DI ALEXANDER COCKBURN
Counterpunch
Iera sera a Nashville la campagna presidenziale è precipitata nella stupida noia mentre Barack Obama e John McCain si fronteggiavano nel loro secondo dibattito. Lo scontro ha avuto luogo sul chiaro sfondo della catastrofe economica, l’evidente fallimento del salvataggio da 700 miliardi di dollari che doveva ribaltare la situazione, le quotazioni medie del mercato di martedì che precipitavano nell’abisso, un congelamento paralizzante del credito, la prospettiva di una deflazione devastante e del protrarsi della depressione mondiale.
Solo deboli accenni a questi disastri sono penetrati tra le pareti dell’auditorium della Belmont University, dove la società di sondaggi elettorali Gallup aveva radunato una folla di “independenti”, gente abbastanza scaltra per dire agli emissari di Gallup che non avevano ancora preso una decisione. L’evento era stato pubblicizzato come un “Incontro nel palazzo comunale”, intendendo dire che solo ai candidati era stato permesso di avvicinarsi ai propri interlocutori tra la folla, attentamente selezionati bilanciando etnia e sesso, e di elogiarli per la sagacia delle loro domande.
Era come se gli abitanti di Sodoma e Gomorra, anche se erano stati informati che il fuoco e lo zolfo avevano già distrutto zone importanti delle loro città, con la probabile rovina anche di ciò che rimaneva, avessero trascorso 90 minuti di spocchia nei quali ciascuno faceva a gara nel proclamare la sostanziale integrità della propria economia e la grandezza della propria civiltà.
McCain ha detto di avere un piano. Avrebbe ordinato al suo Segretario al Tesoro di salvare i proprietari di casa in difficoltà. Obama ha detto che avrebbe fatto la stessa cosa. E’ un’idea ragionevole. Alcuni giorni prima entrambi avevano votato favorevolmente al salvataggio bancario che non metteva in salvo in modo esplicito i proprietari di casa ma esponeva gli inadempienti alle confische sotto la sorveglianza del Tesoro. Il suscettibile e altezzoso moderatore, Tom Brokaw, avrebbe potuto immediatamente chiedere spiegazioni al riguardo ma non lo ha fatto.
McCain ha detto che avrebbe preso in considerazione un congelamento della spesa. Obama gli avrebbe potuto chiedere se questo avrebbe incluso anche un congelamento della guerra in Iraq, che è costata fino ad ora quasi mille miliardi di dollari. Alla fine è girato intorno alla faccenda, ma fuori tempo massimo e troppo fiaccamente. In una settimana in cui solo il governo si frappone tra gli americani e il disastro, si sarebbe portati a credere che gli attacchi reaganeschi di McCain al governo avrebbero attirato delle formidabili frecciate da parte di Obama. L’auditorium era colmo di veterani che, come McCain, hanno accesso agli ospedali gestiti dall’amministrazione dei Veterani. Obama ha rifiutato quest’occasione.
Come argomentatore, Obama è pateticamente cauto. Questo non è uno di quei momenti in cui un candidato Repubblicano vuole che gli si venga ricordato che una causa cara al Presidente Bush era la “riforma” della Previdenza Sociale, un eufemismo per consegnare le pensioni della gente, ora tenute a bilancio dal governo, a Wall Street. Eppure quando McCain è stato d’accordo con Brokaw sul fatto che il sistema della Previdenza Sociale in America abbia bisogno di una “riforma”, Obama ha subito accettato la premessa sbagliata che la Previdenza Sociale sia in crisi. Perché non ha sottolineato che se fosse stata approvata la privatizzazione, milioni di persone avrebbero già visto andare in malora gli assegni mensili che li tengono a galla dall’assoluta miseria, distrutti dagli squali che ora stanno facendo fallire istituti come Lehman Brothers?
Obama è troppo timido anche per invocare il più grande eroe del pantheon dei Democratici, Franklin Roosevelt. Se c’è un momento per citare FDR, per impegnarsi in un nuovo New Deal, è sicuramente adesso.
La discussione sugli affari esteri è stata addirittura peggiore, con l’aggravante di essere stata principalmente una ripetizione del primo dibattito di Oxford in Mississippi. McCain ha invocato l’unicità dell’America e della sua missione per portare libertà e luce al resto del pianeta. Obama ha solennemente convenuto. Nessuno dei due ha ritenuto opportuno dire che l’America è solamente capace di accollarsi questo peso imperialista perché la Cina è stata preparata a finanziare la guerra in Iraq. La difficile parola “Cina” non è uscita dalla bocca di nessuno. Neppure la questione di un budget del Pentagono immenso e insostenibile, né la presenza di circa un migliaio di basi americane oltreoceano.
Entrambi, ancora una volta, hanno dichiarato con coraggio che non avrebbero permesso il verificarsi di un altro Olocausto. Entrambi si sono impegnati nella fedeltà ad Israele. Entrambi hanno detto che un Iran dotato di armi nucleari è inaccettabile. Brokaw avrebbe potuto chiedere il loro parere sulla sconcertante rivelazione del primo ministro dimissionario israeliano Olmert in un’intervista al quotidiano in lingua ebraica Yediot Aharot nella quale ha dichiarato che Israele è totalmente fuori rotta, e che “dovrebbe ritirarsi da quasi tutti i territori, se non da tutti”, e che è d’accordo sulla divisione di Gerusalemme e nel restituire le Alture del Golan alla Siria.
Brokaw non l’ha fatto ma comunque ha ricordato la recente valutazione britannica da Kabul che affermava che la guerra dell’Occidente era persa. Questo ha strappato una fiacca reazione da parte di Obama che ha continuato a promettere un livello superiore di soldati americani in Aghanistan oltre ad incursioni in Pakistan, qualunque possa essere il parere del governo pakistano. Qualcuno chiederà mai al candidato Democratico come si sente nel fomentare una replica del disastro in Iraq, con in omaggio una possibile guerra tra il Pakistan nucleare e l’India nucleare? L’inizio di un’amministrazione Obama è ora pianificata, dalle promesse del candidato, per vedere l’escalation di una guerra insensata e ormai segnata in Afghanistan e forse una fine di Karzai, un tradizionalista considerato dallo Zio Sam come un fallimento e destinato probabilmente a venire assassinato. Ecco l’eredità di JFK e del Vietnam. Siamo tornati al 1963.
Alla domanda se la Russia fosse il male, proprio come l’Unione Sovietica agli occhi di Ronald Reagan, Obama ha risposto “sì”, McCain “forse”. Commercio? America Latina? Africa? Europa? Nulla da nessuno dei due, anche se entrambi hanno convenuto che avrebbero sbeffeggiato le Nazioni Unite a volontà.
Delle due performance, quella di Obama è stata la più sconvolgente perché voleva essere il candidato del cambiamento e delle idee nuove. Non c’è traccia di alcun impegno al cambiamento e nessuna nuova idea. Nemmeno per McCain. Eppure i partecipanti alla discussione post-dibattito hanno sostenuto in gran parte che l’Incontro nel palazzo comunale è stato un evento avvincente, ricco di contenuti. Abbiamo ancora un dibattito, in cui McCain avrà un’altra possibilità per ridurre il forte svantaggio su Obama, una cosa che non è riuscito a fare ieri sera, anche se ora sembra che Sarah Palin abbia rallentato il calo di interesse verso McCain con la sua performance della settimana scorsa. McCain e Palin stanno tentando di ritornare in carreggiata denigrando Obama per essersi associato con Bill Ayers, un leader dei Weathermen negli anni anni ’60, i lanciatori di bombe che erano contro la guerra. Obama aveva otto anni quando Ayers tirava le bombe. Non sembra una linea di attacco produttiva per McCain e Palin, soprattutto quando molti americani non si farebbero troppi scrupoli nel far saltare in aria Wall Street.
Alexander Cockburn
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Fonte: www.counterpunch.com
Link: originale: http://www.counterpunch.com/cockburn10082008.html
8.10.08
Scelto e tradotto da JJULES per www.comedonchisciotte.org