Uno dopo l’altro, la stanno pagando tutti. Il partito laburista olandese che diede vita al “Polder Model” e amministrò l’Olanda per mezzo secolo ha perso i suoi bastioni a Amsterdam, Rotterdam e Utrecht, i suoi sostenitori sono scesi al 10% per aver timidamente approvato le politiche di austerità che hanno portato alla deflazione e ad un abbattimento del valore immobiliare tanto da arrivare a ipoteche sul 25% di patrimoni netti negativi.
Le politiche recessive sono velenose per i paesi che già hanno problemi. L’indebitamento delle famiglie olandesi è passato dal 230% al 250% del reddito disponibile dal 2008 ad oggi, mentre il debito dei britannici è sceso da 151% al 133% nello stesso periodo. Questa crescita disastrosa in Olanda è quasi interamente il risultato della struttura politica dell’UEM, ma il partito laburista olandese non può fare nessuna critica coerente, perché il suo orientamento pro-UE lo costringe quasi al silenzio.
I vecchi marxisti ora ritargati Partito Socialista li hanno logorati ai fianchi, portandoli al 20% con le loro bordate quotidiane contro la miopia delle tante norme volute dall’ Unione Monetaria Europea in un momento in cui, più della metà delle monete del blocco è in depressione, anche se scandito da brevi episodi di un recupero apparente. I Paesi Bassi hanno avuto una ricaduta nel primo trimestre.
“Il Partito Socialista non ha mai creduto nell’euro e non ci crediamo nemmeno adesso. Dobbiamo quindi smettere di chiedere sempre più sacrifici per mantenerlo “, ha detto Dennis de Jong, il leader del partito a Strasburgo che si appella ad un “Piano B ” per smantellare l’Unione Monetaria in modo ordinato, con controlli sui capitali in caso di necessità.
Ogni paese è sui generis. Il Movimento socialista panellenico ( PASOK ), che ha guidato la Grecia alla democrazia dopo la caduta dei colonnelli è sceso del 5,5%, un guscio svuotato dal partito Syriza di quella testa calda di Alexis Tsipras, che ora con il 25% di voti conta di strappare la Grecia dalle grinfie della troika dell’ Ue e del Fmi.
Il PASOK si è meritato il suo annientamento. Ha cospirato nel colpo di stato fatto nel retrobottega a novembre 2011, ancora una volta accettando le richieste dell’UE per rovesciare il proprio primo ministro e per annullare il referendum della Grecia sul bail-out. Rinunciò, allora, ad una prova di forza catartica e necessaria con Bruxelles, per la troppa paura di rischiare l’espulsione dall’euro. Questo referendum si farà adesso, Tsipras ha trasformato le elezioni europee di questa settimana in un verdetto sulla servitù del debito.
Si può capire perché la sinistra nei paesi più piccoli si possa sentire troppo debole per resistere al sistema dell’Unione Monetaria. Il mistero è il motivo per cui un presidente socialista francese, con una maggioranza parlamentare, debba subire passivamente le politiche che stanno fiaccando la linfa vitale dell’economia francese e che stanno distruggendo la sua presidenza.
Francois Hollande ha vinto la corsa alle presidenziali due anni fa puntando sulla crescita, promettendo di dare un impulso per la ripresa a livello di Unione Monetaria per portare l’Europa ad uscire dalla crisi. Ha promesso di mettere il veto al Fiscal Compact della UE. Ha chiesto di essere giudicato per la sua capacità di “piegare la curva della disoccupazione ” e, con il suo disappunto, la gente lo ha preso in parola.
Il tasso di disoccupazione è salito dal 10,1% al 10,4% (Eurostat) da quando ha assunto l’incarico. L’economia ha perso altri 23.600 posti di lavoro nel primo trimestre e la crescita del PIL è scesa di nuovo a zero. Nel corso dell’anno passato sono stati persi 57.000 posti di lavoro. L’indice di gradimento di Hollande ha, a sua volta, macinato anche il 18% secondo un ultimo sondaggio Ifop – il peggiore da sempre per un leader francese .
La sua retorica del New Deal non ha portato a niente. E’ capitolato sul Fiscal Compact, accettando una camicia di forza che obbliga la Francia a tagliare il debito pubblico ogni anno per un importo fisso per due decenni, fino a quando non sarà scesi al 60% del PIL, a prescindere dalla demografia o dal gap che esista nel settore privato o dalle esigenze di investimento dell’economia in un dato momento. E’ uno dei cardini scritti nel diritto dell’UE.
La sua presidenza è stata tutto uno spettacolo dell’orrore di pacchetti di austerità, uno dopo l’altro, un circolo vizioso di maggiori imposte che fanno abortire qualsiasi recupero e lo debilitano con un effetto moltiplicatore che peggiora la situazione. C’è stato un inasprimento fiscale reale del 3,5% del PIL negli ultimi due anni che combinato con il disavanzo non è servito a niente, come avevano pre-avvertito i critici, sen non accompagnato da uno stimolo monetario dalla Banca Centrale Europea, capace di compensare la stretta.
La risposta di Hollande è stata un raddoppio del rigore per infiocchettare il pacchetto. Ha ceduto alle richieste di Bruxelles per altri 50 miliardi di Euro di austerità nei prossimi tre anni. Questa volta la scure cadrà sulla spesa pubblica, arrivata al 57% del PIL. Ci saranno radicali riforme del lavoro, una variante della terapia-shock Hartz IV che servì per fottere i salari tedeschi dieci anni fa. Ha fatto pace con le imprese, ma sarà l’austerità ad farlo a fette, e non importa in che modo.
Hollande si prodigò per una alleanza latina per contrastare i deflattori quando presero il potere e per costringere la Germania a mettere il veto sulle azioni della BCE. Questa momentanea dimostrazione di grinta spinse Draghi ad un piano di retromarcia sul debito italiano e spagnolo nel mese di agosto 2012, aiutato molto da Washington, ma poi non è andato avanti e la Spagna ha continuato per la sua strada, come se fosse una Prussia del Sud o una nuova Tigre latina.
La BCE ancora una volta ha continuato a rigirarsi i pollici, incurante della deflazione. Si sta lasciando i contratti di credito a un tasso del 2,4%, nascondendosi dietro il nuovo mantra del “creditless recoveries – rimborsi senza fare altro debito ” , e ha lasciato che l’ M3 – l’aggregato monetario – restasse in stallo nell’ultimo semestre. Ha lasciato che i vincoli negativi bloccassero il bilancio francese facendolo ridurre di € 800 miliardi, mentre l’euro si è rivalutato dell’ 8% contro lo yuan e del 15% contro lo yen, in un anno. Gran parte del mondo sta cercando di tenere basso il cambio delle valute e la deflazione delle esportazioni. L’Europa è rimasta l’unica e tenersi tutto il pacco sulle spalle.
La nazione francese non deve accettare una asfissia economica. La Francia è il cuore pulsante dell’Europa, l’unico paese con una statura di civiltà capace di condurre una rivolta e di prendersi carico della macchina politica dell’Unione Monetaria. Ma per scoprire il bluff della Germania, con una minima credibilità, Hollande dovrebbe essere pronto a rovesciare tutto il Progetto dalle sue fondamenta e persino a rischiare una rottura sull’euro.
Ma questo lui non se la sente di farlo. Tutta la sua vita politica da Mitterrand a Maastricht è stata intessuta negli affari europei. Lui è prigioniero dell’ideologia di questo progetto, convinto come è che un condominio franco-tedesco rimanga la leva del potere francese e che sia l’euro a tenere legati i due paesi. Lo statista francese Jean-Pierre Chevenement confronta l’acquiescenza di Hollande con il corso rovinoso dei decreti deflazionistici di Pierre Laval nel 1935 durate il Gold Standard, l’ultima volta che un leader francese pensò di dover tirare sangue dal suo paese per difendere il vezzo di un cambio-fisso.
E’ la verità brutale.
I socialisti francesi pensavano di non avere nulla da temere dall’ascesa del Fronte Nazionale, un partito che si prepara a sfruttare la furia prorompente dalla France Profonde , con l’impegno di ripristinare il controllo sovrano francese su tutto ciò che conta nella nazione, e che ha messo l’euro al primo posto tra i suoi compiti. I socialisti pensavano che il Fronte avrebbe tolto voti ai Gaullistes e che avrebbe diviso la destra. Invece sta dilaniando, con lo stesso vigore, anche le loro proprie roccaforti della classe operaia.
Hanno sottovalutato Marine Le Pen, che ora i sondaggi danno alle europeee al 24%. I socialisti sono scivolati al terzo posto. Lei li ha raggirati con il suo slogan “Le Penisme di sinistra “ – o, come mi disse una volta il suo vecchio – la sinistra di Charles de Gaulle – un dente e un artiglio a difesa dello stato sociale e del sacro Modèle Français.
Non hanno nessuna risposta da opporre ai suoi attacchi contro una ” l’austerità insensata” e contro le ” politiche monetarie folli della BCE ” che continuano a intaccare il nucleo industriale della Francia, o contro la sua provocazione che il progetto della Unione Monetaria Europea coincida con una disoccupazione di massa, perché è tutto vero.
E ‘ difficile capire quanto l’ascesa di Le Pen abbia a che fare con l’immigrazione, o il Kulturkampf con l’Islam, ma lei non avrebbe mai ottenuto un simile consenso – e né lo avrebbe ottenuto lo UKIP in Gran Bretagna – se sei anni di perdite di posti di lavoro non avessero completamente distrutto la forza e l’autorità morale dei sostenitorie dell’UNIONE Monetaria Europea.
«Tutto è cominciato con la crisi dell’euro» ha detto Herman Van Rompuy, il presidente dell’Unione europea.
Per qualcuno cominciò prima, con il ” Referendum rubato”, la fatidica decisione di approvare il trattato di Lisbona senza farlo votare, dopo che il popolo francese aveva già respinto un testo quasi identico chiamato “Costituzione europea”. Nella scelta di ignorare la scelta del popolo del maggio 2005, i leader francesi hanno anticipato tutto quello che stiamo vedendo ora in Europa. Quello che stiamo vedendo oggi sono le scosse di assestamento di quel terremoto anti-democratico in Europa “- ha detto l’autore francese Coralie Delaume- Gli Stati Disuniti d’Europa” .
I socialisti dicono che è un oltraggio rifiutare un referendum su Lisbona, ma quando venne il momento di votarlo in parlamento, 142 deputati e senatori si astennero, e 30 votarono a favore del Trattato. Diedero al presidente Nicolas Sarkozy la maggioranza dei tre quinti. La stessa storia squallida del Tweede Kamer olandese.
Le élite pensavano di essersela cavata con le loro prestidigitazioni su Lisbona. Non se l’erano cavata affatto.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte : http://www.telegraph.co.uk
20.05.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.