DI GIANANDREA GAIANI
Ilsole24ore.com
La guerra libica sembrava destinata
a una rapida conclusione dopo la presa di Tripoli e la ritirata delle
forze lealiste nelle roccaforti di Sirte, Beni Walid e in quelle della
regione desertica del Fezzan. La resistenza delle truppe fedeli al Colonnello
è però tenace con addirittura qualche contrattacco segnalato sul fronte
di Sirte.
I ribelli, diverse
milizie divise per provenienza, appartenenza tribale o vocazione politica,
non devono fare i conti solo con soldati motivati e pronti a morire
ma anche con milizie tribali dei clan delle tribù Gaddafa e Warfalla,
la prima è quella di appartenenza del raìs e la seconda è in buona
parte legata al regime.
Nonostante il lungo tira
e molla intorno alle trattative per ottenere la resa della città e
la propaganda dei ribelli che tende a rappresentare una città terrorizzata
dai cecchini del Colonnello, Bani Walid sembra determinata a resistere
alle lusinghe e alle minacce dei ribelli forse anche a causa della rivalità
tra i Warfalla e le tribù di Misurata, Zliten e della Cirenaica.
«Le tribù della città
sono decise a resistere ai ribelli che sono agenti della Nato», ha
ha affermato lo sceicco Ali al-Warfally nel corso di un collegamento
telefonico con la tv che ha sede in Siria, “al-Rai”, nota
per aver trasmesso nei giorni scorsi i messaggi audio del colonnello
libico Muammar Gheddafi. «Sto chiamando da Bani Walid con un telefono
satellitare, sono 13 giorni che le tribù Warfalla resistono e tengono
i ribelli a 20 chilometri dalla città. La resistenza – ha concluso
lo sceicco – è condotta da gente dei Warfalla e non ci sono brigate
di stranieri in città».
Gli insorti ammettono
di aver «rinviato per ora l’assalto finale a Bani Walid» dove il portavoce
del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Ahmed Bani punta il dito
contro le brigate di Gheddafi. «Impiegano scudi umani e hanno posizionato
delle batterie di missili sui tetti delle abitazioni civili, rendendo
impossibile alle forze del Cnt e della Nato bombardare«.
Pare però
che pesino anche le crescenti divisioni tra i ribelli con i combattenti
locali che rifiuterebbero di obbedire agli ordini dei comandanti inviati
da Bengasi cercando di muoversi per proprio conto per potersi presentare
come i veri e soli liberatori della città. Nei giorni scorsi gli insorti
erano penetrati vicino al centro ma di fronte alla strenua resistenza
dei difensori si sarebbero poi ritirati per non rischiare di venire
colpiti dalle bombe sganciate dai jet. Il segretario generale dell’Alleanza,
Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che la missione della Nato in Libia proseguirà fino a quando i
civili saranno minacciati dalle forze rimaste fedeli a Muammar Gheddafi.
Definizione paradossale dal momento che a Sirte e Beni Walid la popolazione
sostiene il regime e non viene certi colpita dagli uomini di Gheddafi
ma dai ribelli e dai velivoli della Nato.
Le truppe lealiste
mostrano vivacità anche su altri fronti. Un reparto d’assalto
si quattro veicoli provenienti dal Sahara ha attaccato oggi pozzi petroliferi
a 20 chilometri da Ras Lanuf, obiettivo strategico e simbolico dopo
che il Cnt ha annunciato che al più presto riprenderà l’export petrolifero.
I ribelli lo hanno definito solo “un attacco simbolico” ma
secondo l’emittente al-Alam 15 insorti sono rimasti uccisi nell’assalto
che potrebbe inaugurare la nuova strategia di guerriglia delle forze
lealiste. Resta infine alto il rischio che l’insurrezione contro Gheddafi
sfoci in guerra civile e tribale. Secondo quanto riporta il giornale
ieri si è registrato ieri il primo scontro a fuoco tra fazioni dei
ribelli che fanno capo al Consiglio nazionale transitorio.
Ad affrontarsi sui
monti del Nefusa i ribelli dei villaggi di Gharyan e Kakla schierati
contro quelli di al-Asabaa. Nei combattimenti si sono registrati
12 morti e 16 feriti. Un esponente del Cnt, contattato dallo stesso
quotidiano, si è detto «molto preoccupato per l’arrivo di numerosi
miliziani islamici nella capitale, che sta portando a un aumento dello
scontro politico tra i liberali e gli islamici che potrebbe sfociare
in uno scontro armato».
Secondo quanto riporta
il giornale arabo al-Quds
al-Arabi dopo
la presa di Tripoli i contrasti tra i laici e gli islamici all’interno
del Consiglio di Transizione hanno assunto dimensioni gravi. Secondo
il giornale algerino el-Khabar le divisioni riguarderebbero
le diverse tribù della Libia che «considerano Tripoli come un loro
bottino sul quale mettere le mani». Sabato i siti libici denunciavano
il rifiuto delle milizie di Zlitan schierate a Tripoli di consegnare
le armi al Cnt e di lasciare le loro postazioni, non fidandosi di quelle
delle altre zone del Paese presenti nella capitale.
Fonte: I lealisti resistono, primi segnali di sfaldamento tra i ribelli
12.09.2011