DI GIACOMO GIGLIO
Sinistraineuropa.it
“Molti uomini preferiscono l’apparenza più che l’essenza, scostandosi così dal giusto”. Così scriveva Eschilo, il famosissimo tragediografo greco che tutti abbiamo studiato sui banchi di scuola, avvertendoci circa i pericoli di una mentalità prona al culto del formalismo e al rispetto acritico delle norme.
Ebbene, sovrapponendo le parole di Eschilo all’attuale situazione greca, non può che risultarne un insegnamento: la storia non cambia, la natura degli uomini rimane sempre immutata a dispetto delle condizioni storiche. I funzionari dell’Unione Europea, dopo la rutilante vittoria ottenuta da Alexis Tsipras nella notte del 25 gennaio, hanno creduto che tutto si potesse aggiustare e rintuzzare tramite la solita tattica della “normalizzazione”.
Anche se Tsipras aveva vinto le elezioni grazie ad un ribaltamento totale di alcuni principi-cardine dell’Europa tecnocratica (tra i quali possiamo elencare ad esempio il pareggio di bilancio, le privatizzazioni e le liberalizzazioni), egli si sarebbe assoggettato al “principio di realtà” di freudiana memoria. Dalle parti di Bruxelles si riteneva, e si ritiene ancora, che sia sufficiente una pressione esterna, esercitata per mezzo di artifici monetari (restrizioni alla liquidità delle banche) o economici (avvertimenti e procedure d’infrazione), per far tornare il ribelle figliolo nella casa dell’ordine denominata Eurozona.
Il principio di realtà invocato dall’Eurozona è sostanzialmente un ricatto, ma un ricatto a fin di bene: i teorici dell’austerity, nonostante i tragici dati provenienti da quasi tutti i Paesi in cui essa è stata praticata, sono davvero convinti che la loro dolorosa terapia sia l’unica giusta. Lo stesso presidente Bce Mario Draghi, nel convegno dei banchieri centrali tenutosi a Sintra (Portogallo) pochi giorni fa, ha sottolineato come le “riforme strutturali” – e in particolare le legislazioni flessibilizzanti sul mercato del lavoro – siano la cosa giusta da fare. Paradossalmente, mentre Draghi parlava, dagli uffici dell’Ocse usciva un paper[1] che pareva smentirlo, ma si può scommettere che esso sarà ignorato dall’Eurotower.
Peccato che il governo greco fosse stato eletto proprio per mettere in discussione il dogma celebrato nei palazzi del potere europeo: il responso delle urne, momento supremo della liturgia democratica i cui semi furono gettati in Grecia 2500 anni fa, era radicalmente avverso alle classi dirigenti che avevano gestito l’impasse ellenica. Dal voto greco usciva un messaggio del tipo “Ok, cari esperti, ci avete provato ma avete sbagliato tutto, ora vogliamo provare qualcosa di davvero diverso”.
Draghi, Merkel e quant’altri semplicemente non hanno voluto guardare all’essenza del messaggio scaturente dalle urne greche: era un qualcosa di iconoclasta che non poteva trovare spazio nelle loro menti. Mettere in discussione la direzione intrapresa dalla governance economica europea? Giammai. Forse la diseguaglianza è un problema che stiamo ignorando? Ma no. I parametri di Maastricht forse sono superati? No e ancora no. La nostra politica estera è lungimirante? Certo, nessun dubbio.
Così, mentre la fiducia dei cittadini europei si andava erodendo anche in paesi in boom economico (come la Polonia), i funzionari Ue hanno cercato di incanalare la questione greca nei binari dell’apparenza: i summit infiniti, le discussioni sulla limatura del deficit pubblico, le virgole cambiate sulle privatizzazioni. Poco più che scenette per giornalisti. Il dilemma primario, nella contesa, non è mai stato afferente alla contabilità, bensì di natura politica.
Ora, forse (anche se non si può mai dire), siamo arrivati a due passi dall’Armageddon: la tecnica del ricatto ha prodotto un quasi prosciugamento delle casse ateniesi. L’esecutivo Tsipras è costretto a studiare un piano B: spuntano fuori piani d’emergenza, forse intermediati dall’ala sinistra di Syriza, in cui la Russia avrebbe un grande peso. Non sappiamo ancora e non sapremo fino all’ultimo se la Grecia stamperà nuove dracme, ma le probabilità stanno aumentando di ora in ora. Forse questo non era il finale immaginato da Tsipras, ma non si può dire che l’Ue abbia fatto qualcosa per evitare la potenziale fine del progetto comunitario.
Fonte: http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/grecia-e-lora-dellarmageddon/
11.06.2015
[1] http://www.valori.it/economia/ocse-lavoro-precario-crea-disuguaglianza-8668.html