GUIDA AL MEMORANDUM HADLEY

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Per capire il memo

DI LAURA ROZEN
American Prospect

Una guida alla lettura delle riflessioni di Stephen Hadley sull’Iraq.

Lo scorso mercoledì, proprio quando il Presidente Bush stava per incontrare il primo ministro iracheno Nour Al Maliki in Giordania, il New York Times ha pubblicato un documento riservato elaborato dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Stephen Hadley e dal suo staff dopo il recente viaggio di Hadley in Iraq. Il documento espone seri dubbi sulla capacità e volontà di Maliki di contrastare la crescente violenza in Iraq. Rivela inoltre un’amministrazione che sta cercando disperatamente di escogitare il modo per sostenere Maliki come capo di un ricostituito governo di unità nazionale, ma fa intendere anche un altro aspetto cruciale delle recenti discussioni interne alla Casa Bianca su come procedere in Iraq: e cioè che la raccomandazione Hadley non è l’unica opzione considerata attivamente dall’amministrazione. Anzi, se diventerà improponibile sostenere un governo di unità nazionale – cosa che gli autori del documento credono possa accadere – ci sono elementi dell’amministrazione favorevoli ad abbandonare completamente l’unità a favore degli sciiti iracheni.Durante il fine settimana del Veterans’ Day, la squadra della sicurezza nazionale al completo si è riunita, per volontà della Casa Bianca, per discutere a riguardo della strategia in Iraq, come è stato riferito da Robin Wright del Washington Post. Secondo le mie fonti il documento, datato 8 novembre (due giorni prima del Veterans’ Day), era considerato un punto di partenza per quelle discussioni. Anche se non riflette tutte le posizioni all’interno dell’amministrazione sulla gestione della guerra in Iraq, il documento Hadley offre indicazioni sul merito della discussione. Ecco dunque una guida ai piani che stanno emergendo come dominanti:

Opzione 1: Status quo con aggiunta. Questa opzione, così come viene delineata dal documento Hadley, sarebbe l’estremo tentativo di puntellare un ricostituito governo iracheno di unità nazionale con altri 20.000 soldati a presidiare Baghdad. “L’ovvio obiettivo nell’immediato è mettere al sicuro Baghdad,” dice l’analista militare Tom Donnelly del Centro Studi Strategici e Internazionali. “Per ottenere ciò sarebbe preferibile aumentare gli uomini, ma se costretti li si potrebbe spostare dalla provincia di Anbar [Iraq occidentale]… Penso che se non otteniamo risultati positivi a Baghdad in sei mesi la guerra è finita.”

Il piano consisterebbe nel tentare di formare una coalizione di governo più efficace che comprendesse i sunniti, i curdi e gli sciiti, cercando al contempo di allontanare da Sadr la coalizione sciita di Maliki e di avvicinarla al capo sciita Ayatollah Abdul Aziz Hakim, che presiede il Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica in Iraq (SCIRI) e la milizia della Brigata Badr. (Una visita ufficiale di Hakim a Washington è attesa per la prossima settimana). La milizia del Mahdi leale al giovane leader radicale sciita Moqtada al Sadr continuerebbe a rappresentare il nemico. Washington dovrebbe anche chiedere all’Arabia Saudita e ai paesi vicini di incoraggiare l’appoggio a Maliki, e far pressioni su Siria e Iran perché limitino il sostegno ai combattenti.
“C’è qualcuno che a questo stadio pensi che siamo capaci di costruire una base politica tra i moderati?” chiede l’analista militare Andrew Bacevich, docente dell’Università di Boston, riflettendo sul documento. “Abbiamo tentato di farlo negli ultimi tre anni. Sembra dunque che la strategia consista in un ‘su, cercate di fare di più. D’accordo, non ha funzionato negli ultimi tre anni, ma riprovateci con maggiore impegno.’

Opzione 2: schierarsi con gli sciiti. Tra le idee avanzate durante la discussione svoltasi durante il finesettimana del Veterans’ Day ce n’era una apparentemente in contrasto con lo spirito del documento Hadley: secondo questa opzione, che mi è stata descritta come una posizione di ripiego caldeggiata dall’ufficio di Cheney e da alcuni elementi del Consiglio della Sicurezza Nazionale, gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare l’obiettivo immediato della riconciliazione nazionale e scegliere di schierarsi con gli sciiti. In base all’opzione “via libera agli sciiti” gli Stati Uniti sosterrebbero una coalizione sciita che includesse il capo del SCIRI e le sue Brigate Badr come nucleo di un esercito iracheno sotto il controllo diretto del primo ministro Maliki. Anche se gli Stati Uniti si schierassero con gli sciiti, il documento Hadley specifica che gli USA dovrebbero comunque premere su Maliki perché prendesse le distanze da Sadr e dalla milizia del Mahdi. Notate in particolare il linguaggio del documento Hadley quando si tratta dell’importanza di aumentare le dimensioni dell’esercito iracheno e il controllo di Maliki su di esso: “Cercare modi per rendere subito Maliki più forte dandogli ulteriore controllo sulle forze irachene, anche se dobbiamo riconoscere che al momento dovremmo essere in grado di dargli più autorità riguardo le forze esistenti, piuttosto che più forze .” In seguito Hadley aggiunge, “Chiedere a Casey di sviluppare un piano per aumentare il potere di Maliki, comprese… più forze sotto il controllo e il comando di Maliki.” Fonti militari dicono che la chiave di questo controllo è costituita dalle Brigate Badr.

Sentiamo sempre più spesso elementi del Pentagono e della comunità dell’intelligence usare espressioni come “scegliere il vincitore” e “sostenere gli sciiti o presidiare una guerra civile”. “La situazione richiede che l’amministrazione abbandoni il suo vecchio obiettivo della riconciliazione nazionale e ‘scelga un vincitore’ in Iraq”, ha detto lunedì un ufficiale dell’intelligence citato da Thomas Ricks e Robin Wright del Post. “Ha detto di capire che ciò significa che i sunniti probabilmente abbandoneranno il già fragile governo. ‘È il prezzo da pagare’, ha detto.”

Opzione 3: Ridurre le truppe americane, correre ai ripari, gestire la guerra civile con obiettivi e aspettative ampiamente ridotti. Questa è l’opzione che più si avvicina alla strategia di “Reimpiego e Contenimento” che verrebbe esaminata dal Gruppo di Studio sull’Iraq, e secondo la quale le truppe statunitensi dovrebbero spostarsi in basi fortificate all’interno o al di fuori dell’Iraq, uscendone periodicamente per lanciare attacchi contro al-Qaeda nella provincia occidentale irachena di Anbar, e fornire addestramento intensivo e supporto logistico alle forze irachene, diminuendo i soldati in Iraq a 60-70.000 per l’anno venturo. Il documento Hadley, che propone di impiegare altri 20.000 soldati in Iraq nelle prossime settimane, suggerirebbe che la Casa Bianca non è disposta ad accettare questa opzione senza un altro sforzo per aumentare le truppe che presidiano Baghdad.

In questo momento non è chiaro chi abbia fatto filtrare il documento Hadley e perché. Ma una possibilità è che rientri in una battaglia tra opposte fazioni per far sì che si parlì dell’inconsistenza dell’Opzione 1, cioè la riconciliazione nazionale, con l’intento di accelerare le Opzioni 2 o 3. Anche se non fosse così, il risultato è questo: poche ore dopo la pubblicazione del documento, l’incontro di Bush con Maliki – programmato da tempo – è stato rinviato. Alla domanda se il ritardo fosse dovuto al fatto che il memo aveva rivelato la scarsa fiducia della Casa Bianca nei confronti di Maliki, secondo il Washington Post il consigliere della Casa Bianca Dan Bartlett ha dichiatato “Assolutamente no.” Una rara esibizione pubblica di certezza in un panorama sempre più confuso.

Versione originale:

Laura Rozen
Fonte: http://www.prospect.org
Link: http://www.prospect.org/web/page.ww?section=root&name=ViewWeb&articleId=12270
30.11.2006

Versione italiana:

Fonte: http://mirumir.altervista.org/
Link: http://mirumir.altervista.org/2006/12/guida-al-memorandum-hadley-di-laura.html
05.12.2006

Traduzione dall’inglese a cura di Andrej Andreevič

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