FONTE: THE ECONOMIST. COM
Sia i politici di destra che quelli di sinistra avrebbero da imparare dai paesi nordici
Paesi piccolini sono spesso in prima linea quando si tratta di riformare il governo. Nel 1980 la Gran Bretagna era in testa, grazie al thatcherismo e alla privatizzazione. La piccola Singapore è stata a lungo un modello per molti riformatori. Ora è probabile che i paesi nordici assumano un ruolo simile.
Questo è in parte dovuto al fatto che i quattro principali paesi nordici – Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia – stanno operando piuttosto bene. Se dovessi rinascere da qualche parte nel mondo come una persona che ha talento e reddito medio, vorresti essere un vichingo. Il gruppo nordico è in cima alle classifiche di tutto, dalla competitività economica alla salute sociale, alla felicità. Hanno evitato sia la sclerosi economica dell’Europa del sud sia la disuguaglianza estrema dell’America. Teorici dello sviluppo hanno preso a chiamare “modernizzazione di successo” il “raggiungere la Danimarca”. Nel frattempo, una regione che un tempo era sinonimo di mobili fai-da-te e Abba è addirittura diventata un paradiso culturale, sede di “The Killing”, Noma e “Angry Birds”.
Come spiega il nostro rapporto speciale di questa settimana, parte di ciò è dovuto ad un fortunato tempismo: i Nordici sono abilmente riusciti ad avere la loro crisi del debito negli anni ’90. Ma la seconda ragione per cui il modello nordico è in voga è più interessante. Per i politici di tutto il mondo, specialmente nell’occidente tormentato dai debiti, offrono un modello di come riformare il settore pubblico, rendendo lo stato di gran lunga più efficiente e reattivo.
Da Pippi calzelunghe alle scuole private
L’idea del governo “magro” Nordico sorprenderà sia i Francesi di sinistra che sognano una Scandinavia socialista che i conservatori americani, che temono che Barack Obama sia incline alla “Svedesizzazione”. Loro non sono aggiornati. Negli anni ‘70 e ‘80 i Nordici erano in effetti paesi di tasse e spesa. Nel 1993 la spesa pubblica in Svezia raggiunse il 67% del PIL. Astrid Lindgren, l’inventore di Pippi Calzelunghe, fu costretto a pagare più del 100% del suo reddito in tasse. Ma il “tassa e spendi” non ha funzionato: la Svezia è passata da essere il quarto paese più ricco del mondo nel 1970 al 14esimo nel 1993.
Da allora, i Nordici hanno cambiato rotta, principalmente a destra. La quota governativa del PIL svedese, che è sceso di circa 18 punti percentuali, è inferiore a quella della Francia e potrebbe presto essere inferiore a quella della Gran Bretagna. La tassazione è stata ridotta: l’aliquota per le imprese è del 22%, di gran lunga inferiore a quella degli USA. I nordici si sono concentrati sul quadrare i conti. Mentre Obama e il Congresso esitano sulla riforma assistenziale, la Svezia ha riformato il suo sistema pensionistico. Il suo deficit di bilancio è pari allo 0,3% del PIL; quello americano è del 7%.
Per quanto riguarda i servizi pubblici i Nordici sono stati allo stesso modo pragmatici. Fino a quando i servizi pubblici funzionano, a loro non importa chi li fornisce. Danimarca e Norvegia permettono alle imprese private di gestire ospedali pubblici. La Svezia ha un sistema universale di “vouchers” buoni-scuola, con scuole private a “scopo di lucro” in competizione con le scuole pubbliche. anche la Danimarca ha dei buoni-scuola, ma di tipo ricaricabile. Quando si tratta di scelta, Milton Friedman sarebbe più a suo agio a Stoccolma che a Washington, DC.
Tutti i politici occidentali affermano di promuovere la trasparenza e la tecnologia. I Nordici possono farlo ancor più a maggior ragion rispetto agli altri. Le prestazioni di tutte le scuole e gli ospedali vengono misurate. I governi sono costretti ad operare alla luce del sole: la Svezia dà a tutti l’accesso ai documenti ufficiali. I politici sono vilipesi se scendono dalle loro biciclette per entrare in limousine ufficiali. La casa di Skype e Spotify è anche leader di e-government: è possibile pagare le tasse con un SMS.
Tutto ciò può sembrare un elevato Thatcherismo, ma i Nordici offrono anche qualcosa per la sinistra progressista, mostrando che è possibile combinare il capitalismo competitivo con un grande Stato: impiegano il 30% della forza lavoro nel settore pubblico, a fronte di una media OCSE del 15%. Sono robusti liberisti che resistono alla tentazione di intervenire anche per proteggere le imprese “icone” : la Svezia lasciò andare in bancarotta la Saab e la Volvo è ora di proprietà dei Cinesi della Geeley. Ma si concentrano anche sul lungo termine – la maggior parte, ovviamente, attraverso il fondo di ricchezza sovrana della Norvegia da 600 miliardi dollari – e cercano modi per temperare gli effetti più duri del capitalismo. La Danimarca, ad esempio, ha un sistema di “flessicurezza”, che rende più facile per i datori di lavoro licenziare le persone, ma fornisce il supporto e la formazione per i disoccupati, e la Finlandia organizza reti di capitale di rischio.
La parte amara del buffet
Il nuovo modello nordico non è perfetto. La spesa pubblica in percentuale del PIL in questi paesi è ancora più alta di quanto questo giornale vorrebbe, o addirittura di ciò che sia sostenibile. I loro livelli di tassazione ancora incoraggiano gli imprenditori a trasferirsi all’estero: Londra è piena di intelligenti giovani svedesi. Troppe persone -soprattutto immigrati-vivono di benefici. Le pressioni che hanno costretto i governi a tagliare le spese, come la crescente concorrenza globale, imporranno ulteriori cambiamenti. I nordici sono “gonfi” rispetto a Singapore, e non hanno messo a fuoco abbastanza i controlli sul reddito.
Ugualmente, sempre più paesi dovrebbero guardare ai Nordici. I Paesi occidentali toccheranno i limiti del grande governo, come ha fatto la Svezia. Quando Angela Merkel si preoccupa che l’Unione europea ha il 7% della popolazione mondiale, ma la metà della sua spesa sociale, i Nordici sono parte della risposta. Essi mostrano anche che i paesi dell’UE possono essere dei veri successi economici. E come gli Asiatici introducono il welfare anche loro guarderanno ai Nordici: la Norvegia è di particolare interesse per i Cinesi.
La principale lezione da imparare dai paesi nordici non è ideologica, ma pratica. Lo stato è popolare non perché è grande, ma perché funziona. Uno svedese paga le tasse più volentieri di un californiano, perché ottiene scuole decenti e assistenza sanitaria gratuita. I nordici hanno spinto a riforme profonde i maggiori sindacati e lobbies d’affare. La prova è lì. È possibile iniettare meccanismi di mercato nello stato sociale per migliorare le sue prestazioni. È possibile poggiare i programmi di assistenza su solide fondamenta per evitare che le generazioni future chiedano l’elemosina. Ma è necessario essere disposti a sradicare la corruzione e gli interessi acquisiti. E bisogna essere pronti ad abbandonare stanche ortodossie della sinistra e destra e cercare le buone idee in tutto lo spettro politico (in tutto l’arco costituzionale). Il mondo continuerà a studiare il modello nordico negli anni a venire.
Fonte: www.economist.com
Link: http://www.economist.com/news/leaders/21571136-politicians-both-right-and-left-could-learn-nordic-countries-next-supermodel
02.02.2013
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ERASMO