’avesse fatto Berlusconi ?

Giorgio Malabarba (Associazione sinistra critica)
Fonte: http://www.epolismilano.it/
04.04.2007

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