DI DOV ZAKHEIM
globalresearch.ca
I preparativi per la guerra in Iran
Sembra ormai certa la notizia che la colossale vendita di armi all’Arabia Saudita, da parte degli Stati Uniti, sarà destinata alla guerra contro l’Iran. E il bello è che Israele non ha fatto nessuna opposizione. Secondo le parole di un analista, riportate dall’agenzia stampa cinese Xinhua News Agency, proprio Gerusalemme sembra aver abbracciato l’antico principio: “Il nemico del mio nemico, è mio amico”.
Molto probabilmente, l’accordo, riguardante la fornitura di 84 nuovi F-15, la modernizzazione di 70 F-15 della flotta aerea di Riyadh, e un migliaio di bombe “bunker buster” (bombe sfonda-bunker ) , è finalizzato ad aumentare l’effetto deterrente dei Sauditi contro l’Iran. Ma ciò presuppone che l’Iran continuerà a lavorare per portare a termine il suo programma nucleare entro il 2015, anno in cui il primo dei nuovi F-15 verrà consegnato all’Arabia Saudita. Se entro quella data l’Iran dovesse essere già in possesso delle armi nucleari e dei sistemi di puntamento, sarà impossibile per i Sauditi evitare un eventuale attacco di Teheran. Dall’altra parte, se l’Iran rinunciasse al suo programma nucleare, come risposta alle pressioni internazionali o a scompigli interni, l’acquisto di armi dei Sauditi si rivelerebbe eccessivo.
Guardando al resto dell’accordo, sembrerebbe che Riyadh abbia altre preoccupazioni. I Sauditi hanno acquistato 190 elicotteri, tra cui 70 Apache Longbows, una versione aggiornata del migliore elicottero da attacco dell’esercito statunitense, dotato di vari tipi di armi, come potentissimi cannoncini da 30 mm e missili anticarro. Inoltre, sono stati comprati 36 AH-6i, degli elicotteri leggeri conosciuti come “Little Bird”, usati spesso dalle Forze Speciali, e 72 UH-60 Blackhawks, utili per gli spostamenti delle truppe all’interno e all’esterno delle zone di combattimento.
L’acquisto di questi elicotteri ha senso in un’ottica di prevenzione degli attacchi dello Yemen o di supporto alle operazioni del governo di Sana’a contro le tribù ribelli, come gli Houthis (che sono Zaidi, un sottogruppo degli Sciiti). Se gli Houthis o altri ribelli dovessero operare all’interno di nascondigli sotterranei, verrebbero impiegate le “bunker buster”. La modernizzazione della flotta navale saudita ha lo scopo di evitare la pirateria nel Mar Rosso, nonché gli assalti alle piattaforme petrolifere della Provincia Orientale e come anche da deterrente per eventuali attacchi della flotta iraniana o delle forze navali delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane.
Perché Israele non si è opposta all’acquisto di sistemi di attacco da parte dei Sauditi, che teoricamente potrebbero essere utilizzati contro lo stato ebraico? In parte perché gli Israeliani non si aspettano un attacco del genere; in parte perché riceveranno i più moderni F-35 nello stesso anno in cui i Sauditi avranno gli F-15; in parte perché gli Israeliani hanno già, e quindi conoscono bene, non solo gli F-15, ma anche gran parte dei sistemi che i Sauditi hanno acquistato. Presumibilmente, le Forze Armate israeliane hanno escogitato un’azione di difesa che prevede la guerra elettronica o mezzi cinetici. Inoltre, è negli interessi di Israele che il regime conservatore saudita eviti la presa di potere di radicali come gli Houthis, che con le loro azioni hanno terrorizzato l’antica comunità ebraica dello Yemen, al punto da costringere gran parte di essa a emigrare.
Inoltre, anche se non pensano che gli F-15 possano essere determinanti nella lotta al programma nucleare dell’Iran, Israele crede che Teheran non abbia bisogno di cinque anni per creare la bomba, e sono consapevoli dell’impatto psicologico che il loro tacito supporto ai Sauditi potrebbe avere sugli Ayatollah. Agli Israeliani non dispiacerebbe se, di fronte alla loro passività, i paranoici leader iraniani deducessero che Israele e Riyadh sono in combutta contro di loro, e che Israele ha in serbo un piano segreto per sorvolare lo spazio aereo saudita e attaccare gli impianti nucleari iraniani.
C’è un’ulteriore ragione per il silenzio di Israele di fronte all’accordo: per oltre venti anni, da quando il primo ministro Yitzhak Shamir nel 1988 annullò l’opposizione degli ebrei americani alla vendita degli F-18 al Kuwait, Israele non si è mai immischiata nella vendita di armamenti agli stati arabi del Golfo. All’epoca, Shamir disse che la la vendita non rappresentava una minaccia per Israele, e un suo diplomatico a Washington consigliò a vari oppositori del Congresso di conservare le polemiche per altre questioni. Da allora, l’idea di Israele a riguardo non è cambiata, mentre il desiderio di vittoria sugli stati del Golfo si è intensificato. Israele vuole instaurare rapporti decenti, se non ufficiali, con i regimi del sud del Golfo, non solo per dar vita a un fronte unito contro l’Iran, ma anche per incoraggiarli a svolgere un ruolo positivo nel processo di pace e ad aumentare il loro supporto finanziario all’autorità palestinese. Mentre Israele ha avuto dei rapporti economici a intermittenza con vari stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo, l’Arabia Saudita non ne ha mai fatto parte. Riyadh è il primo premio, e gli Israeliani sono disposti a tutto per vincerlo, anche ad acconsentire a un enorme acquisto di armi dall’America.
Dov Zakheim
Fonte: www.globalresearch.ca
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23.10.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STEFANIA MICUCCI