Dalle dichiarazione del nuovo governo su Mariupol, si capisce che la Grecia farà leva sulla sua strategica posizione geopolitica, per massimizzare il suo potere contrattuale.
Accanto alle potenze che hanno sempre governato a Bruxelles e a Berlino è sorto un altro movimento, finora debole e incombente, ma senza dubbio un movimento che esiste e sta crescendo: il movimento dei popoli scontenti d’Europa. E in prima linea in questo movimento c’è il governo del Primo Ministro neo-eletto della Grecia, Alexis Tsipras.
Il primo dei molti scontri tra Alexis Tsipras con le potenze dello status quo, non riguarda la ristrutturazione del debito o le riforme strutturali, ma le relazioni tra UE e Russia. Una dichiarazione pubblicata il 27 gennaio 2015, sostiene che tutti i ventotto leader della UE hanno convenuto che la responsabilità per l’attacco missilistico su Mariupol, che ha ucciso trenta persone, è della Russia.
La città ucraina di Mariupol a cui si riferisce la dichiarazione, era in origine un insediamento di rifugiati greci e tatari, che parlavano ortodosso, che furono incoraggiati a stabilirsi in quella zona nel 1778. Questo reinsediamento avrebbe costituito l’asse centrale della politica russa che in seguito avrebbe minato l’economia di quella che – fino al 1783 – era la Crimea Tatara. Ci furono molti morti, ma i discendenti dei coloni fecero fiorire una propria vita culturale che ebbe una vera rinascita nel primo periodo dei tempi sovietici.
Nel 1920, i dialetti locali Greci e Tatari furono promossi e fu creata una rete di scuole di Greco e furono pubblicate opere di letteratura e quotidiani come “Kolehtivistis” – «The Collectivist». Questa rinascita finì bruscamente con le deportazioni di Stalin del 1937. Oggi la popolazione che parla greco costituisce solo una minima parte della popolazione della regione, eppure, è proprio in una trentina di questi villaggi dove le popolazioni ortodosse parlano ancora i dialetti greci e tartari si sta combattendo la guerra nel Donbass.
In questo contesto, l’espressione di “malcontento” di Alexis Tsipras per non essere stato consultato potrebbe essere giustificata. “La dichiarazione sopra indicata è stata rilasciata senza rispettare la procedura prescritta per ottenere il consenso degli Stati membri e, in particolare, senza garantirsi il consenso della Grecia“ – ha dichiarato il governo greco. “Vogliamo sottolineare che la Grecia non è d’accordo con questa dichiarazione“. Resta ancora poco chiaro se la svista sia stata intenzionale o se la confusione sia derivata dal passaggio di potere avvenuta in Grecia. Quello che però non lascia dubbi è che il nuovo governo della Grecia farà tutte le sue possibili pressioni per riallineare le politiche della UE nei confronti della Russia.
Commercio e aspettative
La Grecia ha molte ragioni per essere insoddisfatta per le politiche della UE nei confronti dell’Ucraina e della Russia.
In parte queste ragioni sono di origine economica. Gli arrivi dei turisti dalla Russia ora competono con quelli in arrivo dal Regno Unito e dalla Germania e il loro numero sta crescendo in modo esponenziale negli ultimi anni. Le esportazioni greche verso la Russia sono aumentate e un certo numero di aziende greche hanno investito in Russia. I risarcimento previsti dalla UE per la riduzione delle esportazioni non hanno adeguatamente compensato la perdita di accesso al mercato e la contrazione della produzione che, inevitabilmente, ha comportato tagli di posti di lavoro.
Per di più, le pressioni della UE ha contribuito al fallimento del processo di privatizzazioni di una delle società energetiche statali greche, parte di un consorzio sostenuto dai russi. Dopo di che le critiche ricevute, secondo le quali l’attività delle privatizzazioni in Grecia non sembrava procedere con la dovuta speditezza, ovviamente sono suonate come una critica inconsistente. Le sanzioni imposte dalla UE alla Russia inoltre hanno inciso direttamente sui pochi segmenti ancora dinamici dell’economia greca e hanno contribuito, sia pure indirettamente, alla vittoria di Syriza alle ultime elezioni.
L’insoddisfazione è anche politica. La deposizione del presidente Viktor Yanukovich è stata vista da molti come un colpo di stato incostituzionale promosso dall’Occidente, in altre parole come un esempio dell’imperialismo che i Greci hanno associato con la storia del loro dopoguerra.
Infine, l’insoddisfazione emotiva. Mentre le élite greca, tradizionalmente ha sempre volto il suo sguardo alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti per chiedere appoggio, oggi sta caratterizzando il quadro politico la simpatia che i greci mostrano verso la Russia e verso i russi. Qualcuno ricorda la “Aspettativa russa“, l’ideologia che dominava al tempo delle guerre russo–ottomane del XVIII e XIX secolo. Altri si rifanno ai valori della Rivoluzione russa. Quindi Manolis Glezos, il combattente delle Resistenza Greca e oggi membro del Parlamento europeo per SYRIZA, ha inviato un appello a Vladimir Putin, chiamandolo “compagno” e chiedendo al presidente russo di riconsiderare la sua decisione di mettere sanzioni contro gli agricoltori greci.
In parte, come conseguenza della fioritura dei legami economici e culturali, l’insegnamento del russo in Grecia si è molto incrementato negli ultimi anni. Gli studenti stanno affollando un nuovo Dipartimento di Stidi Slavi all’Università di Atene. Il Comune di Salonicco offre corsi di russo gratuiti per i disoccupati e per ripetere le parole di uno studente durante un dibattito a Salonicco della settimana passata: “imparare il russo significa ottenere un posto di lavoro“. E trovare lavoro non è facile in Grecia oggi.
Ma non siamo ancora alla fine della storia. E ‘interessante notare che le politiche del nuovo governo greco nei confronti dell’Ucraina lo vedono in disaccordo con la posizione del (primus inter pares) gerarca anziano della Chiesa ortodossa, il patriarca ecumenico di Istanbul.
Le implicazioni per la questione di Cipro, obiettivo primario della politica estera greca di tutto l’ultimo mezzo secolo, sono ancora più significative. Come accadde con l’invasione di Cipro da parte della Turchia, anche l’Ucraina finora ha ricevuto solo un sostegno verbale e legale dalle potenze occidentali. Nel corso degli anni, tuttavia a Cipro l’occupazione è diventata una macina che sta strangolando la Turchia, sia in termini di costi militari che per le sentenze della Corte Europea per i Diritti Umani , sui risarcimenti per le vittime e dei Rifugiati. L’annessione della Crimea, se legalizzata, rappresenterebbe un precedente disastroso per Cipro in se stessa. Eppure, malgrado che Cipro costituisca il parallelo più ovvio con la situazione in Ucraina, deve ancora essere fatto un confronto tra Cipro e l’Ucraina.
Tutto considerato, Alexis Tsipras sbaglia sull’Ucraina. Il fatto che le politiche dell’UE abbiano avuto un effetto destabilizzante sul paese, e che ancora oggi la UE non stia offrendo nessun aiuto adeguato, non è sufficiente per giustificare l’annessione della Crimea da parte della Russia e per giustificare il suo sostegno ai separatisti dell’Est.
Qualunque sia la propria opinione sulla teoria della dipendenza, dovrebbe essere evidente a tutti che nessun paese democratico può permettersi di mantenere, per decenni, un avanzo primario fino al 5% del PIL, come prevede il protocollo, quando oltre il 25% della sua popolazione è disoccupata, quando la povertà è endemica e quando la base produttiva del paese è stata devastata. Tutto questo mostra delle somiglianze con le condizioni economiche della Grande Depressione e la UE dovrebbe considerare un sollievo che la vittoria sia andata ad un partito democratico, come SYRIZA. Ciononostante, rimane una sorpresa il fatto che la UE non si sia mossa per adeguare la manovra di riduzione del debito alla crescita del PIL fino ad aprile del 2014, in altre parole prima delle ultime elezioni europee, quando con una mossa di questo genere si sarebbe potuto ottenere più facilmente una accelerazione delle riforme strutturali necessarie per rafforzare il settore privato e quello pubblico delle industrie della Grecia.
Le politiche fiscali deflazionistiche della UE servono come miglior giustificazione per le teorie neo–marxiste che predicano la necessità di lotta di classe di cui si parla oggi. Al posto del termine classe, c’è da aspettarsi di sentir parlare di lotta dei popoli d’Europa contro la loro élite, discorsi che combinano il nazionalismo con l’internazionalismo e che coincidono con le preoccupazioni di altri partiti populisti sorti in tutta Europa. In questo contesto, il tanto ripetuto mantra “pacta sunt servanda” è controproducente.
Come si può desumere dalla dichiarazione del nuovo governo su Mariupol, la Grecia farà leva sulla sua posizione geopolitica, che ora si trova sulla faglia di giunzione, per massimizzare il suo potere contrattuale. Questo gioco ad alto rischio potrà includere non soltanto l’Ucraina/Russia, ma anche le politiche verso i Balcani e verso il Medio Oriente. Tutto ciò sta già esponendo la Grecia a molte critiche. Ma potrà l’economia della Grecia – in particolare il suo settore bancario – sopravvivere con questo genere di politica che rischia di perdere pezzi da tutte le parti, anche solo per poco tempo?
Ungheria + ?
Prima di staccare la spina, la UE deve riflettere attentamente su cosa sono stati i precedenti delle rinegoziazioni sul debito, e anche se un altro Stato fallito alla periferia dell’Europa sia un fatto che ci si possa permettere, cioè : una situazione Ungheria +, dove il centro–sinistra e il centro-destra sono rimasti emarginati, con una destra-nazionalista in lizza per il potere insieme ai fascisti e con una popolazione impoverita, umiliata e arrabbiata.
Dimentichiamoci delle violazioni dei diritti umani, in uno scenario come questo, sarebbe a rischio addirittura la democrazia parlamentare. E tutto questo accadrebbe a pochi passi di distanza dalla Siria, dall’Egitto, dalla Libia e, naturalmente, dall’Ucraina. Anche in termini monetari un errore come questo sarebbe molto più costoso di una rinegoziatione del debito gestita in forma ufficiale, che possa collegare la quota prevista per il rimborso del debito con la crescita del PIL, che potrebbe avvenire dopo aver effettuato le riforme strutturali.
Takis Pappas ha detto che Alexis Tsipras non ha la stoffa del leader carismatico con la brillantezza intellettuale di un Andreas Papandreou e in effetti esiste un abisso tra le aspettative che Tsipras ha generato e la realtà della condizione economica della Grecia. Questo abisso rende più difficile per l’Unione Europea e per la Grecia arrivare a quel compromesso, a cui devono arrivare.
Una cosa dovrebbe essere comunque sicura. Il nuovo Primo Ministro della Grecia dovrebbe aver letto Lenin. Tsipras sa – di sicuro – che il potere viene prodotto, o piuttosto si mobilita e si amplifica, per mezzo della assimilazione di nuovi gruppi in uno stesso sistema politico. Oggi Alexis Tsipras si trova sulla porta e sta mobilitando il potere. Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane dovrebbero farci comprendere se il Primo Ministro e il suo movimento hanno nelle loro vele il vento sufficiente per resistere alle molte tempeste che si abbatteranno contro di loro.
Fonte: https://www.opendemocracy.net
29.01.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di BOSQUE PRIMARIO