GRILLO SURREALE IN SICILIA

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DI SALVATORE MERLO
ilfoglio.it


Racconto dal vivo dell’uomo fattosi tonno per arrivare all’isola dalla Calabria, e dei suoi comizi ma sopra tutto dell’accoglienza sulfurea, equivoca, spettacolare, festosa, sapiente e barocca dei siciliani

Modica. A Ragusa, appena sotto il sagrato del duomo, incrocio una donna piccola piccola e scura scura: “Lo vuoi? Tieni”; mi ritrovo all’improvviso tra le mani un santino elettorale, si vota il 28 ottobre, c’è scritto: Giovanni Occhipinti, “siciliano orgoglioso di esserlo”, lo piego e lo metto in tasca. Giro l’angolo, risalgo il corso Italia verso via Roma e incontro di nuovo la stessa donna piccola piccola e scura scura, adesso ha fermato un uomo che sembra conoscerla, parlano, anche lui riceve il volantino elettorale: “E’ mio cugino, lo voti?”. Intanto Beppe Grillo attraversa a passo di corsa il centro di Vittoria, un paesone dal quale più che altro si emigra, e al suo passaggio gli anziani, piantati sulla porta di casa, finalmente hanno qualcosa da guardare. Di preferenza tacciono con l’aria torbida di chi aspetta solo di andare a letto, se parlano è in dialetto, se gridano è “minchia”: “Minchia, talìa chissu ca curri!”. E dunque è uno spettacolo mirabile Grillo in Sicilia, e i siciliani si divertono un mondo, nelle piazze pienissime sono tutti a fare “sì” con la testa mentre il comico genovese gli dice che “non c’avete i treni ma avete ventiseimila guardie forestali”, “siete passati da Pitagora a Micciché” (Pitagora era calabrese), e l’impressione è strana perché la politica è, sì, spettacolo, ma qui in Sicilia è pure qualcos’altro. “Io non voto, a che mi serve? Un lavoro ce l’ho già”, mi dice Giovanni, mentre in macchina ci avviciniamo alla piazza dove sta per iniziare il comizio di Grillo a Ragusa, c’è già moltissima gente.

Giovanni è operaio nelle rotative del quotidiano la Sicilia, ha una quarantina d’anni e un figlio di venti che fa il meccanico, mi racconta di un suo parente che è stato appena assunto a tempo determinato “per la promessa di cento voti”. Gli dico che la sinistra questo sistema lo usa un po’ meno, lui mi guarda come se fossi un cretino: “Ah, sì?”. Qui i politici vorrebbero voli gratis per i siciliani, benzina a metà prezzo, quote siciliane ovunque si possa bagnare il becco, bagnarsi ’u pizzu. “Invece Beppe Grillo gli spiega che il problema è l’energia rinnovabile”, dice Andrea Tidona, l’attore di Modica diventato famoso per aver interpretato Giovanni Falcone in televisione: lui da attore considera Grillo “una forza”, ma da siculo crede che il suo collega sia “un babbasuni qualsiasi”, cioè uno sprovveduto che pensa di saperla lunga. A un certo punto in piazza Libertà, a Ragusa, Grillo pronuncia queste parole: “Si parla tanto della mafia, ma la mafia noi la quotiamo in Borsa e la distruggiamo con la Consob”. Rido anche io. Ridiamo tutti.

Per la strada lo osservano divertiti e appena possono lo baciano, lo fotografano, lo filmano con il telefonino, lo tirano, donne e uomini, vecchi e ragazzi: a Modica gli offrono la granita al cioccolato, “Beppe vieni qua”, gli danno pacche sulle spalle, mentre una donna, né giovane né vecchia, ma grossa come tutta la Sicilia, vorrebbe tenerselo lì ancora un po’ e lo prende per la gola, lo tenta: a casa c’è la pasta della domenica, col sugo. “Sei tutti noi, Beppe”; a Misterbianco lo invitano sul balcone di casa a guardare l’Etna che neanche si vede, ma lui dice “che meraviglia”, e così anche Grillo finisce pure lui a sicilianeggiare, acrobata dell’esagerazione nella terra di Polifemo, del barocco e dei terremoti: è venuto a stupire e manipolare, ma viene continuamente manipolato da un popolo disilluso che si diverte di lui, il forestiero goffo e magico che ha attraversato a nuoto lo Stretto di Messina come un tonno e che ai siciliani, che non sono tonni ma forse sono lupi, adesso vorrebbe spiegare che “la libertà è Internet”. E c’è qualcosa di ricorrente in questa storia, perché i siciliani si divertivano anche con Vittorio Sgarbi che a un certo punto era diventato sindaco di Salemi, e pure lui voleva fare la rivoluzione “creativa” in una terra dove la disgrazia è il prolungamento della normalità. “Da noi c’è una diffusa disponibilità al surreale”, dice Tino Vittorio, che insegna Storia all’Università di Catania: “Siamo melenzane confuse”.

La democrazia di massa in Sicilia è sempre stata anche avanspettacolo, e Grillo rappresenta quasi un fenomeno di continuità con il passato, “niente di nuovo”, dice il professor Vittorio. D’altra parte tutti ricordano quel cavaliere Ferrini di Catania che si inventò showman a TeleSud e con coerenza divenne uomo di potere politico: al comizio gridava “concittadini! Se io ‘sarei’ eletto…” e al segretario che gli mormorava “fossi, cavaliere, fossi”, rispondeva urlando: “Ma quali fossi, sicuru è!”.

Risate, pernacchie, ma pure tanti voti. Ecco, appunto, ma poi qualcuno in Sicilia lo vota sul serio Grillo? I sondaggi dicono di sì, ma da queste parti c’è pure un vecchio proverbio: “Pigghia munnizza d’u tuo munnizzaru e se non ce l’hai accattala”. E il concetto di munnizzaru si allarga alla Sicilia intera, per restringersi idealmente alla propria città, e sublimarsi infine nella propria parentela o clientela (“è mio cugino, che fai lo voti?”), insomma Grillo è simpatico, e i siciliani lo hanno visto pure in televisione, ma è un alieno genovese che non promette niente di buono, mentre la gente qui ha una predisposizione antropologica, atavica, per le cose concrete, tangibili.

Con Andrea Tidona guardiamo lo spettacolo di Grillo, e a un certo punto l’attore di Modica dice che “la cosa più divertente è quando Grillo spiega ai siciliani che vuole creare lavoro con la raccolta differenziata. Ma te lo immagini? Ovvio che non lo prendono sul serio”. A un certo punto Grillo dice: “Siete un popolo senza identità. Siete una regione autonoma, ma senza autonomia. Siete una regione, ma siete una nazione. Siete ricchi, ma siete poveri. Chi cazzo siete?”. E Tidona, quasi con pietà: “Ma come fa a dire che i siciliani non sanno chi sono? Lo sanno fin troppo bene chi sono, stanno in una melassa dalla quale non vogliono scuotersi, ed è per questo che ora ridono, ridono persino di Grillo, perché tutto questo lui invece non lo capisce. Non ci sono liberatori della Sicilia, non credo nemmeno che i siciliani vogliano liberarsi da alcun che”. Malgrado sulla Sicilia ci siano proverbi, incantamenti culturali e frasi celebri che sembrano scritte per Grillo, come per altri più o meno apocrifi liberatori, “la Sicilia è la chiave di tutto”, diceva Goethe, e ancora “tutta l’Italia è nulla se non vi aggiungo la Sicilia”.

Il farmacista, Lacoste e Rayban, gli va incontro e quasi lo abbraccia, lo placca per la strada: “Io sono il farmacista”, gli sorride. Grillo a quel punto, per un attimo, non sa che dire, e fa la prima battuta che non fa ridere da quando ha messo piede a Messina: “Mica vendi farmaci scaduti anche tu?”. E il farmacista, con un gesto della mano a indicare la piccola folla che intanto comincia a formarsi gli sorride: “Ma non vedi come me li curo tutti”. I negozianti abbandonano le botteghe e gli si fanno intorno, è una faticosa giornata di caldo, il comizio e la cassata, l’umido, la polvere che si infila dappertutto, e poi lo speciale calore dei siciliani, quel tentativo di prenderti la mano e di portarsela alla bocca, in Sicilia il baciamano è una strana cultura, persino per salutare si dice “baciamo le mani”.

Una donna anziana e un po’ spelacchiata lo agguanta con energia e gli stampa pure lei un bacio, ma sulla guancia, “beddu amore mio”, Grillo è sopraffatto e prova a iniziare un discorso dei suoi, lì per lì, ricorre al repertorio consumato negli ultimi giorni, sera per sera, piazza per piazza: “Avete visto Totò Cuffaro? E’ uscito di galera e sembrava un figurino, sembrava uscito da una clinica svizzera. A Fiorito per farlo dimagrire invece gli devono dare l’ergastolo. Non avete più bisogno di questa gente, non avete più bisogno di essere rappresentati.

Ora c’è la rete”. Quelli un po’ lo ascoltano, c’è chi ride, i più annuiscono, poi una donna dai lunghi capelli neri gli dice: “Sì, sì, ma facciamoci una foto”. In posa. Click. Così mentre Gianfranco Micciché viene fotografato a Santa Caterina Villarmosa, in provincia di Caltanissetta, sconsolato di fronte a una piazza vuota e a qualche contestatore, il vitalismo di Grillo stravolge l’autunno della politica siciliana (o forse è il vitalismo della Sicilia a stravolgere l’autunno di Grillo).

Difficile dire quanti lo voteranno per davvero, ma ai comizi la gente fa la calca, gli uni sugli altri per avere il loro pezzo di “Beppuzzo”, che gli parla di energie alternative mentre loro hanno bisogno del pane, che taglia a nuoto lo Stretto di Messina, che attraversa il centro storico dei paesini a passo di corsa e che, bizzarro come quel tale che aveva inventato un’ora che dura mezz’ora, spiega ai siciliani che “la vera rivoluzione è stare connessi”.

Salvatore Merlo
Fonte: www.ilfoglio.it
Link: http://www.ilfoglio.it/soloqui/15354
16.10.2012

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