GLI USA VANNO A PESCA MA LA CINA MANGIA SUSHI

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atimes.com

Cominciamo con un flashback e torniamo a febbraio 1992 – solo due mesi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

La prima bozza del Piano di Difesa del governo USA, che poi è stata mitigata, costituisce ancora la base su cui poggia l’ eccezionale demenza del Progetto per il Nuovo Secolo Americano – demenza che riappare in tutta la sua gloria nell’opus magnum “Governiamo l’ Eurasia” del 1997: The Grand Chessboard, del Dr. Zbig Brzezinski.

E’ tutto lì, nella sua crudezza e brutalità, già scritto:

Il nostro primo obiettivo è prevenire che emerga un altro rivale, nell’ex Unione Sovietica o in qualsiasi altro posto, che rappresenti una minaccia come quella che è stata per noi l’Unione Sovietica.

Questo ci richiede uno sforzo per evitare che qualsiasi potenza ostile possa dominare una intera regione, le cui risorse potrebbero, con l’andare del tempo, diventare vitali e dar vita ad una potenza globale. Queste regioni possono trovarsi nell’Europa occidentale, in Asia orientale, nel territorio dell’ex Unione Sovietica o nel sud-ovest asiatico.

Questo è tutto quello che bisogna sapere sull’amministrazione Obama e sul viaggio “pivoting in Asia”, così come quando si puntava sull’Iran (“se non dovessimo andare in guerra”- si è fatto sfuggire il Segretario di Stato americano John Kerry) o sulla Guerra Fredda 2.0, provando a trasformare l’Ucraina in un “nuovo Vietnam” remix, sulla porta della Russia. E questo è anche il contesto fondamentale in cui viene presentata la collezione Primavera della Pax Americana di Obama che sta sfilando proprio in questi giorni sulle maggiori passerelle asiatiche (Giappone, Corea del Sud, Malesia e Filippine).

L’“Asia Tour di Obama” è iniziato in pompa magna con un pranzo nel famoso Ristorante Jiro a Ginza, Tokyo, sperando di non mangiare il nigiri-sushi radiattivo-di-Fukushima (nota personale: io ero là nel 1998, quando il Maestro di Sushi Jiro Ono era ancora tanto lontano dalla fama come il suo sushi lo era dall’atomica). L’ospite di Obama, il duro national/militarista Primo Ministro Shinzo Abe, ha ovviamente pagato lui il conto del ristorante.

Ma il conto vero arriverà dopo, quando il Giappone dovrà abbassare la testa di fronte alle severe richieste USA – sul commercio, sugli investimenti, sul diritto societario e sulla proprietà intellettuale – tutto impacchettato dentro al Trans-Pacific Partnership (TPP) tra 12 nazioni, detto in parole semplici : l’American Big Business finalmente frantumerà il mercato giapponese, che è sempre stato chiuso e protezionista.

Abe è un cliente difficile. La sua retorica è pesante a cominciare dalle sue espressioni sulla “fuga dal regime-post-bellico” e dal riarmo di un Giappone che non vuole più fare il controcanto, nei giochi militari di Washington in Asia. Ovviamente il Pentagono ha altre idee. Nel dopo-sushi di Jiro, quello che conta veramente per Obama è costringere Tokyo a piegarsi non solo al TPP, ma anche a far uso del suo riarmo a seconda delle necessità dell’agenda USA.

Pechino, probabilmente, vede le cose per quello che veramente sono, come si legge in questo Xinhua op-ed che descrive le mosse USA come azioni di una superpotenza “anacronistica”, “sclerotica” e “miope” che ha bisogno di “sbattere un po’ le sue catene storiche e filosofiche“.

La sfilata per il Sud-Est asiatico della Collezione Primavera è tutta ispirata alla Malesia e alle Filippine, che non sono militarmente al livello del Vietnam, per assicurarsi che la US Navy non perderà mai la sua egemonia nel Mar Cinese Meridionale e nemmeno che debba dividerla con la Cina. Questo è il cuore del programma del “Tour in Asia”, il contenimento della Cina per impedire diventi una potenza navale sia nell’Oceano Indiano che nel Pacifico occidentale.

Il Pentagono sembra proprio paranoico, quando accusa la Cina di fare non una ma “Tre guerre” contro gli USA. Il fatto è che Pechino sta mettendo a punto una base sotterranea per 20 sottomarini nucleari nell’isola di Hainan proprio come la Malesia, che sta potenziando la propria base sottomarina nel Borneo, e le Filippine che continuano a implorare Washington per avere altri aerei, navi, piste di atterraggio e intelligence cibernetico per proteggere quello che considerano la loro priorità assoluta: la ricerca di petrolio e gas nel Mare delle Filippine occidentale, per rilanciare l’economia.

Irradiami di accordi commerciali, baby

La collezione Primavera però è ben lungi dal voler oscurare gli altri “pivot” recentemente lanciati sul mercato mondiale – come l’ultima offerta la “campagna anti-terrorista” nell’Est dell’Ucraina fortemente voluta dal nuovo regime di Kiev, che segue un suo curioso calendario. John Brennan, della CIA, da un colpetto a Kiev, e quelli del nuovo regime lanciano i loro assalti terrestri. Segue il suo, ovvio, triste epilogo. Il Vice Presidente Joe Biden in visita a Kiev a quelli del nuovo regime, dà una imbeccata e quelli rilanciano di nuovo la guerra con altri assalti.

Così malgrado qualche tentennamento la Guerra Fredda 2.0 procede senza sosta, mentre Washington lavora duramente per costruire una cortina di ferro tra Berlino e Mosca per evitare che aumenti l’integrazione commerciale all’interno dell‘Eurasia istigando, pur di evitarla, una guerra civile in Ucraina. Il cancelliere tedesco Angela Merkel rimane sul pezzo, non si muove: alta fedeltà atlantica oppure Ostpolitik e questo è esattamente in linea con Washington.

Per quanto riguarda quelle fetenti orde di pazzi che passano e ripassano attraverso una porta girevole, per loro tutto va bene, dal “tenere in caldo” la Cina, al non cercare di fermare la Crimea, al difendere la guerra in Siria e persino spingere la NATO ad entrare in una guerra nucleare, come spiega bene QUI di seguito Anne Marie Slaughter (un nome che è un programma). Questo è quello che sta insegnando ai suoi stravaganti studenti di Princeton.

Come sta reagendo Pechino a tutto questo isterismo? Semplice: conta i soldi e divide gli utili. Pechino ci guadagna con l’offensiva USA che sta cercando di allontanare Mosca dai mercati occidentali, tanto da spuntare al miglior prezzo l’affare per la fornitura del gas siberiano orientale. Pechino ci guadagna con la paura degli europei di perdere il commercio con la Russia se stipuleranno l’accordo di libero scambio con il suo principale partner commerciale, che guardacaso sono gli Stati Uniti.

E poi, l’esempio contrario. Basta confrontare il Tour della Collezione Primavera di Obama, in tutti i suoi tentennamenti, con il tour di Cuba, Venezuela, Brasile e Argentina del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Una vera miniera d’oro che si è focalizzata su finanziamenti bilaterali e tra una cosa e l’altra, tanti accordi commerciali.

Di tutto un po’ : il rame dal Perù e dal Cile; il ferro e la soia dal Brasile; aiuti per i programmi sociali venezuelani e per lo sviluppo dei piani energetici e appoggi a Cuba per il suo interessamento in un maggiore coinvolgimento dei cinesi in Venezuela (che fornisce Cuba con energia a prezzi sovvenzionati).

E tutto questo sullo sfondo di una finanza internazionale, così eccitata per il fatto che l’economia cinese è in seri guai.
Solo che non è vero ! L’economia cinese è cresciuta del 7,4% anno su anno per il primo trimestre del 2014 e la domanda di ferro e di rame non è diminuita in modo significativo – visto che la macchina dell’urbanizzazione di Pechino non ha nemmeno raggiunto la sua piena velocità. Lo stesso vale per la soia – dato che milioni di cinesi cominciano a mangiare carne regolarmente (e i prodotti di soia sono una materia prima fondamentale). E, naturalmente, le imprese cinesi non hanno perso il loro appetito per diversificare le loro attività in tutto il Sud America.

Per la grande classe media cinese – che cresce di giorno in giorno – sul loro modo di essere a pieno titolo cittadini della prima potenza economica mondiale entro il 2018 – questa Collezione Primavera non è nemmeno un antipasto.
Lui o lei preferirebbero gli stilisti di Hong Kong o si metterebbero volentieri in coda a Canton Road per comprare gli ultimi articoli di Hermes e di Prada – e poi andare a festeggiare strategicamente da Jiro per mangiarsi un sushi ad altissimo livello, di quello sicuramente non-irradiato-a-Fukushima.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Nimble Books , 2009). Indirizzo e.mail: [email protected]

Fonte : http://www.atimes.com

Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-03-240414.html

24.04.2014

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.

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