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IL CAPITOMBOLO DI KRUGMAN

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A cura di Davide
Il 24 Novembre 2013
39 Views

DI RICHARD HEINBERG
postcarbon.org

Sono rimasto alquanto sorpreso leggendo l’ultimo articolo di Paul Krugman nel New York Times, dal titolo: “Una caduta continuata” (1). Mi sembra che Krugman si sia abbastanza avvicinato a quello che molti di noi strombazzano già da un paio di anni – la crescita economica mondiale è alla fine e faremmo bene a prendere i dovuti provvedimenti. “E se il mondo come lo abbiamo vissuto negli ultimi cinque anni fosse il nuovo mondo ‘normale’ ”? Scrive. “E se le condizioni di depressione diffusa fossero destinate a durare ancora, e non per due o tre anni, ma per decenni?”.
Wow. Questa sì che è un’ardita affermazione, considerando che viene da uno dei più alti prelati della Religione del No-Limits (altrimenti nota come Economia).

Quello che più colpisce è che quest’ improvvisa analisi di Krugman è stata, quasi certamente, provocata dai commenti di Larry Summers (che ha sfiorato la nomina a prossimo Presidente FED), in un recente discorso ad una Conferenza del FMI.

E’ chiaro che anche la Gente Rispettabile inizia a discutere La Fine della Crescita.

 Ma continuiamo a leggere. Perchè Krugman pensa che l’economia sia rallentata? Perchè la crescita demografica (soprattutto negli Stati Uniti e in altri paesi industrializzati) si è fermata. “Una popolazione che cresce, crea una domanda di nuove case, ecc.; quando la crescita demografica si arresta, questa domanda cala.” Vero. Quindi immagino che la soluzione sarebbe quella di augurarci una popolazione mondiale smisurata in modo da non doverci più preoccupare del rallentamento dell’economia. Uhm, credo che tutto questo creerebbe dei problemi…

“Un altro fattore importante potrebbe essere il persistere dei deficit commerciali, apparsi per la prima volta negli anni ’80 e che hanno continuato a fluttuare fin da allora senza mai scomparire”. Ok, questo potrebbe essere un altro fattore determinante per gli Stati Uniti. Ma…è tutto qui?

Queste sono le uniche ragioni considerate da Krugman. Incredibilmente, sembra ignorare la semplice realtà che le economie non possono crescere all’infinito su un pianeta finito. Inoltre, non mostra di rendersi conto del ruolo che hanno gli altissimi prezzi del petrolio nel soffocare l’espansione economica nelle più vecchie nazioni industrializzate.

Krugman ci parla di preoccupanti alti livelli preoccupanti di debiti immobiliari negli Stati Uniti. Il rapporto debito immobiliare/reddito è stato piuttosto stabile nel periodo 1960-1985, innalzandosi poi rapidamente e inesorabilmente dal 1985 al 2007, quando è scoppiata la crisi. Eppure, nonostante l’aumento del debito immobiliare, la performance generale dell’economia in questo periodo è stata pressoché mediocre e la domanda non ha mostrato alcun segno di voler superare l’offerta.

Quindi, il debito immobiliare è cresciuto in maniera tale da sostenere maggiori livelli di consumo, ma, nonostante questo, la crescita reale del PIL si è ulteriormente contratta ad ogni decennio, fino a che non è scoppiata la bolla immobiliare. Tutto vero. Krugman non compie il passo successivo cruciale, cioè quello di spiegare ai suoi lettori che il debito immobiliare ha raggiunto i suoi limiti naturali (in generale, la gente non può permettersi maggiori pagamenti e le banche non sono disposte a fare ulteriori prestiti).

Krugman (e Summers) a un certo punto sembrano avere l’illuminazione e realizzano quale sia il reale stato dell’economia, da noi lungamente predicato. Meraviglioso! E quindi, a questo punto, cosa suggerisce di fare l’economista preferito del Times?

Ed è proprio qui che Krugman fa il capitombolo, andando faccia a terra.

“Se la nostra economia mostra una persistente tendenza alla depressione” opina, “prepariamoci a vivere per molto, molto tempo ancora, alla luce di queste nuove regole di depressione economica – dove la virtù è male e la prudenza è follia, dove ulteriori tentativi di risparmio (inclusi quelli per tentare di ridurre i deficit di bilancio) non fanno che peggiorare le cose.” In altre parole, dovremmo tutti smettere di risparmiare ed il governo dovrebbe mantenere alta la spesa pubblica.

Krugman non sembra a suo agio mentre dà quello che alcuni potrebbero considerare un ‘consiglio economico contradditorio’. “L’economia implica fare delle scelte dure (ovviamente, a spese degli altri) non si tratta solo di convincere la gente a spendere di più”.

Lasciatemelo dire chiaramente. Una delle soluzioni chiave per la nostra attuale crisi economica dovrebbe quindi essere quella di convincere la gente a comprare di più, anche cose di cui non ha bisogno o che non si può permettere. E, di conseguenza, devo presumere che un’altra soluzione chiave dovrebbe essere quella di persuadere la gente ad avere più figli (ma sì, perché non provare a far crescere di nuovo la popolazione?).

Beh, allora Krugman ha ragione quando dice che tutto questo è davvero un male e non una virtù. Ma questo servirà? Certamente no, se dobbiamo continuare a combattere debiti, esaurimento delle risorse naturali e degrado ambientale (come ho descritto nel mio libro La fine della Crescita). Se dobbiamo continuare a combattere, allora faremmo meglio a considerare l’economia industriale del 20° secolo come un’aberrazione, e non come una cosa normale. Il mondo sta per entrare in un regime economico completamente diverso, un regime di persistente contrazione generale – che andrà avanti (con i suoi alti e bassi) finché i consumi avverranno nei limiti del “bilancio” pluriennale delle risorse terrestri.

Adattamento, è questo il nome del gioco. Dovremmo stabilizzare la popolazione, ridurre i consumi, ri-locare e decentralizzare le economie, ridimensionare il nostro sistema finanziario e utilizzare i poteri del governo per ridurre al massimo i danni umani e ambientali che interverranno in questa transizione. La spesa pubblica può contribuire sicuramente in questo contesto, ma solo se finalizzata a una reale ristrutturazione economica – trasporti pubblici, produzione alimentare locale e sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili. A livello personale, dovremmo condividere sempre di più e diventare allo stesso tempo sempre più autosufficienti – due modi per ridurre la nostra dipendenza dai mercati per il soddisfacimento dei nostri bisogni principali.
Una diagnosi e una cura ben diverse da quelle suggerite da Krugman.

Ecco la mia conclusione dopo aver letto “Una Caduta Continuata?”: Paul Krugman sta iniziando solo ora a comprendere la realtà che l’economia degli Stati Uniti non sta reagendo allo stimolo Keynesiano nel modo in cui dovrebbe (come avvenne nelle crisi economiche all’inizio dell’era industriale). Eppure resta intrappolato nella concezione convenzionale che la crescita alla fine riprenderà – poiché, dopo tutto, la crescita è la normale condizione di un’economia sana. E dato che abbiamo costruito la nostra attuale economia sull’aspettativa di consumi e di una popolazione sempre in aumento, il ritorno a una sana economia richiede che noi consumiamo e ci riproduciamo sempre più!

Il contenuto del suo saggio indica che Krugman non comprende i limiti delle risorse. Non comprende i limiti demografici. Non comprende il motivo per cui la nostra economia non sta crescendo, e non sa cosa dobbiamo fare per adattarci a questi limiti sempre più stringenti.

Forse, tra pochi anni, i maggiori economisti faranno progressi più significativi nella comprensione di quello che noi da tempo diciamo. Non ci metterei la mano sul fuoco, a dir la verità. Nel frattempo, tutto dipenderà dai nostri “consumatori”, se perseguire la “virtù” oppure il “male”, se la “prudenza” o la “follia”.

Richard Heinberg
Fonte: www.postcarbon.org
Link: http://www.postcarbon.org/blog-post/1961268-krugman-goes-splat
20.11.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

1) http://www.nytimes.com/2013/11/18/opinion/krugman-a-permanent-slump.html?_r=0

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