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La Redazione

 

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I BAMBINI DI FALLUJA. LA STORIA DI SAYEF

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A cura di Davide
Il 26 Aprile 2012
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DI ROBERT FISK
independent.co.uk

Per il piccolo Sayef, di soli 14 mesi, non ci sarà nessuna primavera araba. Giace su un piccolo lenzuolo rosso appoggiato su un materasso da quattro soldi, a volte piangendo, con la testa grande il doppio del normale, cieco e paralizzato. Sayeffedin Abdulaziz Mohamed – il suo nome completo – mostra un viso gentile sulla sua enorme testa e dicono che sorrida quando gli altri bambini li fanno visita e quando le famiglie ed i vicini iracheni entrano nella stanza.

Ma non conoscerà mai la storie del mondo che lo circonda, non godrà mai delle libertà del nuovo Medio Oriente. Può muovere solo le mani e bere solo latte in bottiglia perché incapace di inghiottire. È già ben troppo pesante perché suo padre lo possa prendere in braccio. Vive in una prigione le cui porte resteranno chiuse per sempre.

A seguito, “BAMBINI COME TOPI DI LABORATORIO” (Karlos Zurutuza, IPS News);
Scrivere questo tipo di notizie è tanto difficile quanto capire il coraggio della sua famiglia. Molte delle famiglie di Fallujah i cui bambini sono nati affetti da ciò che i dottori chiamano “anomalia congenita” preferiscono chiudere fuori gli estranei, considerando i loro figli come segno di sdegno personale piuttosto che come possibile prova che qui sia accaduto qualcosa di terribile dopo i due grandi conflitti americani contro i ribelli nel 2004 e nel 2007.

Dopo aver inizialmente negato l’uso di granate al fosforo nel corso della seconda battaglia di Fallujah, le forze americane hanno poi ammesso di aver lanciato le munizioni contro alcuni edifici della città. Dei rapporti indipendenti hanno parlato di un tasso di difetti alla nascita ben più alto che in altre zone dell’Iraq, oltre che negli altri paesi arabi. Nessuno, ovviamente, può fornire delle prove schiaccianti che accusino le munizioni americane per la tragedia dei bambini di Fallujah.

Sayef vive – se così si può dire – nel distretto di al-Shahada di Fallujah, in una delle strade più pericolose della città. Quando andiamo a fare visita, fuori della porta di casa di Sayef troviamo dei poliziotti – tutti musulmani sunniti, come i cittadini di Fallujah – imbracciando le loro armi automatiche. Due di questi uomini armati in uniforme blu entrano con noi, visibilmente commossi dal bambino inerme, scuotendo la testa dall’incredulità e la disperazione che suo padre, Mohamed, si rifiuta di rivelare.

“Penso che tutto questo sia causa dell’uso del fosforo da parte degli americani nelle due grandi battaglie”, dice. “Ho sentito parlare di così tanti casi di anomalie congenite infantili. Ci deve essere una ragione. Quando mio figlio è andato all’ospedale per la prima volta, ho visto famiglie con gli stessi identici problemi”.

Sin dal conflitto del 2004, alcuni studi hanno registrato un profondo aumento nei tassi di cancro e mortalità infantile a Fallujah; il rapporto più recente, tra i cui autori compare anche un dottore del Fallujah General Hospital, dichiara che le malformazioni congenite contano il 15% del totale delle nascite nella città.

“Mio figlio non può reggersi in piedi da solo”, dice Mohamed, accarezzando la testa allargata di suo figlio. “Può muovere solo le sue mani. Dobbiamo allattarlo dalla bottiglia. Non può ingoiare. A volte non riesce neanche a prendere il latte, quindi dobbiamo portarlo in ospedale perché gli diano dei fluidi. È cieco dalla nascita. In più, uno dei reni del mio ometto ha smesso di funzionare. È rimasto paralizzato. Non muove le gambe. La cecità è dovuta dall’idrocefalia”.

Mohamed abbraccia le gambe senza uso di Sayef e le muove dolcemente su e giù. “Dopo la nascita, ho portato Sayef a Baghdad ed l’ho fatto visitare dai più importanti neurochirurghi. Hanno detto che non potevano fare nulla. Aveva un difetto alla schiena, che è stato sistemato, ed uno nella testa. La prima operazione non ha avuto successo. Ha avuto la meningite”.

Sia Mohamed che sua moglie hanno circa 35 anni. Diversamente da molte famiglie tribali della zona, non sono imparentati e le loro due figlie, nate prima delle battaglie di Fallujah, godono di perfetta salute. Sayef è nato il 27 gennaio 2011. “Alle mie due figlie piace molto il loro fratellino”, dice Mohamed, “ed anche ai dottori. Partecipano tutti per prendersi cura di lui. Il dr. Abdul-Wahab Saleh ha fatto un lavoro eccezionale su di lui – Sayef non sarebbe vivo se non fosse stato per lui”.

Mohamed lavora per una società di irrigazione meccanica, ma confessa che, con un salario di soli 100 dollari al mese, riceve aiuto finanziario dai parenti. Si trovava fuori dalla città durante i conflitti, ma a due mesi dalla seconda battaglia è tornato trovando la sua casa distrutta; ha ricevuto dei fondi per ricostruirla nel 2006. Durante la nostra conversazione, ha guardato Sayef a lungo e poi lo ha preso in braccio.
“Ogni volta che guardo mio figlio, muoio dentro”, dice mentre le lacrime gli solcano il viso. “Penso al suo destino. Si fa sempre più pesante. Si fa più difficile tenerlo in braccio”. Gli chiedo quindi chi incolpa per il calvario del piccolo Sayef. Mi aspetto una valanga di accuse contro gli americani, il governo iracheno, il Ministro della Sanità. Per molto tempo, la stampa mondiale ha dipinto la gente di Fallujah come “pro-terrorista” ed “anti-occidentale”, sin dall’uccisione e cremazione dei quattro mercenari americani nel 2004 – evento che ha dato inizio alle battaglie di Fallujah nelle quali circa 2.000 iracheni, tra civili e ribelli, e quasi 100 truppe americane hanno perso la vita.

Ma Mohamed rimane in silenzio per alcuni istanti. Non è il primo padre a mostrarci il suo figlio deformato. “Chiedo solo aiuto a Dio”, dice. “Non mi aspetto di essere aiutato da nessuno altro essere umano”. Il che prova, credo, che Fallujah – lungi dall’essere una città di terrore – possiede alcuni uomini davvero coraggiosi.

Robert Fisk 
Fonte: http://www.independent.co.uk/opinion
Link; http://www.independent.co.uk/opinion/commentators/fisk/robert-fisk-the-children-of-fallujah–sayefs-story-7675977.html?origin=internalSearch
25.04.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

Fallujah: una storia

La prima battaglia di Fallujah, nell’aprile 2004, fu un assedio di un mese durante il quale le forze americane non sono riuscite a prendere la città, considerata una roccaforte ribelle. La seconda battaglia, in novembre, l’ha rasa al suolo. Le polemiche si sono scatenate contro le dichiarazioni per cui le truppe americane avevano impiegato granate al fosforo bianco. Uno studio del 2010 ha affermato che l’aumento dei tassi di mortalità infantile, cancro e leucemia a Fallujah hanno superato quelli riscontrati nei sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

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BAMBINI COME TOPI DI LABORATORIO

di Karlos Zurutuza – 21 aprile 2012

All’ospedale di Fallujah non sono in grado di fornire statistiche sui bambini nati con malformazioni; semplicemente ce ne sono troppi. I genitori non vogliono parlarne. “Le famiglie seppelliscono i propri neonati dopo la loro morte senza dirlo a nessuno,” afferma il portavoce dell’ospedale, Nadim al-Hadidi. “Se ne vergognano troppo.”

“Abbiamo registrato 672 casi a gennaio, ma sappiamo che ce ne sono molti di più”, dice Hadidi. Proietta immagini su una parete del suo ufficio: bambini nati senza cervello, senza occhi o con gli intestini fuori dal corpo.

Di fronte all’immagine bloccata di un bambino nato senza arti, Hadidi dice che i sentimenti dei genitori solitamente variano dalla vergogna al senso di colpa. “Pensano che sia colpa loro, che ci sia qualcosa di sbagliato in loro. E non è affatto d’aiuto quando qualche vecchio dice loro che è la ‘punizione del Signore’”.

E’ difficile guardare le fotografie. E i responsabili di tutto questo hanno chiuso gli occhi.

“Nel 2004 gli statunitensi hanno sperimentato su di noi ogni genere di ordigni chimici ed esplosivi: bombe termobariche, fosforo bianco, uranio impoverito … siamo stati per loro tutti topi da laboratorio,” dice Hadidi spegnendo il proiettore.

I mesi che sono seguiti all’invasione dell’Iraq nel 2003 hanno visto persistenti dimostrazioni contro le forze d’occupazione. Ma non è stato che nel 2004 che questa città presso l’Eufrate, a ovest di Baghdad, ha visto il peggio.

Il 31 marzo di quell’anno le immagini dei corpi smembrati di quattro mercenari del gruppo statunitense Blackwater pendenti da un ponte hanno fatto il giro del mondo. Al-Qaeda ha rivendicato la brutale azione e la popolazione locale ha pagato il prezzo dell’Operazione Phantom Fury [Furia fantasma] che è seguita. Secondo il Pentagono si è trattato del più grande scontro urbano dai tempi di Hue (Vietnam, 1968).

Il primo giro di vite è avvenuto nell’aprile 2004 ma il peggiore è stato a novembre di quell’anno. Controlli casuali casa per casa hanno dato il via a intensi bombardamenti notturni. Gli statunitensi hanno dichiarato di aver utilizzato il fosforo bianco “per illuminare i bersagli di notte”. Ma un gruppo di giornalisti italiani ha fornito presto prove documentali che il fosforo bianco era stato semplicemente un’altra delle armi vietate utilizzate contro i civili dalle truppe statunitensi.

Il numero totale delle vittime è tuttora ignoto. In effetti, molte di esse non sono ancora nate.

Abdulkadir Airawi, un medico dell’ospedale di Fallujah, è appena di ritorno dall’aver esaminato un interessante nuovo caso. “Questa ragazza è nata con la sindrome di Dandy Walker. Ha il cervello diviso in due e dubito che sopravvivrà.” Mentre parla, le luci si spengono di nuovo nell’interno ospedale.

“Siamo privi della struttura più elementare. Come pretendono che affrontiamo un’emergenza come questa?”

Secondo uno studio pubblicato nel luglio 2010 dall’International Journal of Enviromental Research and Public Health, con sede in Svizzera, “gli aumenti dei casi di cancro, leucemia e mortalità infantile e di cambiamenti del normale rapporto tra i sessi alla nascita a Fallujah sono significativamente maggiori di quelli riferiti relativamente ai sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki nel 1945.”

I ricercatori hanno rilevato che c’è stato un aumento di 38 volte della leucemia (17 volte nelle località giapponesi). Analisti stimati come Noam Chomsky hanno definito tali conclusioni come “immensamente più imbarazzanti delle rivelazioni di WikiLeaks sull’Afghanistan”.

Samira Alaani, medico capo all’ospedale di Fallujah, ha preso parte a uno studio in stretta collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Diverse verifiche condotte a Londra segnalano quantità insolitamente elevate di uranio e mercurio nei capelli delle persone colpite. Ciò potrebbe essere la prova che collega l’utilizzo di armi vietate alla quantità dei problemi genetici a Fallujah.

Piuttosto che sul fosforo bianco, molti puntano il dito sull’uranio impoverito (DU), un elemento radioattivo che, secondo gli ingegneri dell’esercito, aumenta significativamente la capacità di penetrazione dei proiettili. Si ritiene che il DU abbia una vita di 4,5 miliardi di anni ed è stato definito “l’assassino silenzioso che non smette mai di uccidere”. Molte organizzazioni internazionali hanno chiesto alla NATO di accertare se durante la guerra in Libia è stato utilizzato il DU.

In questo mese il Ministero iracheno della Sanità, in stretta collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, avvierà il suo primo studio in assoluto sulle malformazioni congenite nei governatorati di Baghdad, Anbar, Thi Qar, Suleimania, Diala e Basra.

Stretta tra i confini dell’Iran e del Kuwait, Basra è situata sopra enormi riserve di petrolio. La popolazione di questa provincia dell’estremo sud ha subito combattimenti molto più di qualsiasi altra regione: dalla guerra contro l’Iran degli anni ’80 alla guerra del Golfo del 1991 e all’invasione guidata dagli USA nel 2003.

Uno studio dell’Università di Baghdad ha segnalato che i casi di malformazioni alla nascita erano aumentati di dieci volte a Basra due anni prima dell’invasione del 2003. La tendenza continua a salire.

L’Ospedale Pediatrico di Basra, specializzato nell’oncologia pediatrica, è stato aperto nel 2010. Finanziata da capitale statunitense, questa struttura è stata avviata dall’ex first lady statunitense Laura Bush. Ma, come l’ospedale di Fallujah, questa struttura presunta allo stato dell’arte manca di attrezzature fondamentali.

“La macchina per i raggi X è rimasta un anno e mezzo in magazzino nel porto di Basra per una disputa amministrativa su chi dovesse pagare le tasse portuali. I nostri bambini morivano in attesa di un trattamento radioterapeutico che non arrivava,” dice Laith Shakr Al-Sailhi, padre di un bambino malato e direttore dell’Associazione del Cancro Infantile irachena.

“La lista d’attesa per il trattamento a Baghdad è infinita e il tempo non è mai dalla parte dei pazienti” dice Al-Sailhi nelle baracche che ospitano il quartier generale della sua ONG vicino all’ospedale.

“Inoltre le malattie di questi bambini hanno portato alla rovina economica le loro famiglie. Quelli che possono permetterselo pagano, per il trattamento, fino a 7.000 dollari in Siria e fino a 12.000 dollari in Giordania. L’opzione più economica è l’Iran, con costi in media di 5.000 dollari.

Oggi le famiglie fioccano a Teheran per il trattamento dei figli. Molte di esse dormono nelle strade perché non possono permettersi di pagarsi una stanza in albergo.”

 

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/those-laboratory-mice-were-children-by-karlos-zurutuza

Originale: IPS News

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 

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