Di IDA MAGLI
La dittatura europea stringe sempre più il suo cerchio. Le impronte digitali sui passaporti di tutti sono state decise senza la più piccola discussione. La giustificazione del terrorismo o della immigrazione clandestina, è grottesca presa in giro dei cittadini. Da molto tempo l’unione europea prepara il massimo controllo sui sudditi perchè sa che soltanto con rigide norme poliziesche potrà tenere insieme la disparata congerie di centinaia di milioni di persone non unite da nulla.
Gli Italiani Liberi ripropongono un articolo pubblicato su “Il Giornale” il 3 giugno 2002 a proposito delle impronte digitali sui passaporti. Non c’è nulla da cambiare.Il Ministro Scajola è apparso in televisione, con stampato sulla faccia l’irridente, soddisfatto sorriso della volpe che si è mangiato l’agnello, per rassicurarci: non ci saranno discriminazioni nel paradiso europeo dei diritti umani. Le impronte digitali saranno prese a tutti. E’ questa, infatti, la libertà di movimento che era stata prospettata come una delle maggiori conquiste in cambio della perdita dei confini fra gli Stati dell’Unione: niente più passaporto. Se qualcuno conservava ancora qualche illusione sui motivi veri della costruzione dell’Impero: ampliare lo spazio dei detentori del potere esercitandolo, col massimo della coercizione, sul maggior numero dei sudditi, adesso non può più ingannarsi. Perdere il diritto sul proprio corpo significa perdere tutto. E, corrispettivamente, possedere il corpo dei sudditi significa possederlo del tutto.
Proviamo a ripercorrere l’itinerario del “potere” in Occidente, dall’antica Roma fine ad oggi; il punto centrale è il “corpo”, in quanto è il corpo che distingue l’individuo. La Natura lo ha sempre gridato in tutti i modi, ivi incluse le impronte digitali di cui oggi si discute: ogni individuo possiede delle impronte diverse da quelle di tutti gli altri. Ma prima di giungere ad impadronirsi delle impronte, i detentori del potere hanno elaborato, tramite le norme del diritto, concezioni diverse nei confronti del possesso del corpo dei sudditi, distinguendo di volta in volta in base o alla cittadinanza, o alla classe, e al censo e così via.
Lo schiavo, come tutti sanno, è tale perché appartiene con il corpo al padrone. Ma, ed è questo il punto sul quale è oggi importante riflettere, proprio perché non possiede il proprio corpo, non ha diritto alla parola, O meglio, la sua parola non vale: non può testimoniare in giudizio se non con la conferma della tortura, ossia con la messa alla prova del corpo. Abbreviando al massimo l’analisi di questi passaggi concettuali-politici, questo significa che la “parola” è uno strumento potente che soltanto colui che è padrone del proprio corpo può pronunciare. Dal diritto romano, quindi, che sottoponeva a tortura il testimone-schiavo per assicurarsi della verità della sua parola, mentre l’uomo libero pronunciava parole “vere” in forza della libertà stessa del suo corpo, si è giunti, attraverso lunghe fasi di terribile resistenza da parte dei detentori del potere (nel medioevo l’eretico era sottoposto a tortura fine a quando non pronunciava la parola: “credo” ) fino all’illuminismo, all’abolizione della tortura (voluta da un italiano, Cesare Beccaria, nel caso che il ministro Scajola non lo sapesse), all’abolizione della schiavitù, infine a Marx. Tutti passaggi di liberazione del “corpo” coestensivi all’appropriazione del diritto alla parola potente, alla democrazia, al voto.
Ho voluto ricordare tutto questo perché, perfino coloro che si sono opposti alla legge sulle impronte digitali, non l’hanno fatto in nome di quella liberazione del corpo di cui Marx si è servito quando ha teorizzato il “salario” come corrispettivo della cessione della propria “forza” al datore di lavoro. Dunque anche i marxisti non sanno più che cosa sia la libertà, e soprattutto – è questa la cosa più grave nella crisi della sinistra – non sanno più che la libertà, con l’Unione Europea, l’abbiamo persa tutti, non gli extracomunitari. Se la parola non vale, la democrazia non esiste. Se quando ti dico il mio nome, tu, detentore del potere, possiedi il diritto-dovere di non credermi se non possedendo il mio corpo, io come ”persona” non esisto più. L’uomo non è più uomo: rientra brutalmente nel mondo della natura, priva di parola. L’itinerario involutivo della democrazia lo si può individuare in un momento preciso: quando il procuratore Kenneth Starr, durante il processo più distruttore della dignità umana che si sia svolto nella nostra epoca, ha ordinato il prelievo del sangue dal braccio del Presidente degli Stati Uniti per l’accertamento del DNA. Quell’accertamento serviva a identificare come appartenenti a Clinton le macchie di sperma conservate da Monica Lewinsky sul proprio abito. Clinton aveva negato questa circostanza. La sua parola, dunque, non serviva più, non bastava più. Che avesse mentito e meno, dal punto di vista che stiamo analizzando, non ha nessuna importanza. Quello che conta è che, consentendo al prelievo, Clinton ha rinunciato alla base della democrazia: la differenza fra pubblico e privato. Ossia fra il “corpo” e il potere democratico. Il declino dell’America è cominciato allora. L’Unione Europea non fa che portare a conclusione questo itinerario.
La cosa più grottesca è che, appartenenti al paradiso europeo dei “diritti umani”, noi siamo perfino forniti di un garante della privacy.
Fonte:www.italianiliberi.it
21.10.04