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La GERMANIA ha dovuto, ancora una volta, guardare in faccia il suo passato. In discussione questa volta non sono i fatti, ma le parole di Adolf Hitler e la prevista ripubblicazione del suo famigerato manifesto-autobiografia “Mein Kampf”, un libro che è stato ufficialmente bandito dal paese dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma anche se la prospettiva che le parole del Führer ricomincino a circolare liberamente sul mercato tedesco potrebbe scioccare qualcuno, non dovrebbe esserci nessun pericolo. L’aver cresciuto l’ultima generazione inoculandole il bacillo anti-nazista, vaccinandola con un confronto aperto sulle parole di Hitler, è servito molto più che non lasciare che queste parole restassero sottaciute, nascoste furtivamente tra le ombre dell’ illegalità.
Hitler scrisse la prima bozza della sua ideologia profondamente antisemita, sul concetto di razza nel 1924, mentre era in prigione per aver guidato un fallito colpo di stato; al momento della sua morte, 21 anni dopo, aveva venduto 10 milioni di copie.
Da allora, anche se “Mein Kampf” è rimasto sempre presente nell’ombra – negli scaffali più nascosti delle bancarelle di libri usati e delle librerie e, più recentemente, in rete – il titolare del copyright, lo stato della Baviera, ha rifiutato di autorizzare che il libro venga ripubblicato, creando così un alone di tabù intorno al libro.
Tutto questo sta per cambiare. il Copyright della Baviera scade alla fine del 2015 e poi chiunque potrà pubblicare il libro: un editore di libri di qualità o uno che pubblica libri economici, ma potrebbe pubblicarlo anche un gruppo neo-nazista.
Rimettere in circolazione “Mein Kampf” nel flusso del sangue della cultura tedesca costituirà sicuramente un momento di eccezionale importanza. In una nazione dove ancora si comprano avidamente i libri – e che ama discuterne in pubblico – questa pubblicazione accenderà dei nuovi dolorosi dibattiti intergenerazionali nei talk show e sulle pagine culturali su come genitori e nonni si lasciarono fuorviare tanto ciecamente.
Come successe con il clamore creato nel 1996 da Daniel Jonah Goldhagen con il suo controverso libro “I carnefici volontari di Hitler”, che accusava i tedeschi, in generale, di essere tutti capaci di ammazzare gli-ebrei- in-massa, questo evento editoriale potrebbe incidere sulla politica contemporanea e rinvigorire il radicato pacifismo del dopoguerra tedesco. Il coinvolgimento – o il non-coinvolgimento – della Germania nelle crisi internazionali come Kosovo, Afghanistan, Libia e, più recentemente, il Mali è profondamente influenzato da un appassionato dibattito su questo argomento. “La Germania è una terra stregata, dove vivono ancora le ombra di Hitler“, mi ha detto recentemente lo scrittore ebreo tedesco Henryk M. Broder.
Il primo a prepararsi per la corsa alla pubblicazione del libro è l’Istituto di Storia Contemporanea, un rinomato Centro di ricerca per lo studio del nazismo, a Monaco, che dispone già di un team di cinque studiosi che stanno preparando una “edizione critica ragionata ” sulle 700 pagine di Hitler.
La versione dell’istituto raddoppierà le dimensioni del libro e servirà come riferimento accademico per tutti i futuri studiosi del testo base dell’ hitlerismo – ha detto il leader del team – Christian Hartmann. Le ampie annotazioni del libro – ha aggiunto – serviranno per “delimitare” le linee del racconto di Hitler con una “serie di commenti” che demistificheranno e decodificheranno, con un sottotesto alternativo, il contesto storico raccontato, spogliandolo del suo presunto potere ipnotico.
Non sorprende che il progetto “Mein Kampf” abbia suscitato clamore in alcuni ambienti ebraici. Charlotte Knobloch, presidente della Comunità di Cultura israelita di Monaco e dell’Alta Baviera , ha detto che “esiste ancora il pericolo” di catalizzare i sentimenti dell’ estrema destra. Uri Chanoch, un israeliano di 86 anni, superstite dell’Olocausto, ha aggiunto che i tedeschi “da qualche parte nei loro cuori covano ancora odio per noi”, e si è prodigato in una aggressiva campagna contro la riedizione del libro, chiedendo che anche dall’estero si faccia pressione sulla Baviera per bloccarne la ristampa.
Dopo l’eco ricevuto da questo tipo di sentimenti, il Premier bavarese Horst Seehofer, durante il suo viaggio in Israele, ha deciso di togliere il suo patrocinio al progetto “Mein Kampf” e di cancellare i fondi per la ricerca che erano stati stanziati (USD 684.000).
Questa decisione, a sua volta, ha scatenato una levata di scudi tra gli accademici e tra la legislatura bavarese, che in precedenza aveva approvato il progetto. Anche qualche leader ebreo è stato preso alla sprovvista. “Sono rimasto stupito da questa decisione”, ha detto Salomon Korn, il leader della forte comunità ebraica di Francoforte, 7000 persone. “Avremmo già dovuto avere una edizione critica del “Mein Kampf”.
E allora come in goffo balletto, il governo di Seehofer è stato costretto a riconsiderare la sua riconsiderazione e si è accordato per non riprendersi i soldi ma togliendo il suo sigillo di approvazione governativa. Questa foglia di fico, d’altro canto, potrebbe placare o non placare chi la pensa in modo diverso, soprattutto in Israele, che ormai già pensava di essere già riuscito a bloccare la ristampa del libro.
Ma con il finanziamento in mano, l’istituto sta procedendo e la sua edizione servirà ad uno scopo politico di contrasto all’impatto negativo sull’immagine della Germania e sulla cultura politica che potrebbe portare una ristampa incontrollata di un libro che potrebbe inondare il mercato. Indipendentemente da qualsiasi altra pubblicazione, comunque sarà l’edizione accademica la più autorevole, soprattutto nelle scuole e nelle università.
Questo sarà un effetto positivo. Sessantanove anni dopo la seconda guerra mondiale, non ha più senso per i tedeschi non avere ancora libero accesso ad un libro che può essere facilmente acquistato in tanti altri paesi. Mantenere viva una triste diatriba, spesso incomprensibile, per paura di una rinascita nazista, fuori luogo, è una reazione troppo esagerata: l’unico partito pseudo-nazista tedesco in Germania ha ricevuto 1% alle ultime elezioni del Parlamento europeo; in Francia, l’estrema destra ha preso quasi il 25%.
Nel 1959, il primo presidente tedesco del dopoguerra della Germania Ovest, Theodor Heuss, raccomandò di ripubblicare “Mein Kampf”, come monito per il popolo tedesco, ma forse era troppo presto e la popolazione non eraancora pronta per un tale confronto e l’establishment politico dell’epoca lo ignorò.
Oggi, 55 anni dopo e 10 presidenti più tardi, la bella idea di Heuss sta finalmente arrivando a compimento.
Peter Ross Range è un giornalista che spesso scrive sulla Germania.
Fonte: http://www.nytimes.com
8.07.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.