‘SIAMO TUTTI…’
di Felicity Arbuthnot e Luci Carolan.
Sono sempre gli innocenti che vengono colpiti, che pagano con la vita gli errori di chi li governa.
Il lutto per i morti e i feriti del 7 luglio sono stati accompagnati dall’imprudente linguaggio di uomini di legge che lo dovrebbero sapere bene. Il primo ministro Blair e il ministro degli esteri Straw quasi immediatamente hanno accusato l’Islam con un discorso intempestivo. Quando si stavano contando i morti, raccogliendo i feriti e le parti mutilate non si poteva sapere chi fossero stati gli esecutori. A quanto pare il nuovo paradigma della giustizia inglese è cambiato in: “Colpevole fino a prova contraria.”
Sulla riva del Tamigi, negli ex Embankment Gardens ora Memorial Garden, è stata montata una tenda bianca, si sono piantati dei fiori, ministri e dignitari ecclesiastici hanno deposto dei bianchi bouquet, si è preparato un registro di condoglianze. Nel giorno della tragedia si è detto che “Siamo tutti londinesi.”
Anche nei funerali musulmani si erige una tenda di colore bianco. In questo modo possiamo presentare le nostre umili e inadeguate scuse anche a coloro che in nostro nome hanno sofferto il nostro stesso inimmaginabile dolore. C’è un’ umanità infinita che non è sola “Oggi siamo tutti londinesi.” Siamo anche Iracheni, Afgani, Palestinesi, le vittime dimenticate di Sebreniza e delle guerre balcaniche.
Siamo anche gli abitanti di altre diciassette nazioni dimenticate, vittime delle aggressioni americane dopo la ‘liberazione’ dell’Europa nel 1945. –
Cina, 1945-46,1950-53
Corea 1950-53
Guatemala 1954,1960,1967-69
Indonesia 1958
Congo 1964
Cuba 1959-61Congo 1964
Perù 1965
Laos 1964-73
Vietnam 1961-73
Cambogia 1969-70
Libano 1983-84
Granada 1983
Libia 1986
El Salvador anni ‘80
Nicaragua anni ‘80
Panama 1989
Sudan 1998.
Il cuore umano sanguina per ogni tragedia, ovunque avvenga. Questo è il punto. L’umanità partecipa alle tragedie altrui. Il poeta e pensatore inglese John Donne, morto quasi quattrocento anni fa, è quanto mai attuale oggi come ieri. Ha saputo parlare veramente in nome di un’umanità che trascende da ogni razza, lingua, posto o colore:
‘No man is an island, entire unto itself,
Every man is a piece of the –globe-
A part of the main.
Any man’s death diminishes me,
I am involved in Mankind,
And therefore, never send to know for whom the bell tolls,
It tolls for thee.’
( Nessun uomo è un’isola chiusa in sè stessa,
ogni uomo appartiene alla terra
è la parte di un insieme.
La morte di chiunque mi toglie qualcosa,
perché io faccio parte dell’umanità.
Quindi non mandare a chieder per chi suona la campana
Suona per te.)
Fonte: www.commondreams.org del 11 luglio 2005-07-13
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da Vichi.