GRETA BERLIN: PERCHE' NAVIGHEREMO FINO A GAZA

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DI SILVIA CATTORI

Greta Berlin, 66 anni, è una donna d’affari di Los Angeles. E’ madre di due bambini con doppia nazionalità palestinese e statunitense. Negli ultimi quattro anni, ha raggiunto per due volte la Palestina occupata con l’International Solidarity Movement. Membro delle Donne in Nero, è una delle numerose persone che hanno organizzato un progetto poco usuale: andare a Gaza in nave. E’ loro intenzione sfidare l’affermazione delle autorità israeliane secondo la quale Gaza non è più occupata. Nell’intervista che ha rilasciato a Réseau Voltaire, Greta Berlin spiega le ragioni di questa coraggiosa impresa.
Silvia Cattori: Sul vostro sito Free Gaza, si può leggere questo: “Abbiamo cercato di entrare in Palestina via terra. Abbiamo cercato di entrarci via aria. Questa volta prenderemo una nave” (1). E’ un tentativo unico. Perché Gaza in particolare? E perché andare in barca in uno dei luoghi più sorvegliati al mondo?

Greta Berlin: Israele afferma che Gaza non è più occupata. Bene, se questo è vero, allora noi abbiamo il diritto di andarci. La verità è che Israele controlla tutte le entrate a Gaza e che la popolazione è più che mai isolata dal mondo. Gli internazionali non possono accedere a Gaza attraverso la frontiera con l’Egitto, e anche, la frontiera di Erez con Israele è chiusa a quasi tutto il mondo.

Così 50/80 di noi tra uomini e donne, partiranno da Cipro verso la fine di quest’estate. Molti tra di noi hanno più di 50 anni: uomini e donne di ogni origine e nazionalità – Palestinesi, Israeliani, Australiani, Greci, Statunitensi, Inglesi, Spagnoli, Italiani – si imbarcheranno su un battello chiamato FREE GAZA. Uno di questi passeggeri, la signora Hedy Epstein, è una sopravissuta dell’olocausto, e due o tre Palestinesi sono dei sopravvissuti della Nakba. tra di noi hanno il divieto di accesso nei territori occupati perché volevamo portare la testimonianza di quello che Israele fa subire ai Palestinesi.

Silvia Cattori: Questa partenza via mare verso la Palestina avviene 60 anni dopo la partenza da Marsiglia del battello Exodus per la Palestina, il 27 luglio 1947, con 4500 rifugiati ebrei a bordo. Avete voluto far coincidere la vostra partenza con quella del 1947?

Greta Berlin: E’ una pura coincidenza. La ragione per la quale partiamo quest’anno è perché cade il secondo anno dalla pretesa ritirata dell’occupante israeliano.
Ed invece Gaza è più che mai assediata e le condizioni di vita, già difficili, degli abitanti di Gaza si sono aggravate da allora. Si tratta quindi per noi di attirare l’attenzione del mondo sulla terribile negazione dei diritti civili e umani dei Palestinesi.

Silvia Cattori: Entrare nelle acque di Gaza non è un cosa semplice! Credete veramente che la marina militare israeliana vi lascerà penetrare?

Greta Berlin: Israele non ha il diritto di impedirci di andare a Gaza, quindi noi ci andiamo. La legge internazionale dice che noi abbiamo il diritto di recarci a Gaza.
Ricordatevi, che nel luglio 2005, le autorità israeliane hanno proclamato che la Striscia di Gaza non è più occupata. Se Gaza non è più occupata perché non dovremmo andarci? Lasciamo che le autorità israeliane provino che Gaza non è più occupata lasciandoci entrare. Questo viaggio è un tentativo per sfidare Israele sulle sue stesse affermazioni. Siamo invitati da numerose ONG a visitare i loro locali e le cliniche. Con quale diritto Israele può vietarci queste visite? Lo ripeto noi dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per attirare l’attenzione del mondo sul fatto che il blocco militare israeliano porti lentamente alla morte la gente di Gaza. Sappiamo benissimo che questo viaggio sarà difficile, ma siamo determinati. Noi possiamo, sia lamentarci dell’inerzia della comunità internazionale, sia fare qualcosa che la faccia svegliare e che la faccia reagire. Se noi, che abbiamo constatato la situazione, non facciamo nulla che credibilità potremmo ancora avere agli occhi dei Palestinesi sotto occupazione?

Abbiamo pianificato questo viaggio da molto tempo, riflettendo accuratamente su quale fosse il modo migliore per dimostrare il nostro sostegno. Abbiamo discusso la possibilità di andare a Gaza per sostenere il diritto al rientro dei Palestinesi scacciati nel 1948. Il nostro viaggio doveva segnare i 60 anni dall’occupazione. Ma abbiamo preso in considerazione il fatto che è era molto più importante smentire l’affermazione di Israele secondo la quale Gaza non è più occupata e i suoi abitanti sono liberi.

Secondo la legge internazionale, il mare di Gaza, con i suoi 40 chilometri di coste, appartiene ai Palestinesi e Israele non ha alcun diritto di controllo. Anche gli accordi di Oslo riconoscono che la costa di Gaza appartiene ai suoi abitanti.

Silvia Cattori: Cosa volete dimostrare?

Greta Berlin: Vogliamo dimostrare che Israele e gli Stati Uniti stanno affamando gli abitanti di Gaza perché hanno eletto democraticamente il governo Hamas. Vogliamo fare appello alle coscienze dei cittadini del mondo, dicendo loro: “Svegliatevi. Voi non potete continuare a girare lo sguardo di fronte ai crimini commessi da Israele. Voi non potete continuare a chiudere gli occhi sul lento genocidio dei Palestinesi”.

Noi pensiamo che è molto importante dimostrare che Israele ha mentito, che Gaza non è mai stata liberata. Le navi da guerra israeliane non hanno mai cessato di aprire il fuoco sui battelli da pesca palestinesi, uccidendo numerosi pescatori nel corso degli ultimi due anni. Cosa avevano fatto queste persone se non pescare per nutrire le loro famiglie? Che crimine commette Israele sparando sulla gente che ha il diritto di pescare nelle proprie acque?

Silvia Cattori: Credete seriamente che voi potete far fronte alla potenza militare di Israele?

Greta Berlin: Noi ci proveremo. La nostra missione è di andare a Gaza.
Certamente, prevediamo che saremo fermati. Ma insisteremo sul fatto che noi abbiamo, legalmente e moralmente, il diritto di andarci. E abbiamo un po’ di giornalisti a bordo per raccontare quello che succederà, allora lasciamo che provino a fermarci. Si potrà dimostrare che la “libertà per Gaza” proclamata da Israele è una completa mistificazione. Questo territorio è ancora occupato e la sua popolazione quotidianamente terrorizzata.

Silvia Cattori: Quindi la vostra missione ha essenzialmente obbiettivi politici?

Greta Berlin: Esattamente. Gaza ha il diritto di essere libera. Anche se li abbiamo, il nostro obiettivo non è quello di convogliare viveri e medicinali. Come qualsiasi altro popolo, il popolo di Gaza vuole poter viaggiare, commerciare, lavorare in pace e beneficiare del diritto di controllare il proprio destino. Dovrebbe avere il diritto di utilizzare l’aeroporto, distrutto dagli Israeliani cinque anni fa, e dovrebbe avere il diritto di pescare nelle proprie acque.

Certamente la catastrofe umanitaria è importante, ma essere liberi è un’importanza vitale per questa gente. La comunità internazionale deve fare pressioni su Israele e aiutare a ricostruire le strutture interne dei Palestinesi permettendogli di costruire la loro società. Ma la nostra missione è di avvertire Israele, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, che hanno la responsabilità della sopravvivenza di 1,4 milioni di persone.

Silvia Cattori: E’ un grande progetto quello che voi lanciate!

Greta Berlin: I Palestinesi non hanno ottenuto nulla dopo tanti supposti “processi di pace”. Tutti gli sforzi internazionali sono falliti. Noi ci auguriamo di contrastare la disinformazione diffusa ormai da 60 anni in favore di Israele, al posto della reale storia della espropriazione dei Palestinesi. Il mondo non può indefinitamente aspettare che Israele vada a sedersi seriamente al tavolo dei negoziati. Anche le ONG sono incapaci di dire la verità per paura di perdere il sostegno internazionale. Più di 65 risoluzioni dell’ONU hanno cercato di far pagare le malefatte ad Israele, ma ogni volta si sono viste porre il veto degli Stati Uniti. Per 60 anni i Palestinesi hanno atteso che si renda giustizia. Per quanto tempo ancora dovranno pagare il prezzo di quello che l’Europa ha fatto pagare agli ebrei? Per quanto tempo ancora la comunità internazionale distoglierà gli occhi dicendo: “Non abbiamo visto, non sappiamo”?

Silvia Cattori: Sperate che altre barche si uniscano a voi?

Greta Berlin: Tutti quelli che possiedono una barca, tutti quelli che vogliono unirsi a noi per rompere l’assedio sono i benvenuti. Più battelli si uniranno a noi, più grandi saranno le possibilità di essere ascoltati.

Silvia Cattori: Non ci vuole una certa dose di coraggio per lanciarsi in una tale avventura?

Greta Berlin: Mi dico che, se Hedy Epstein che ha 82 anni, e Mary Hugues che ne ha 73, e tanti altri che anno più di 70 e più di 80 anni possono fare questo viaggio, allora devo esserne capace anch’io. Non penso che chiunque tra noi si consideri coraggioso, penso che noi siamo determinati a fare ascoltare la voce dei Palestinesi e che, se noi possiamo, dobbiamo farlo. Non possiamo distogliere lo sguardo quando Israele bombarda ogni giorno donne e bambini.

Silvia Cattori: Come mai siete così sensibili al dramma dei Palestinesi?

Greta Berlin: Quando vivevo a Chicago, Illinois, ho sposato un Palestinese, rifugiato dal 1948. E’ allora che ho iniziato a scoprire la verità sulla pulizia etnica di 750.000 Palestinesi per costruire uno stato ebraico. Siccome mi impegnavo di più, negli anni 60 e 70, un gruppo chiamato Jewish Defence League ha minacciato di prendersela con i miei due figli, dicendo che li avrebbe uccisi se continuavo a militare per la giustizia per i Palestinesi. Per 20 anni ho abbandonato la lotta, dedicandomi ai miei figli e alla carriera professionale. Non ero pronta a mettere in pericolo la sicurezza dei miei figli per la causa che sostenevo.

Nel 1977, una volta che i miei figli sono cresciuti e hanno lasciato la casa, ho ripreso la militanza e a scrivere lettere. Non potevo credere che, dopo 20 anni, la situazione dei Palestinesi potesse peggiorare ogni giorno. Il 29 settembre 2000, Mohammed Al Dura, un piccolo ragazzo di Gaza di 12 anni fu ucciso da un soldato Israeliano. Qualcuno aveva filmato questa morte. Ne fui spaventata e sconvolta.

Quando Rachel Corrie (2) fu schiacciata da un bulldozer israeliano, nel marzo 2003, e Tom Hurndall (3) fu colpito da un proiettile alla testa qualche giorno più tardi – due persone che difendevano i diritti dell’uomo in seno all’International Solidarity Movement a Gaza – ho deciso di andare nei territori occupati per vedere con i miei occhi quello che Israele fa sopportare alle popolazioni dei territori che occupa.

Silvia Cattori: L’International Solidarity Movement (ISM) non è considerto da Israele come un movimento terrorista?

Greta Berlin: In verità no. I volontari dell’ISM sono delle persone pacifiche che credono nella protesta non violenta contro l’occupazione. Il solo terrorismo che ho visto durante i cinque mesi che ho passato in Palestina, tra il 2003 e il 2005, è la violenza militare israeliana contro di noi, e la violenza dei coloni illegali contro i Palestinesi e quelli tra di noi che cercano di proteggerli. Sono stata ferita ad una gamba da un proiettile di acciaio rivestivo di gomma, quando protestavo contro il terrificante muro che Israele sta costruendo. E, come centinaia di militanti per la pace, ho subito le granate lacrimogene e le bombe assordanti gettatemi addosso a Bil’in. Mentre portavo a scuola dei bambini palestinesi a Hebron, i bambini dei coloni ci hanno gettato delle pietre e sono stata ferita ad una mano e al femore.

Quasi tutti quelli che si imbarcheranno sulle navi sono stati picchiati, feriti da proiettili, o asfissiati dai gas lacrimogeni dai militari israeliani. Molti tra di noi sono stati arrestati per aver protetto delle donne e dei bambini. Le autorità israeliane sanno molto bene che noi non abbiamo nessun legame con le organizzazioni terroriste. Ma Israele è spaventato all’idea che noi possiamo tornare nei nostri rispettivi paesi e raccontare la verità su quello che i suoi soldati fanno subire al popolo palestinese sotto occupazione. E’ questo che Israele teme: la verità.

Noi ci siamo impegnati ad andare a Gaza. E attendiamo con impazienza il sostegno di tutti i progressisti che si uniranno a noi. Anche se non riusciremo ad attraccare, avremmo almeno tentato e faremo conoscere al mondo la reale situazione. Credo che tutti, su questa nave, condividono le stesse convinzioni. Conosciamo gli ostacoli. E non si tratterà di un solo viaggio. Ci ritorneremo; è una strategia per far conoscere al mondo la verità sull’occupazione israeliana.

Silvia Cattori: Cosa contate di fare una volta arrivati a Gaza?

Greta Berlin: Andremo a pescare. Venite, unitevi a noi, prendete le vostre canne da pesca.

Fonte: www.voltairenet.org
Link: http://www.voltairenet.org/article148842.html
6.07.07

Tradotto per www.comedonchisciotte.org da CLAUDIA

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