GUERRA PERPETUA

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Il Mito della guerra giusta: 60 anni sono abbastanza

DI MICKEY Z

Quando sta per arrivare un altro decennale della fine della seconda guerra mondiale subito ci accorgiamo che cosa ci aspetta: un profluvio di ricorrenze. Nel bel mezzo di un’altra guerra del bene contro il male, l’America si appresta a celebrare ancora una volta l’originale “guerra giusta”. Secondo il galoppino aziendale, Tom Brokaw, la seconda guerra mondiale non è stata soltanto un “guerra giusta” ma anche “la più grande guerra che il mondo abbia mai visto.”

Però gli Stati Uniti hanno combattuto una guerra anti-razzista con un esercito razzista.

La nostra partecipazione alla guerra doveva porre fine a tutte le atrocità, però abbiamo ucciso soldati che si arrendevano, abbiamo fatto morire di fame i prigionieri, abbiamo deliberatamente bombardato popolazioni civili, raso al suolo ospedali, mitragliato scialuppe di salvataggio, e nel Pacifico abbiamo bollito teste umane per farne dei teschi da regalare come soprammobile ai nostri cari.

FDR (Franklin Delano Roosevelt) , capo delle forze anti-atrocità, anti-razzista, ha firmato l’ordine esecutivo n. 9066, con il quale si internavano 100.000 giapponesi-americani senza processo… così, col pretesto di eliminare gli ideatori dei campi di concentramento tedeschi, abbiamo ideato i campi di concentramento americani.

Prima, durante, e dopo la Guerra Giusta, gli affaristi americani non hanno mai smesso di fare affari col nemico. Fra le varie ditte che hanno investito sul nazismo ci sono stati Ford, General Electric, Standard Oil, Texaco, ITT, IBM, e General Motors (il dirigente principale, William Knudsen aveva definito la Germania nazista: “Il miracolo del 20esimo secolo.”)

E così, gli USA prima, durante la guerra, hanno respinto regolarmente i profughi ebrei facendoli andare incontro a morte certa in Europa, poi, dopo la guerra, hanno accolto a braccia aperte un altro tipo di rifugiati: criminali di guerra nazisti utili per organizzare la CIA e aiutare il programma atomico americano.

Il generale Curtis LeMay, artefice dei bombardamenti aerei su Tokio nel 1945, ha riassunto la situazione così: “Se avessimo perso la guerra sarei stato processato come criminale di guerra. Per fortuna mi sono trovato dalla parte vincente.” La favola continua della Guerra Giusta va ben oltre i pic-nic del Memorial Day o allo sfarfallio dei filmati in bianco e nero che la TV trasmette la sera tardi. La Seconda Guerra Mondiale è la guerra americana più popolare. Secondo la vulgata tradizionale si è trattato di una guerra inevitabile, che un popolo pacifico ha dovuto subire dopo un attacco di sorpresa portato da un nemico infido. Questa guerra è stata dipinta, in modo premeditato e consapevole, ieri come oggi, come la lotta mortale del bene contro il male. Per la maggioranza degli americani la seconda guerra mondiale non è stata altro che lo scontro fra il bene e il male in divise color kaki.

Ma, Hollywood a parte, John Wayne non ha mai messo piede a Iwo Jima. Malgrado gli sbiaditi ricordi di Reagan, egli non ha mai partecipato alla liberazione di alcun campo di concentramento. E, contrariamente alla credenza popolare, FDR non ha mai avuto l’iniziativa di spedire i nostri ragazzi “proprio là” ad affrontare la Germania di Hitler, sono stati i Nazisti stessi che hanno dichiarato guerra per primi agli USA.

I soldati americani non hanno sacrificato le loro vite per una guerra santa che doveva vendicare Pearl Harbour o porre termine all’olocausto perpetrato dai Nazisti. Si è trattato una guerra combattuta per ragioni territoriali, di potere, di denaro, di controllo, in una parola si è trattato di imperialismo. Per quanto riguarda gli anni ante guerra ci viene ripetuto che abbiamo sbagliato a cercare intese con i fascismi. Se soltanto fossimo stati un po’ più risoluti i fascismi si sarebbero potuti bloccare. L’errore è stata la politica dello ‘appeasement’ (cercare la pace a ogni costo). Così i vari guru ci dicono che se abbiamo sbagliato una volta non dobbiamo farlo più.

Quando si paragonano i tiranni di oggi, come Saddam Hussein, a Hitler e si tira in ballo la parola A (‘Appeasement’) si predispone questo bel scenario: dopo aver castigato l’originale asse del male con una guerra nobile e giusta, adesso gli USA e i suoi alleati si apprestano a sventolare la bandiera umanitaria per poter intervenire impunemente in ogni parte del globo, senza che i loro veri motivi vengano messi in discussione… specialmente quando i nemici sono considerati epigoni di Hitler.

Ma l’appeasement non è stata la sola politica degli anni ante guerra. C’è stata, come minimo, una certa atmosfera di indifferenza, e come massimo una collaborazione diretta…causata da avidità economica e da una non piccola parte di condivisione ideologica.

Gli investimenti USA in Germania, tra il 1929 e il 1940, sono cresciuti del 48%, mentre calavano sensibilmente nel resto d’Europa. Molte ditte americane hanno continuato la loro attività anche durante gli anni di guerra (anche se questo significava sfruttare il lavoro forzato dei campi di concentramento) con l’appoggio diretto del governo americano. Per esempio i piloti americani avevano ricevuto istruzioni di non bombardare le fabbriche americane che si trovavano in Germania. Per questo i civili tedeschi, durante gli allarmi aerei, si rifugiavano nelle fabbriche Ford di Colonia.

La ricerca del profitto ha superato da molto tempo i confini delle nazioni e della lealtà. Fare affari con Hitler o Mussolini non era tanto disgustoso per i capitani di industria quanto non lo è oggi vendere armi al regime indonesiano. Cosa volete che sia una piccola repressione quando c’è da guadagnare?

Ecco che cosa Hitler e Saddam hanno avuto in comune: malgrado le loro atrocità tutti e due sono stati aiutati, apertamente o di nascosto, dagli USA… in nome del profitto e del capitalismo. Attenti a non sbagliare: gli USA, con il suo arsenale di armi micidiali e l’abbondanza di gente disposta ad adoperarle, non sono mai stati per una politica di ‘appeasement’.

Quando un presidente, nominato dalla corte suprema, dice: “O siete con noi o contro di noi,” spaccia semplicemente roba vecchia con un aspetto nuovo.

Quando gli Statti Uniti sono entrati in guerra la parola d’ordine all’ordine del giorno era: patriottismo il rifiuto della realtà. Per esempio la American Motion Picture Industry nel 1942 aveva fatto pubblicare un’intera pagina pubblicitaria su alcune riviste. Il titolo era: “Il nostro morale è più forte della spada.” La scritta continuava poeticamente dicendo che per vincere la guerra : “le nostre menti devono essere taglienti come le spade, i nostri cuori forti come i carri armati, i nostri spiriti rombanti come gli aerei. Perché il morale è una forza vitale come i materiali della guerra stessa… è compito nostro fare sì che sorridiate.”

Veramente se la gente in patria avesse saputo realmente che cosa accadeva sui fronti, c’è da sperare che molti non avrebbero più sorriso tanto. La vera trovata propagandistica della guerra è stata quella di mentire per omissione.

Lo scrittore John Steinback, che ha prestato servizio come corrispondente di guerra, ha scritto: “Tutti noi abbiamo partecipato allo sforzo di guerra. Ci siamo adattati, non solo, l’abbiamo favorito. Non intendo dire che i corrispondenti fossero dei bugiardi. Le menzogne si trovano nelle cose che non sono state dette. Se qualche sciocco corrispondente avesse violato le regole non solo i suoi resoconti non sarebbero stati stampati ma lui stesso sarebbe stato rimosso dal fronte.”

Se la classe lavoratrice, nel cui nome si stava combattendo, non avesse saputo certe cose non avrebbe neanche avuto motivo di ribellarsi. Se il cittadino medio viene sommerso da immagini che dimostrano come il suo governo si stia comportando sempre in modo benevolo, non c’è motivo che si ribelli. La conclusione che si può trarre è che chi è al potere deve trovare una giustificazione ideologica a quello che fa.

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Per esempio nel film di Steven Spielberg, “Salvate il sodato Ryan”, ci sono vari tentativi di fornire queste giustificazioni. Anche se la guerra è un inferno, e talvolta i nostri bravi ragazzi fanno delle cose cattive, tuttavia si fa vedere che non c’è motivo di mettere in discussione la moralità o la grandezza di quella generazione particolare.

Grazie al potere seduttivo del mito, miliardari come Spielberg, Brokaw e altri, guadagnano ancora prestigio e miliardi facendo i propagandisti del blocco aziendale/militare. Il pubblico è già intorpidito e reso innocuo da un’isterica campagna sciovinista che fa da pari con divertimenti e diversioni di vario tipo.

Il pacifista rivoluzionario A.J. Muste ha detto nel 1941: “Il problema, dopo la guerra, è il vincitore. Egli pensa di avere appena provato che la guerra e la violenza pagano. Adesso chi gli potrà insegnare qualcosa di diverso?”

Proprio così, non si sa quando si potrà imparare qualcosa di diverso, però si può tranquillamente concludere che un insegnamento diverso non lo potremo trovare mai sui libri di scuola, o su un insipido best-seller, o in un gran successo di botteghino.

Gli ultimi sessant’anni hanno dimostrato che senza un insegnamento diverso ci saranno sempre nuove guerre e nuove menzogne per nascondere la verità.

Mickey Z.
Fonte:www.informationclearinghouse.info
Link:http://www.informationclearinghouse.info/
12/05/2005

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da VICHI

Mickey Z. is the author of several books including “There is No Good War: The Myths of World War II,” to be released this summer by Vox Pop. He can be found on the Web at http://www.mickeyz.net.

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