DI MASSIMO FINI
ilfattoquotidiano.it
Nei primi anni Novanta irruppe sulla scena politica italiana la Lega. Dopo 30 anni di dittatura partitocratica si presentava una vera forza di opposizione dato che il Pci si era consociato al potere. La comparsa della Lega permise le inchieste di Mani Pulite che scoperchiarono il verminaio di Tangentopoli, che ci è costata 630 mila miliardi, un quarto del debito pubblico. Prima dell’avvento della Lega i magistrati che avevano tentato di indagare sul fenomeno criminale delle tangenti erano stati stoppati. Angelo Milana, pretore a Piacenza, fece nel 1988 un’inchiesta che anticipava di qualche anno quelle di Mani Pulite: mise in carcere un sindaco comunista, uno socialista e un importante imprenditore del Nord, Romagnoli. Si sollevò tutto l’“arco costituzionale” e non, e persino il vescovo della città gridando all’infamia.Milana fu deferito al Csm che ne propose il trasferimento nella vicina Trieste. Era un vecchio giudice e reagì andandosene in pensione. Il pm Carlo Palermo, magistrato a Trento, ebbe la sfortuna di imbattersi, in un’indagine su un traffico d’armi, nel nome di Craxi. Fu trasferito d’imperio nella vicina Trapani dove, dopo tre mesi, subì un attentato dinamitardo detto “di mafia”. Cosa aveva potuto scoprire sulla mafia in soli tre mesi? Nulla. Palermo se la cavò, ma nell’attentato rimasero uccisi una giovane madre e i suoi due figlioletti.
Rammento questo episodio perché in Italia ci si ricorda solo dei morti eccellenti, anche quando mascalzoni, la “gente comune” cade subito nel dimenticatoio.
Ma veniamo al punto. La prima Lega di Bossi e Miglio propose di dividere l’Italia, senza minarne l’unità, in tre macroregioni: Nord, Centro, Sud. Era un’idea innovativa e intelligente perché si tratta effettivamente di tre realtà diverse: per economia, socialità, cultura e clima (non si può chiedere a uno che vive in Sicilia di lavorare 13 ore al giorno come un industrialotto di Varese, ma non può nemmeno pretendere di averne lo stesso tenore di vita). Come tutte le idee intelligenti fu ferocemente avversata (“le tre repubblichette”) dal ceto politico stanziato a Roma che vede le cose solo dall’angolo di visuale capitolino (limite che ritrovo anche nel Fatto). Poi l’idiozia e la spocchia della sinistra regalarono la Lega a Berlusconi e delle tre macroregioni non si parlò più. Roberto Maroni ritira fuori adesso l’“Euroregione del Nord” (Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli). Paradossalmente proprio l’Unione europea rende questa ipotesi più praticabile, anche se sul lungo periodo. Se infatti l’Europa riuscirà a unirsi anche politicamente, con un unico governo, i suoi punti di riferimento periferici non saranno più gli Stati nazionali, che spariranno, troppo deboli per assicurare da soli la difesa e una coerente politica estera, e troppo poco coesi per esaudire le istanze identitarie che, in tempi di globalizzazione, tornano sempre più prepotentemente alla ribalta, ma aree geografiche omogenee che potranno anche superare i vecchi confini (l’Alto Adige col Tirolo, la Riviera di Ponente con la Provenza, l’Aosta con la Savoia, eccetera). Naturalmente i più feroci avversari di un’Europa a unico governo saranno le leads politiche nazionali e in particolare quella italiana.
Che posto avrebbero in un governo europeo, i La Russa, i Fini, i Casini, i Bersani, le Finocchiaro, i Berlusconi, gli Alfano, i Cicchitto? Quello dei pulisci cessi. Ma la Storia mi pare andare in questo senso, sempre che noi non si voglia rimanere eternamente succubi dell’“amico americano”.
Massimo Fini
Fonte: www.ilfattquotidiano.it
26.01.2013