I BRICS CONTRO IL WASHINGTON CONSENSUS

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DI PEPE ESCOBAR

asiatimes.com

La notizia è che questo martedì a Fortaleza, nel Nordest del Brasile, il gruppo delle potenze emergenti detto BRICS (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) combatte il (dis)ordine (neoliberista) del Mondo attraverso una nuova banca destinata a finanziare lo sviluppo e un fondo di riserve valutarie istituito per compensare le crisi finanziarie.
Il diavolo, naturalmente, è nascosto nei dettagli di come ciò verrà fatto.

È stata una strada lunga e tortuosa che parte da Ekaterinburg nel 2009, il primo vertice dei BRICS, fino al tanto atteso colpo di reazione [counterpunch nel testo, letteralmente colpo dato come reazione a un colpo ricevuto, tipicamente finale NdT] contro il Bretton Woods consensus [l’appoggio dato agli accordi di Bretton Woods, dove nel 1944 si svolse la Conferenza omonima che portò alla creazione della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il sistema economico generato da tale conferenza arrivò a collassare nel 1971 – fonte wikipedia NdT] così come contro la Banca Asiatica di Sviluppo (ADB), monopolizzata dal Giappone (ma che risponde, in gran parte, alle priorità degli USA).

La Banca per lo sviluppo dei BRICS – con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari – non sarà solo orientata ai BRICS, ma investirà in progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile su scala globale.

Il modello indicato è il BNDES brasiliano [Banco Nacional do DESenvolvimiento, ovvero Banca Nazionale dello Sviluppo NdT], che supporta le aziende brasiliane che investono in tutta l’America Latina. In pochi anni, la nuova banca raggiungerà una capacità di finanziamento di 350 miliardi dollari come limite massimo. Con ulteriori finanziamenti, provenienti soprattutto da Pechino e Mosca, la nuova istituzione potrebbe surclassare la Banca Mondiale [letteralmente “lasciare la BM nella polvere” NdT]. Si confronti ciò, ovvero l’accesso al risparmio dell’economia reale, con la carta verde stampata degli USA, sprovvisti di alcuna garanzia collaterale [dollari statunitensi attualmente stampati senza alcun vero sottostante a garanzia NdT].

C’è inoltre l’accordo che istituisce 100 miliardi di dollari come pool di valute di riserva – ovvero l’Accordo di Riserva Contingente (CRA), descritto dal ministro delle Finanze russo Anton Siluanov come “una sorta di mini-FMI”. Questo è un meccanismo non allineato al Washington consensus [L’espressione Washington consensus è stata coniata nel 1989 dall’economista John Williamson per descrivere un insieme di 10 direttive di politica economica abbastanza specifiche che egli considerava come il pacchetto standard da destinare ai paesi in via di sviluppo che si trovassero in crisi economica – fonte wikipedia NdT] atto a contrastare un’eventuale fuga di capitali. Per quanto riguarda il pool di valute di riserva, la Cina contribuirà con 41 miliardi di dollari, il Brasile, l’India e la Russia, con 18 miliardi di dollari ciascuno e il Sud Africa con 5 miliardi di dollari.

La banca dovrebbe aver sede a Shanghai – anche se Mumbai ha cercato con forza di imporre la propria candidatura (per analizzare il punto di vista indiano sulla strategia dei BRICS, si veda qui)

Ben al di là dell’economia e della finanza, si tratta essenzialmente di geopolitica, ovvero dello scenario in cui le potenze emergenti offrono un’alternativa al fallito Washington consensus. O, come dicono gli apologeti del consensus stesso, i BRICS possono essere in grado di “alleviare le sfide” provenienti dal “sistema finanziario internazionale” che essi stessi affrontano. Inoltre accade che la strategia sia anche uno dei nodi principali del progressivo solidificarsi dell’alleanza tra Cina e Russia, recentemente in primo piano tramite l’”accordo del secolo” sul gas e altrettanto enfatizzata al forum economico di San Pietroburgo.

Giochiamo a “palla geopolitica” (*)

Proprio come il Brasile è riuscito, avendo contro quasi ogni probabilità, a mettere in scena un’indimenticabile Coppa del Mondo – a dispetto della frana della propria Nazionale – Vladimir Putin e Xi Xinping son appena giunti nel [nostro] quartiere a giocare una palla geopolitica ai massimi livelli.

Il Cremlino vede come altamente strategico il rapporto bilaterale con Brasilia. Non solo Putin ha guardato la finale di Coppa del Mondo a Rio; in disparte rispetto al presidente brasiliano Dilma Rousseff, ma ha persino incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel (discutendo in dettaglio dell’Ucraina). Eppure, probabilmente il membro chiave della spedizione di Putin era Elvira Nabiulin, presidente della Banca centrale della Russia, che sta propugnando con forza, in Sud America, il concetto che tutti i negoziati tra i paesi BRICS dovrebbero bypassare il dollaro statunitense [ovvero usare le valute locali o un mix di tutte le valute secondo le rispettive forze economiche NdT].

Data l’estrema potenza di Putin, il suo simbolico incontro con Fidel Castro a l’Avana, così come la cancellazione di 36 miliardi di dollari del debito cubano, non avrebbe potuto avere un impatto più significativo in tutta l’America Latina. Si facciano i dovuti paragoni con il perenne embargo imposto da un vendicativo Impero del Caos [si riferisce all’embargo USA nei confronti di Cuba, che non accenna ad allentarsi NdT].

In Sud America, Putin sta incontrando non solo con il Presidente dell’Uruguay Pepe Mujica – per discutere, tra l’altro, della costruzione di un porto in acque profonde – ma anche con quello del Venezuela Nicolas Maduro e quello della Bolivia Evo Morales.

Anche Xi Jinping è in tour, e sta visitando, oltre al Brasile, l’Argentina, Cuba e il Venezuela. Ciò che Pechino sta dicendo (e facendo) si integra con le azioni e i proclami di Mosca; l’America Latina è vista come un argomento altamente strategico. Questo dovrebbe tradursi in maggiori investimenti cinesi e una maggiore integrazione Sud-Sud.

Questa offensiva commerciale / diplomatica Cino-Russa si incastra alla perfezione nella spinta concertata verso un mondo multipolare – fianco a fianco con i leader politici / economici sudamericani. L’Argentina è un ottimo esempio. Mentre Buenos Aires, già impantanata in una recessione, combatte i Vulture Fund statunitensi – la quintessenza della speculazione finanziaria – nei tribunali di New York [letteralmente fondi avvoltoio, sono private equity o hedge fund che investono nel debito pubblico di una nazione considerata debolissima o nell’imminenza di un default NdT] ––, Putin e Xi sono disponibili ad offrire investimenti in tutto, dalle ferrovie al settore energetico.

L’industria energetica russa, naturalmente, ha bisogno di investimenti e tecnologie da parte delle multinazionali private occidentali, proprio come il Made in Cina si è sviluppato a partire da investimenti occidentali che hanno beneficiato di manodopera a basso costo. Oggi, ciò che i BRICS stanno cercando di prospettare al Sud Globale del mondo è una scelta: da un lato la speculazione finanziaria, i vulture fund e l’egemonia dei Masters of the Universe; dall’altro lato il capitalismo produttivo, ovvero una strategia alternativa di sviluppo capitalistico rispetto a quanto proposto dalla Triade (USA, UE, Giappone).

Eppure, sarà un lungo cammino per i BRICS quello loro necessario a propugnare un modello produttivo indipendente dal capitalismo speculazione “modello casinò”, che tra l’altro sta ancora cercando di riprendersi dall’imponente crisi del 2007/2008 (la bolla finanziaria non è scoppiata per fare del bene).

Si potrebbe vedere la strategia dei BRICS come una sorta di critica al capitalismo costruttiva e funzionante; un po’ come purificare il sistema dal rifinanziamento perenne del deficit fiscale degli Stati Uniti, così come dalla sindrome di militarizzazione globale – qualcosa di legato al complesso orwelliano / Panopticon [Panopticon o panottico è un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham] – subordinata a Washington. Come ha messo in chiaro l’economista argentino Julio Gambina, la domanda chiave non è l’essere emergente, ma indipendente.

In questo articolo, de La Stampa Claudio Gallo introduce quello che potrebbe essere il problema dei tempi attuali: come il neoliberismo – al potere, direttamente o indirettamente, in gran parte del mondo – stia producendo una mutazione antropologica disastrosa che ci sta precipitando in un totalitarismo globale (mentre tutti cianciano delle proprie “libertà”).

È sempre istruttivo tornare in Argentina. Si tratta di un paese rimasto imprigionato da una cronica crisi del debito estero scatenata, in buona sostanza, dal FMI oltre 40 anni fa – e oggi perpetuata dai vulture funds. La banca dei BRICS e il pool di riserve valutarie, in alternativa a FMI e Banca mondiale, offrono la possibilità a decine di altre nazioni di sfuggire al dramma argentino. Per non parlare della possibilità che le altre nazioni emergenti come Indonesia, Malesia, Iran e Turchia potrebbero presto contribuire a entrambe le istituzioni.

Non deve meravigliare che la banda dittatoriale dei Master of the Universe non si trovi a proprio agio nelle loro sedie in pelle. Questo articolo del Financial Times riassume perfettamente la vista dalla City di Londra – un notorio paradiso del capitalismo stile casinò.

Questi sono giorni inebrianti in Sud America per più di una ragione. L’egemonia atlantista rimarrà parte del quadro, naturalmente, ma è la strategia dei BRICS che sta indicando la via lungo la strada per il futuro. La ruota multipolare continua ancora a girare.

Pepe Escobar è l’autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: asnapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Gli si può scrivere a pepeasia@yahoo.com.

Fonte: www.atimes.com

Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-01-150714.html

15.07.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PG

(*) L’espressione è quasi intraducibile in quanto rima geopolitical ball nell’originale con basket-ball, letteralmente da tradurre con palla a geopolitica NdT]

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