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La Redazione

 

GOVERNO NUOVO = POLITICHE VECCHIE = MACELLO SOCIALE
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A cura di Davide
Il 23 Giugno 2006
63 Views

blankDI FRK

L’avevamo detto!
Andare a votare avrebbe significato solo scegliere chi dovesse fare le stesse cose. Purtroppo avevamo ragione.
La politica economica del governo Prodi non si discosta per nulla da quella del governo Berlusconi.
Il modo di fare la politica “immagine” non cambia. Il problema è solo quello di come si raccontano le cose, non della realtà. Siccome Prodi in questo è meno bravo di Berlusconi, si è preso un aiutante apposta: Silvio Sircana (nella foto). È il tipo che gli sta spesso vicino e che sembra la controfigura di Fassino. E dev’essere bravo Sircana, visto che un paio d’anni fa, con un contratto di 100.000 euro l’anno, era anche consulente per l’immagine di Totò Cuffaro, presidente della regione Sicilia, della sponda politica opposta. (1)Le modifiche più rilevanti sono state al linguaggio: basta parlare di “tagli”, si parla di “risparmi”; “l’austerità” (tanto cara al PCI e alla CGIL) diventa “sobrietà”, come se al governo fossero stati tutti ubriachi quando decidevano le spese, il “ritiro” dall’Iraq si trasforma in “rientro”.

Poi, come di consueto in questi casi, si da la colpa al precedente governo per la presenza di voragini clamorose nei conti pubblici.

Quindi, per giustificare tagli e nuove tasse, si cita l’Europa ed il trattato di Maastricht. Roba che verrebbe da chiedersi che cavolo facevano i commissari europei quando, quattro mesi fa, hanno approvato la finanziaria di Tremonti dicendo che andava benissimo per il risanamento dei conti pubblici italiani.

Diventano notizie da dare con il massimo risalto quelle provenienti dai mercati finanziari internazionali. Solo così si spiega il rilievo dato all’invito fatto da Standard & Poor’s al governo italiano a fare la riforma delle pensioni perché gli italiani vivono troppo a lungo. E che siamo diventati tutti vecchi negli ultimi tre mesi? Ci manca solo che chiedano di sopprimere qualche pensionato per riequilibrare i conti dell’INPS.

Oltretutto al ministero del Tesoro, a decidere di tagli e manovre economiche ci hanno messo un “tecnico”, Tommaso Padoa Schioppa, che non avrà troppi problemi a fare la consueta politica economica di macello sociale.

Ci si mette l’ovvio allarme occupazionale per i 75.000 posti di lavoro che si perderebbero con il fermo dei cantieri ANAS a cui mancano i fondi.

Qualche compagno, più ingenuo, spera che, con questa crisi sui cantieri, almeno si fermi la devastazione della Val di Susa ad opera della TAV.

A meno di una forte ripresa della lotta questo però non sarà possibile, visto che, oltre al fermo dei cantieri, per i lavori delle ferrovie, viene paventato un altro rischio. Quello che Rete Ferroviaria Italiana (la società delle FS che gestisce, oltre ai binari, i lavori), con il blocco delle commesse pubbliche, porti sotto il 50% il rapporto tra costi e ricavi di gestione e sia considerata, da Eurostat, come parte del settore pubblico con il conseguente aumento del debito statale.

La manovra economica verrà varata nelle prossime settimane, con ogni probabilità contemporaneamente al Documento di Programmazione Economica e Finanziaria.

Di alcune misure però si sta già parlando.

La prima è l’ennesima riforma delle pensioni. Dopo lo scippo del TFR, il furto dei contributi versati dai lavoratori immigrati, il calcolo su base “contributiva”, temo che l’unica cosa che gli rimarrà da fare sia l’innalzamento dell’età pensionabile. Staremo a vedere.

L’altra cosa è l’aumento dell’IVA. Due parole è il caso di spenderle su quest’imposta che verrà sicuramente aumentata, se non ora, con la finanziaria di dicembre prossimo.

Le imposte che paghiamo si dividono in due grandi categorie: le imposte dirette e quelle indirette. Le imposte dirette sono quelle che si pagano in proporzione al reddito e sono, in genere, “progressive”: chi ha di più paga di più.

L’IVA, come le altre imposte indirette è considerata un’imposta “regressiva”: chi ha meno soldi paga di più. Vediamo perché.

Supponiamo ci siano due persone, uno guadagna 100 e l’altro 100.000 ed immaginiamoci l’aliquota IVA al 20%, com’è adesso.

Quello che ha 100 spende tutti i soldi che ha (anzi spesso non riesce ad arrivare alla fine del mese) il che significa che sul suo reddito grava il 20% di IVA.

Quello che ha 100.000 spende 10.000 (100 volte più di quello che spende l’altro) e gli altri soldi se li mette da parte. Sul suo reddito graverà soltanto il 2% di IVA.

Insomma chi più ha, meno paga.

L’IVA oltretutto non colpisce le imprese, ma solo il solito Pantalone, cioè i consumatori finali, e per questo il suo aumento è sostenuto dalla Confindustria.

In più l’aumento dell’IVA si trascina dietro un po’ di inflazione, che oltre a far svalutare il debito statale, penalizzerà le categorie a reddito fisso, in particolare i pensionati che non hanno meccanismi di indicizzazione delle pensioni. Con la probabile soddisfazione di Standard & Poor’s che ne vedrà diminuita la vita media.

Insomma, chi prima non riusciva ad arrivare alla fine del mese, adesso rischia di non arrivare neanche a metà mese.

Qualcuno ci spieghi la differenza tra questo governo e il precedente.

FRK
Umanità Nova, n 22 del 18 giugno 2006, anno 86
Fonte: www.ecn.org
Link: http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un22/art4303.html

Nota della redazione:

La notizia è riportata da Enrico Del Mercato su “La repubblica di Palermo” del 24.01.03, pp I e XV.

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