IL CROLLO MANCATO: LA CINA IN RIPRESA SMENTISCE GLI ANALISTI OCCIDENTALI

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DI CALEB MAUPIN

rt.com

Tutte quelle voci sui mezzi d’informazione Statunitensi che facevano previsioni allarmiste dopo la caduta del mercato azionario Cinese dei primi giorni di luglio, credo che oggi si stiano un po’ vergognando. Quello che è seguito al crollo ha dimostrato la grande resistenza dell’economia Cinese.

Poiché il capitalismo in Cina è strettamente controllato e limitato, la popolazione è molto più al sicuro dagli effetti nocivi delle turbolenze di mercato.

Secondo il Financial Times, il 55 % del popolo Americano è direttamente esposto agli effetti del mercato azionario. La maggioranza di queste persone non hanno scelta. Si tratta di pensionati le cui pensioni sono state investite dai loro ex-datori di lavoro, o impiegati i cui salari sono legati alle ‘stock options’ o ad altri meccanismi che li vincolano alla Borsa di New York.

A causa del ruolo centrale del mercato azionario nella società Americana, quando è avvenuto il crollo del 2008, la disoccupazione è immediatamente schizzata al 10.1 %, il livello più alto dal 1983. La media delle ore lavorative settimanali è precipitata a 33, il numero più basso in assoluto. Secondo un rapporto di Vox Media, il reddito medio familiare si è ridotto del 35% tra il 2005 e il 2011. Negli USA molti ancora soffrono per le conseguenze negative del crollo finanziario del 2008, nonostante la tanto declamata ‘ripresa’.

COSA E’ DIVERSO IN CINA?

Gli analisti sui media Statunitensi, probabilmente basandosi su quello che sanno dell’economia degli USA, quando il mercato azionario Cinese è improvvisamente crollato l’8 e 9 luglio, hanno fatte le loro previsioni. La stampa Americana da mesi ormai parlava di un rallentamento nell’economia Cinese, segno di un imminente crollo, demonizzando, allo stesso tempo, il presidente Cinese Xi Jinping e accusandolo di essere un “neo-Maoista”. Dopo che 1400 società hanno denunciato un calo del 30% dell’attività, è scattata la frenesia sulla stampa Americana: l’economia Cinese, apparentemente invincibile, era finalmente in ginocchio.

Tuttavia, i risultati si sono dimostrati assai diversi dalle previsioni. Nel giro di una settimana, l’economia Cinese è tornata più o meno alla normalità. Gli economisti Statunitensi sono scioccati nel vedere che il paese ha raggiunto il target del 7% di crescita trimestrale, a dispetto di tutte le previsioni che la davano per spacciata. I programmi Cinesi relativi alla costruzione di giganteschi sistemi di irrigazione e linee ferroviarie ad alta velocità non si sono affatto arrestati. I nuovi piani d’investimento della “Nuova Via della Seta” stanno andando avanti.

Com’é possibile che un tale crollo del mercato azionario abbia avuto un impatto così limitato? Com’é possible che il mercato azionario Cinese abbia sofferto una tale caduta e la società non ne abbia risentito quasi per niente? Le risposte vanno cercate nelle peculiarità dell’economia Cinese che molti analisti occidentale non sono in grado di comprendere a pieno se non del tutto.

Per prima cosa, solo il 6% della popolazione Cinese ha a che fare con il mercato dei titoli. Il mercato azionario Cinese è un piccolo club di milionari e miliardari. I salari dei lavoratori dell’industria Cinese, che rappresenta la maggioranza di tutti i lavoratori industriali del pianeta, sono svincolati dalle “stock options”. E neanche le pensioni Cinesi subiscono le fluttuazioni di mercato. La gran parte della popolazione Cinese è completamente isolata dal caos del tanto amato ‘libero mercato’ neoliberale.

Molta parte dell’industria Cinese è di proprietà dello stato. Il 50% dell’acciaio grezzo mondiale è prodotto dalle industrie statali Cinesi. Il settore pubblico controlla una grossa porzione del suo sistema bancario e di suoi altri centri di potere economico.

In secondo luogo, al settore privato non si applicano le tradizionali leggi del mercato conosciute e studiate dagli economisti di tutto il mondo.

Di solito, dopo un crollo finanziario, nei mercati azionari si diffonde il panico e gli investitori normalmente si affrettano a ritirare in fretta e furia il proprio denaro. In Cina questo non è accaduto perchè il governo ha impedito che accadesse. Subito dopo il crollo, il governo ha immediatamente applicato misure restrittive ‘anti-svendita’ e ha minacciato di arrestare chiunque fosse stato sorpreso a farlo. A tutti i grandi azionisti è stato impedito di vendere azioni per sei mesi.

In sostanza, il governo Cinese è intervenuto in modo deciso impedendo il verificarsi delle naturali conseguenze di un crollo finanziario. Alle imprese è stato praticamente impedito di fare quello che normalmente farebbero le imprese in tali circostanze. Il governo ha stabilito una dirittura di marcia, costringendo le varie forze del mercato a fare l’opposto di quello che istintivamente avrebbero fatto. Risultato: una rapida ripresa economica che ha sorpreso il mondo.

TENENDO A BADA LA “MANO INVISIBILE”

In Cina, i capitalisti non sono liberi di investire a loro piacimento e non gli è neanche permesso trasferire denaro ovunque sia più redditizio. Beni e società vengono spesso nazionalizzati, e alcuni ricchi capitalisti sono stati condannati a morte per aver danneggiato la gente. Lo scorso anno, diversi impiegati di un’azienda alimentare di Shanghai sono stati portati via in manette quando si scoprì che vendevano ai loro clienti carni avariate, compresi i vari MacDonalds e altre grandi catene di ristorazione.

L’economia Cinese è sorvegliata da vicino da un’entità enorme, con oltre 88 milioni di membri: il Partito Comunista. Questo ha il controllo diretto dell’Esercito di Liberazione del Popolo e tutti i funzionari governativi sono soggetti alla sua disciplina. Alla gran parte delle grandi aziende private sono assegnati funzionari del Partito Comunista allo scopo di vigilare e monitorare le loro attività. A volte questi funzionari possono risultare molto utili per le società. Spesso i capitalisti utilizzano l’assistenza del governo per guadagnare di più, poiché questo è in linea con l’obiettivo del partito di espansione del PIL Cinese. Tuttavia, il governo Cinese è in grado di poter impartire degli ordini diretti agli enti privati, costringendoli ad agire secondo le prescrizioni del partito e contro i dettami della famigerata “Mano Invisibile” capitalista.

Oggi l’economia della Cina e il suo mercato azionario sono in ripresa perché il Partito Comunista si è rifiutato di consentire al mercato di reagire istintivamente al crollo.

Sono in totale malafede quei tentativi della stampa Statunitense di attribuire la colpa del crollo al Presidente Cinese Xi Jinping e non offrono neanche delle spiegazioni convincenti. Si limitano a citare le dichiarazioni formulate da qualche think-tank cinese che simpatizza per il libero mercato capitalista.

Se proprio vogliamo dirla tutta, quella che ha causato questa crisi è stata la mancanza di regolamentazione. Il Financial Times riporta: “Non essendo soggette a una puntuale regolamentazione, le società di fondi d’integrazione hanno approfittato della maggiore leva finanziaria e dei pochi vincoli a cui erano soggette.” E’ ora in corso un’indagine approfondita sulle pratiche non regolamentate di tali fondi d’integrazione Cinesi, che è molto probabile abbiano contribuito in modo decisivo al verificarsi degli eventi dell’8 e 9 luglio scorso.

XI JINPING E IL NUOVO “SOGNO CINESE”

Mentre Xi Jinping è piuttosto odiato nei vari consigli di amministrazione occidentali e a Wall Street, le sue azioni sono molto popolari tra i Cinesi. The Economist ha scritto : “Oggi Jinping è più popolare tra la sua gente di quanto lo fosse Mao a suo tempo”. In un’altra occasione ha parlato della sua “insolita popolarità” aggiungendo che “il Signor Xi ha vinto i cuori del suo popolo grazie alla sue decise azioni per contrastare la corruzione del paese.” E’ comprensibile il motivo per cui “la campagna di massa” di Xi e la rinnovata divulgazione delle idee di Mao Zedong e Deng Xiaoping, siano confortanti per milioni di Cinesi. Molti si sentono alienati e frustrati per la crescente corruzione degli ultimi decenni, in corrispondenza dell’espansione del mercato Cinese. Con motti del tipo “Per far ripartire la nazione, Xi riaccende la torcia di Deng”, la stampa raffigura Xi Janping come un campione dei principi fondamentali della frustrata Repubblica Popolare, che incoraggia la Cina a procedere sicura nella costruzione di una prospera società socialista.

Il modello economico di successo della Cina dovrebbe essere studiato da chiunque voglia migliorare le condizioni di vita del genere umano. Quando l’economia capitalista globale ha reagito a decenni di neoliberismo e ha sperimentato la tremenda crisi del 2008, la Cina ha continuato la sua marcia. Mentre il mercato mondiale annaspava a seguito dello schianto, il PIL Cinese è aumentato del 9.6% nel 2008. La produzione industriale in quell’anno è aumentata del 12,9%. Dal 2009 in poi i salari dei lavoratori dell’industria Cinese sono progressivamente aumentati, a differenza del resto del mondo. Nel 2012, in Cina, i salari del settore privato sono aumentati del 14%.

Mentre il mondo occidentale si consuma in dibattiti sull’austerità e le sue nuove generazioni sono costrette a vivere un’economia di bassi livelli salariali, il tenore di vita in Cina è in rapido aumento.

Il segreto del successo della Cina va cercato nel ruolo dello Stato. Un governo forte, che affonda le radici nella rivoluzione popolare del 1949, ha la capacità di controllare il proprio mercato. Anche in Cina esiste la “regola del dollaro”, ma è secondaria. E’ la popolazione, organizzata e coordinata dal partito comunista, che alla fine ha l’ultima parola in materia economica. Mentre gli investimenti capitalisti sono utilizzati per rafforzare l’economia, al paese vengono risparmiate le difficoltà connesse ai meccanismi del mercato. Il capitalismo c’è, ma è ubbidiente e compiacente, ed esiste perché glielo consente un governo forte e profondamente radicato nel suo popolo.

Mentre la Cina continua la sua corsa, il nuovo “sogno Cinese” di Xi Jinping rappresenta un’importante lezione di economia per l’intera razza umana.

Caleb Maupin è un giornalista radicale e analista politico che vive a New York City. Originario dell’Ohio, ha studiato scienze politiche al Baldwin-Wallace College. Oltre al giornalismo, alle analisi e ai commenti, è anche attivista politico. E’ membro del Workers World Party e del Fight Imperialism – Stand Together (FIST). E’ coordinatore dei giovani dell’ International Action Center e ha partecipato al Movimento Occupy Wall Street fin dal suo nascere nell’agosto del 2011. Ha lottato contro la brutalità delle forze di polizia, le detenzioni di massa e le guerre imperialiste. E’ impegnato nella promozione dell’ideologia rivoluzionaria e nel sostegno di tutti quelli che lottano contro il sistema globalizzato imperialista monopolista e capitalista.

Fonte: www.rt.com

Link: http://www.rt.com/op-edge/310774-china-economy-crisis-communist/

26.07.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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