GLI STATI UNITI SONO RIDOTTI ALLA DISPERAZIONE

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DI DMITRY ORLOV

cluborlov.blogspot.it

I leaders degli Stati Uniti sanno benissimo che i giorni del loro paese come “più grande produttore mondiale di petrolio” si misurano ormai in settimane o in mesi, e non in anni.

Nel corso del 2014 il prezzo del petrolio è caduto da oltre 125 a circa 45 dollari al barile, e potrebbe ulteriormente calare per poi risalire di nuovo, salvo cadere e risalire ancora. Questo tanto per rendere l’idea.

Il selvaggio saliscendi del mercato del petrolio, quello ancor più selvaggio dei mercati finanziari, la crisi valutaria, la bancarotta delle società energetiche e quella degli istituti che le hanno finanziate, il default dei paesi che le hanno sostenute … porteranno l’economia industriale al collasso.

E senza un’economia industriale funzionante, il petrolio potrebbe essere riclassificato al livello di mero rifiuto tossico. Ma questo evento è da spostare in avanti di due o tre decenni.

Nel frattempo, i prezzi molto più bassi del petrolio hanno spinto la maggior parte dei produttori di petrolio non-convenzionale fuori dal mercato. Ricordiamo che il petrolio convenzionale (quello economico e facile da produrre, che sgorga da pozzi verticali, perforati non troppo in profondità sulla terra ferma) ha raggiunto un picco di produzione nel 2005, e che da allora è in calo.

La produzione di petrolio non-convenzionale – compreso quello estratto in mare aperto o derivato dalle sabbie bituminose, il petrolio di scisto (idro-fratturazione) o comunque quello la cui produzione richiede tecniche molto costose – è stato finanziato con notevole generosità per compensare il deficit [energetico nazionale]. Ma al momento il petrolio non-convenzionale, per essere prodotto, costa parecchio e comunque più di quanto si possa ricavare a venderlo.

Questo significa che intere produzioni – il petrolio pesante del Venezuela (che ha bisogno di essere migliorato per poter essere utilizzato), il petrolio estratto nel Golfo del Messico (Messico e Stati Uniti) ed in altre località offshore (Norvegia e Nigeria), le sabbie bituminose del Canada, il petrolio di scisto (Stati Uniti) – rischiano di andare fuori mercato. I produttori, in questo momento, stanno bruciando i loro soldi. Se i prezzi del petrolio resteranno così bassi, saranno costretti a chiudere.

Un ulteriore problema è l’alto tasso di impoverimento dei pozzi per l’estrazione del petrolio di scisto. I produttori statunitensi, attualmente, stanno pompando al massimo, stabilendo giorno per giorno nuovi records di produzione.
Ma il tasso di perforazione [ovvero il numero di nuovi pozzi] sta rapidamente crollando. I pozzi si esauriscono molto velocemente: le portate si riducono della metà nel giro di pochi mesi e, dopo un paio d’anni, diventano del tutto trascurabili. La produzione può essere mantenuta solo facendo ricorso senza soste alla trivellazione di nuovi pozzi. Ma, al contrario, quest’attività si è pressoché fermata.

La sovrabbondanza di petrolio, conseguentemente, durerà soltanto per pochi mesi ancora. Dopodiché l’intera partita del petrolio di scisto, che alcuni pupazzi dalla testa ciondolante pensavano avrebbe fatto degli Stati Uniti una nuova Arabia Saudita, andrà a finire.

Non aiuterà il fatto che la maggior parte dei produttori di petrolio di scisto, che speculavano selvaggiamente sulle licenze di perforazione, saranno andati nel frattempo in bancarotta, insieme alle aziende e alle società di servizi connesse alle attività dei giacimenti.

L’intera economia che nel corso degli ultimi anni era letteralmente esplosa attorno ai giacimenti [di petrolio di scisto] statunitensi, e che aveva generato la maggior parte della crescita dei posti di lavoro altamente retribuiti, andrà a crollare, provocando un picco nel tasso di disoccupazione.

Vale la pena sottolineare che l’eccesso di produzione di petrolio, che ne ha fatto precipitare il prezzo, non è tutto sommato particolarmente grande. Tutto è cominciato con la decisione, concertata fra Stati Uniti e Arabia Saudita, di scaricare sul mercato internazionale quantità maggiori di petrolio per farne scendere il prezzo.

I leaders degli Stati Uniti sanno benissimo che i giorni del loro paese come “più grande produttore mondiale di petrolio” si misurano in settimane o in mesi, e non in anni. Si rendono conto che il crollo della produzione di petrolio di scisto causerà all’economia i tipici problemi che seguono un’ubriacatura. I canadesi, inoltre, rendendosi conto che per le loro sabbie bituminose l’avventura è prossima alla fine, hanno deciso di giocare insieme ai loro vicini.

Ma quello che stanno portando avanti è fondamentalmente un gioco da polli. Se tutti pompano petrolio di scisto più che possono, a prescindere dal prezzo, ad un certo punto accadrà una di queste due cose: o la produzione andrà a crollare, oppure i produttori si troveranno a corto di denaro – e la loro produzione crollerà di conseguenza.
La domanda, quindi, è la seguente: quale di questi due eventi avrà luogo per primo? Gli Stati Uniti stanno scommettendo sul fatto che prezzi del petrolio così bassi finiranno con il distruggere i governi dei tre grandi produttori di petrolio che non sono sotto il loro controllo politico e/o militare. Questi paesi sono il Venezuela, l’Iran e, naturalmente, la Russia.

Le probabilità di successo sono minime ma, non avendo altre carte da giocare, gli Stati Uniti ci stanno disperatamente provando.

Il Venezuela è un premio sufficiente? Senz’altro, ma i precedenti tentativi per cambiare il regime venezuelano non sono riusciti ed allora ..… perché mai questa volta il tentativo dovrebbe riuscire? L’Iran, a sua volta, ha imparato a sopravvivere a dispetto delle sanzioni occidentali, e mantiene legami commerciali con la Cina, con la Russia e con qualche altro paese.

Nel caso della Russia è ancor meno chiaro quale frutto sarà portato all’Occidente, se del caso, dalle politiche attuate contro questo paese. Se la Grecia, ad esempio, dovesse decide di uscire dall’Unione Europea per aggirare le sanzioni di ritorsione della Russia [contro l’UE], allora diventerà chiaro a tutti chi è che ha sanzionato chi.
Certo è che rovesciare i governi di tutti e tre questi petro-stati – ovvero distruggerli economicamente, “privatizzare” le loro risorse petrolifere ed estrarle gratuitamente utilizzando manodopera straniera – sarebbe proprio quello di cui gli Stati Uniti hanno bisogno.

Ma, se ci avete seguito fino ad ora, dovrebbe esservi chiaro che gli Stati Uniti non sempre ottengono tutto ciò che vogliono e, anzi, negli ultimi tempi non stanno ottenendo quasi niente. Quale recente mossa politica che gli Stati Uniti hanno fatto sull’estero “ha pagato” nel modo in cui avrebbe dovuto? Hmm …..

E così, per il momento, tutti i produttori di petrolio stanno continuando ad estrarre a tutta forza.

Alcuni produttori hanno un “cuscinetto finanziario” sufficientemente grande per poter produrre in perdita, e faranno in modo di proteggere la loro quota di mercato. Altri, invece, hanno restituito gran parte dei prestiti che avevano ricevuto per la perforazione dei pozzi quando il prezzo del petrolio era ancora alto, e possono continuare a produrre con profitto anche ad un prezzo inferiore. Un certo numero di produttori (con la Russia in testa), infine, può fare un profitto seppur piccolo anche a 25-30 dollari al barile (se non fosse per le tasse e per i dazi).

Certo è che ogni produttore ha comunque un motivo leggermente diverso da quello degli altri per continuare a pompare a tutta forza.

Molto è stato detto a proposito della collusione fra Stati Uniti e Arabia Saudita per far scendere il prezzo del petrolio. Ma la teoria della collusione potrebbe essere fatta a fette con il “Rasoio di Occam” [scolasticamente, principio secondo cui è inutile formulare ipotesi ulteriori per spiegare un certo fenomeno, quando quelle iniziali sono già di per sé sufficienti], dal momento che ci si aspetterebbe comportamenti analoghi anche senza collusione.

Gli Stati Uniti stanno facendo un tentativo disperato per rovesciare uno o due o tre petro-stati (insieme al Canada, con le sue sabbie bituminose diventate inutili, che sta viaggiando clandestinamente a rimorchio degli Stati Uniti), prima che il suo petrolio di scisto si esaurisca perché, se questo tentativo non dovesse funzionare, per l’Impero si accenderà la luce rossa.

Ma nessuna delle recenti scommesse degli Stati Uniti ha funzionato. Questo è in effetti l’Inverno [fase calante] dell’Impero, che si è ridotto ad effettuare piccole e patetiche acrobazie – che sarebbero oltretutto divertenti, se non fossero anche un po’ tristi e decisamente sinistre.

Prendete ad esempio le parole pronunciate recentemente a Berlino dal Primo Ministro ucraino Yatsenyuk, telecomandato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti: scoprirete che è stata l’URSS ad aver invaso la Germania nazista e non il contrario!

Stiamo arrivando al 70° anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, ed allora non c’è momento migliore per ..… giusto! Per fare che cosa, esattamente? I russi sono confusi. I tedeschi hanno preso questo strafalcione e ora se ne stanno quieti in un angolo, segnando un punto a favore dell’impero!

Oppure prendete la psy-ops [operazione di guerra psicologica] “Charlie Hebdo” a Parigi che, per chiunque presti un minimo di attenzione, ricorda stranamente il bombardamento mediatico successivo agli eventi della “Maratona di Boston” di quasi due anni fa.

Questa città, in effetti, non si è ancora sbarazzata di tutti gli adesivi idioti con su scritto “forza Boston” – no, Boston non è stata distrutta da un paio di petardi e da alcuni attori che, già da tempo amputati, rompevano sacchetti di sangue (finto) per far finta di aver appena avuto una gamba spazzata via.

E adesso Parigi è addobbata con adesivi stranamente simili: “je suis Charlie”.

Uccidere un pugno di innocenti è, naturalmente, la procedura standard: qualche autentica atrocità aiuta a rendere impensabile, per chiunque si trovi sotto il controllo mentale dell’impero, la versione “complottistica” degli eventi, perché ..… tutti lo possono vedere! Sono dei bravi ragazzi, e i bravi ragazzi non fanno queste cose.

Ma questo controllo mentale sta scivolando via e finanche alcuni leaders nazionali – come ad esempio quello della Turchia, Erdogan – hanno pubblicamente dichiarato che quell’evento era stato precedentemente organizzato.

E’ la ragione per cui i presunti autori sono stati giustiziati sommariamente dalla polizia, prima che qualcuno potesse scoprire qualcosa su di loro. E’ ormai diventato chiaro che questi eventi sono stati cucinati dallo stesso gruppo di hackers, tutto sommato non così terribilmente creativo.

Sembrano stiano riciclando i PowerPoints [palese il riferimento al programma di presentazione prodotto dalla Microsoft, utilizzato principalmente per proiettare e quindi comunicare su schermo progetti, idee e contenuti]: basta eliminare Boston ed inserire Parigi.

I francesi hanno difeso il loro diritto ad insultare impunemente i musulmani ed i cristiani (anche se, quando nessuno guarda, questi diritti vengono regolarmente disconosciuti) ma non, sia chiaro, gli ebrei o i gay, inspiegabilmente importanti, perché la cosa li farebbe incorrere in un periodo di detenzione. Segnate un altro punto per l’Impero!
Oppure prendete l’abbattimento del volo Malaysia MH17 avvenuto nell’Ucraina Orientale all’inizio di quest’anno. I funzionari pubblici occidentali addossarono istantaneamente la colpa ai “ribelli supportati da Putin”, che l’avevano proditoriamente abbattuto. Quando i risultati della conseguente inchiesta portarono ad una diversa conclusione, essi furono secretati.

Ma un disertore ucraino, protetto dai russi nell’ambito dello specifico “programma per la protezione dei testimoni”, ha identificato il pilota ucraino che ha abbattuto quell’aereo di linea, con un missile aria-aria sparato da un jet da combattimento. Conseguentemente, sappiamo il chi, il come ed il perché di tutta questa storia. Non resta che una domanda: per conto di chi?

Potete scommetterci, l’abbattimento è stato ordinato da Washington. Questa è stata una notizia da prima pagina, in Russia, ma i media occidentali l’hanno censurata e, ogni volta che si parla di quest’argomento, continuano a ripetere il mantra che l’aereo è stato abbattuto da Putin. Segnate un punto ancora per l’impero!

Ma un gruppo di poveri illusi [l’attuale leadership statunitense], che borbotta fra sé e sé in un angolo buio mentre il resto del mondo lo guarda e sorride, non serve certo a salvare un Impero. Con prestazioni di questo livello non è difficile ipotizzare che, da qui in poi, niente di ciò che l’Impero cercherà di fare sarà utile come esso vorrebbe.

L’Arabia Saudita, in generale, è molto dispiaciuta con gli Stati Uniti, perché questo paese sta mancando il compito di “polizia di quartiere” che gli è stato affidato, e non è più in grado di mettere un coperchio sulle cose.

L’Afghanistan sta tornando ad essere il Talebanistan; l’Iraq ha ceduto una parte del suo territorio all’ISIS e ora controlla solo quello corrispondente ai regni dell’età del bronzo (Akkad e Sumer); la Libia è preda della guerra civile; l’Egitto è stato “democratizzato” facendolo piombare in una dittatura militare; la Turchia (membro della NATO e candidata ad entrare nell’UE) sta negoziando soprattutto con la Russia; la missione di rovesciare Assad in Siria è nel caos; i “partners” yemeniti degli Stati Uniti sono appena stati rovesciati dai miliziani sciiti ed infine c’è ISIS che, seppur inizialmente organizzata e addestrata dagli statunitensi, sta minacciando di distruggere la “Casa dei Saud”.

Da aggiungere a tutto questo che la Joint-Venture statunitense-saudita, istituita per destabilizzare la Russia fomentando il terrorismo nel Caucaso del Nord, è completamente fallita. Questa Joint-Venture non è riuscita ad organizzare finanche una sola, mera, azione terroristica per boicottare le Olimpiadi di Sochi (il Principe saudita Bandar bin Sultan ha perso l’incarico a causa di quel fiasco).

E così i sauditi stanno pompando petrolio a tutta forza non tanto per aiutare gli Stati Uniti, ma per altre e più evidenti ragioni: per spingere fuori dal mercato i produttori di petrolio non-convenzionale e mantenere la loro quota di mercato. Essi sono seduti, inoltre, su un’enorme riserva di dollari USA, che vogliono mettere a frutto mentre valgono ancora qualcosa.

Anche la Russia sta pompando più del normale, perché non c’è davvero alcun motivo per smettere ed invece un sacco di motivi per continuare. La Russia è un produttore a basso prezzo, e può aspettare al varco gli Stati Uniti. E’ seduta, inoltre, su una grande riserva di dollari, che potrebbe anche essere tentata di spendere, mentre valgono ancora qualcosa.

Il bene più grande della Russia non è il petrolio, ma la pazienza della sua gente: i russi capiscono che dovranno attraversare un periodo difficile per sostituire le importazioni (da Ovest, in particolare) con la produzione nazionale (e con le importazioni da altri paesi). Tutto sommato possono permettersi una perdita, perché riavranno tutto indietro, una volta che il prezzo del petrolio tornerà a salire.

Perché il prezzo si riprenderà sicuramente. La correzione dei prezzi troppo bassi sarà generata, paradossalmente, ….. dallo stesso livello, troppo basso, dei prezzi. Non appena alcuni produttori di petrolio non-convenzionale cesseranno la loro attività [perché non più remunerativa], non ci sarà più alcuna produzione in eccesso, e il prezzo non potrà che risalire.

Non solo recupererà, ma probabilmente andrà a crescere, perché un paese disseminato dei cadaveri delle compagnie petrolifere in fallimento non può tornare a produrre immediatamente in grande quantità. Giova ricordare che, al di là di alcuni utilizzi di tipo discrezionale, la domanda di petrolio è abbastanza anelastica.

Ma un picco del prezzo del petrolio causerà un altro giro nella distruzione della domanda [al di là dell’anelasticità di cui sopra] perché i consumatori, devastati dai fallimenti e dalla perdita di posti di lavoro dovuti al crollo dell’industria del petrolio, saranno presto ridotti in bancarotta. E tutto questo farà sì che il prezzo del petrolio crolli di nuovo.

E così via fino a quando l’ultimo industriale petrolifero morirà. La causa della sua morte sarà chiamata “colpo di frusta” o, se volete, “Sindrome dell’Industriale Scosso” [perifrasi della “Sindrome del Bambino Scosso”. Indica una varietà di segni e di sintomi nei bambini al di sotto dell’anno di età, dovuti allo scuotimento violento o, più raramente, a traumi della testa].

I prezzi del petrolio, troppo alti o troppo bassi in rapida alternanza, gli spezzeranno il collo. Qualche “artigiano” raccoglierà un po’ del petrolio che trasuderà da qualche vecchio pozzo, lo raffinerà utilizzando dei vasi di terracotta riscaldati a legna, e lo utilizzerà per alimentare un vecchio carro funebre che porterà l’ultimo industriale petrolifero del pianeta al “cimitero degli industriali”.

Dmitry Orlov

Fonte: http://cluborlov.blogspot.it/

Link: http://cluborlov.blogspot.it/2015/01/whiplash.html

20.01.2015

Traduzione per www.comdonhisciotte.org a cura di FRANCO

NB

Fra parentesi tonda ( … ) le note dell’autore.
Fra parentesi quadra [ … ] le note del traduttore.

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