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La Redazione

 

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GLI STATI UNITI TOCCANO IL MINIMO CON LA LORO CARTA DI CREDITO
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A cura di Davide
Il 3 Maggio 2011
45 Views

DI ERIC MARGOLIS
informationclearinghouse.info

La settimana scorsa il dollaro è andato ancora più a fondo e l’oro ha toccato i 1.500 dollari l’oncia, spaventando gli investitori e destabilizzando i mercati finanziari. Un’importante agenzia di valutazione ha avvertito che il rating AAA degli Stati Uniti potrebbe essere declassato.

Mentre Roma bruciava, il presidente Obama e il Congresso degli Stati Uniti controllato dai Repubblicani si scambiavano insulti infantili e aria calda.
Entrambe le parti si rifiutano di dire agli americani la dolorosa verità: il governo, che sbadigliando ha portato il deficit di bilancio a 1.400 miliardi dollari, ora deve ridurlo per evitare un crollo finanziario. Ciò significherebbe dolore per tutti.Ma i due partiti politici sono ad un punto morto: i democratici di Obama vogliono aumentare le tasse. I Repubblicani domandano tagli fiscali. Vogliono tagliare sanità, istruzione e welfare, tutte e tre le vacche sacre dei democratici, mentre aumenta la spesa militare e 40 milioni di americani utilizzano gli aiuti alimentari governativi.

Questo dibattito disonesto ignora in gran parte il gorilla di 400 chili che c’è nella stanza: l’esplosione delle spese militari annuali fino a 750-900 milioni di dollari. Alcuni esperti stimano il totale annuo delle spese militari degli Stati Uniti, incluse quelle per l’intelligence, a 1.200 miliardi dollari.

Pochi politici americani osano suggerire un serio taglio sulle spese del Pentagono.

Il ‘US National Priorities Project‘ (‘Progetto sulle priorità di bilancio’ ndt) stima che nel 2011, su di un dollaro della spesa federale degli Stati Uniti, il 27,4% è destinato al comparto militare, il 21,5% per la salute, il 13,8% per gli interessi sul debito, il 10,9% sulle prestazioni di sicurezza sociale, il 3,5% per l’istruzione e il 23% su tutto il resto.

Nel 2010, la spesa militare degli Stati Uniti ha superato del 50% la media tenuta negli anni della Guerra Fredda, quando l’America ebbe un serio rivale come l’Unione Sovietica. Dal 2000, la spesa militare degli Stati Uniti è cresciuta del 67% (dati al netto dell’inflazione). Ma oggi l’America non ha alcun vero rivale militare.

Gli Stati Uniti raggiungono da soli quasi il 50% delle spese militari mondiali.
Aggiungendo gli alleati ricchi in Europa e in Asia, il totale sale all’80%.
Eppure gli americani sono incessantemente bombardati da informazioni selvagge che dicono che la loro nazione è in terribile pericolo, l’ultima e la più assurda è che la poverissima Myanmar (ex Birmania) stia costruendo un’arma nucleare. La Cina, con un bilancio militare di solo un decimo di quello statunitense, costituisce l’unica minaccia a cui possono riferirsi in futuro i Repubblicani.

Molti degli americani pensano alla spesa per la ‘difesa’, anziché chiamarla spesa ‘militare’. Questo dà un’impressione del tutto sbagliata che le coste dell’America siano in qualche modo minacciate da un’invasione nemica.

In realtà, il corposo bilancio del Pentagono sorregge il ​​dominio militare degli Stati Uniti sul mondo, con oltre 100 basi oltreoceano, aerei e flotte navali, due guerre, più piccole numerose ‘azioni di polizia’ in Africa e in Asia, numerosi alleati in affitto e un arsenale nucleare strategico che è almeno il 75% più grande del necessario.

Il presidente George W. Bush ha condotto due guerre, tagliando le tasse e spendendo miliardi in sussidi agricoli e medici senza che il loro finanziamento avvenisse attraverso aumenti delle tasse o tagli alla spesa. Tali costi sono stati semplicemente caricati sull’enorme debito nazionale degli Stati Uniti. Se i contribuenti americani avessero effettivamente dovuto pagare 1.600 miliardi di dollari per le guerre in Afghanistan e in Iraq, questi conflitti sarebbero finiti rapidamente.

Anche il presidente Lyndon Johnson finanziò la guerra del Vietnam attraverso il debito. Il risultato fu un’ondata di inflazione in tutto il mondo che ebbe bisogno di un decennio per essere superata. La stessa cosa sta accadendo oggi grazie al dissoluto George Bush che ha raddoppiato la spesa pubblica degli Stati Uniti che, esportando l’inflazione in tutto il mondo, vedono ridursi il valore del dollaro e sono ora costretti a un massiccio ricorso al prestito per finanziare il passivo di bilancio.

Il ‘non-pagare per le guerre’ di Bush e ora di Obama, i tassi di interesse pericolosamente bassi, la speculazione sulle materie prime e l’economia cinese sempre in fibrillazione stanno alimentando la crescente ondata di inflazione mondiale.

Il tema dei modesti tagli alla ‘vacca sacra’ della spesa militare è stato timidamente sollevato da politici di entrambe le parti, ma questi hanno il terrore di essere accusati del peccato massimo nell’iperpatriottica politica americana, essendo assolutamente non patriottico il “non sostenere i nostri ragazzi”.

Eppure, a meno che il bilancio del Pentagono venga tagliato – forse almeno della metà o più – gli Stati Uniti, pericolosamente sbilanciati con il debito, potrebbero collassare. La storia ha dimostrato varie volte che gli imperi sono più spesso crollati per i problemi finanziari e per il debito che a causa di invasioni.

Ma il sistema di governo americano, dominato da interessi così potenti come il complesso militare-industriale, Wall Street e l’agricoltura, sembra non riuscire a fuggire alla dipendenza nazionale dalla guerra e dal debito.

Come scrive il mio amico Arnaud de Borchgrave, mentre gli USA hanno speso 1.500 miliardi dollari nelle sue guerre in Afghanistan e Iraq, la Cina sta usando i pagamenti degli interessi degli Stati Uniti per farsi degli amici e dei clienti in tutto il mondo.

Eric S. Margolis è un premiato editorialista internazionale associato. I suoi articoli appaiono sul New York Times, l’International Herald Tribune, il Los Angeles Times, Times di Londra, il Gulfs Times, il Khaleej Times e altri siti di notizie in Asia. www.ericmargolis.com

Fonte: www.informationclearinghouse.info
LinK: http://www.informationclearinghouse.info/article27950.htm
23.04.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELFONS

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