GHEDDAFI. QUANDO L' OSPITE E’ UN BEDUINO

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DI SHERIF EL SABAJE
salamelik.blogspot.com

“Si puó essere più o meno d’accordo sulla personalità di Gheddafi, ma l’analisi di Sherif è a dir poco spettacolare nel rendere alla perfezione l’arroganza tipica italiana, che non ha colore – destra, sinistra o centro che sia – perché basata sulla tipica ignoranza autocompiacente dei miei concittadini, che NON mi fanno pentire di avere lasciato l’Italia 12 anni fa”. E. Gullo

In questo paese nemmeno ai capi di stato in visita ufficiale per pochi giorni viene risparmiato il trattamento riservato ai comuni immigrati “ospiti” da più di vent’anni inclusivi di tasse e contributi. Un capo di stato straniero, nel corso della sua prima visita ufficiale in Italia dal 1969, è stato volgarmente e gravemente insultato con epiteti discriminatori e chiaramente razzisti, come il “cammellaro fuori di testa”. Gli danno del beduino senza sapere che essere beduini, nella cività araba, è sinonimo di coraggio, solidarietà, giustizia, rigore morale. E siccome tutto ciò accade in nome della “libertà di espressione”, della “democrazia”, della difesa della “dignità degli italiani” e dei “diritti dei migranti”, il governo non ha espresso scuse ufficiali e il ministro degli Esteri non ha pensato di dimettersi.
Molte sono state le scuse inventate per giustificare questa incredibile bassezza diplomatica. E’ stato detto che Gheddafi era un dittatore. Ammesso e non concesso che cosi sia, quanti dittatori hanno visitato l’Italia senza che la loro presenza scatenasse l’isteria collettiva che ha circondato la visita del Fratello Colonnello? Mi piacerebbe sapere poi quanti di quei parlamentari che si sono stracciati le vesti e quanti di quegli studenti che hanno manifestato saprebbero spiegarmi come funziona il sistema politico libico, un unicum di incredibile complicazione dove il consiglio rivoluzionario – non eletto – ha ridotto i suoi poteri per convivere con un sistema piramidale di legittimazione dal basso.

Non mi faccio illusioni: questi sono gli stessi parlamentari che non sanno nemmeno dove sia l’Afghanistan e gli stessi studenti convinti che in Iran si parli arabo. Per istillare un po’ di dubbi, faccio poche citazioni tratte dalla stampa italiana di questi giorni: Guido Rampoldi ammette, sulla prima pagina di Repubblica, che “Il colonnello libico è un dittatore sui generis, non fosse altro perché in patria gode tuttora di un significativo consenso”. Valentino Parlato, nato a Tripoli nel 1931, in un’intervista a La Stampa lo definisce “Leader” e alla domanda del giornalista “Leader o dittatore?” risponde: “Leader. La connotazione occidentale di dittatore non corrisponde alla realtà libica. Dittatore è un modo per indicare un nemico. Il leader, invece, ha un grande prestigio”. A questo punto il giornalista ribatte che il giorno prima Gheddafi ha detto “papale papale che per lui i partiti vanno aboliti” (ma se è per questo, anche Beppe Grillo afferma che i “partiti sono il cancro della democrazia”) e Parlato risponde: “Sarei tentato di dire che sono d’accordo. I partiti sono una mediazione tra il popolo e il governo. In soldoni, rappresentano una mediazione del potere. Lui, con la sua rivoluzione verde, ha percorso la strada della democrazia diretta”. E infatti, sempre su La Stampa, Igor Man afferma: “E qui va ricordato come nella Jamahiriya (equivalente arabo di Repubblica popolare) sono i Comitati popolari a far da barometro, a rivelare gli umori delle «masse». Gheddafi è il leader ma lo si discute, non di rado”.

Poi si è giocata, con un’impareggiabile faccia tosta, la carta dei migranti. Gheddafi sarebbe il mostro che si riprende i clandestini, rinchiudendoli nei lager. E chi lo dice questo? L’opposizione. Ho letto bene? Stiamo parlando di quelli che sono stati al governo per due anni senza riuscire a fare una legge sulla libertà religiosa o sulla cittadinanza in Italia? Stiamo parlando di quelli che non sono riusciti ad impedire al governo di trasformare la clandestinità in reato o di mandare la marina ad intercettare le navi al largo? Stiamo parlando di quelli che, ultimamente, stanno rincorrendo persino la Lega nel cavalcare l’asino della xenofobia nel tentativo disperato di recuperare qualche voto? Nessuna di quelle anime belle ha riflettuto sul fatto che, se Gheddafi sta facendo il carceriere dell’Europa, lo sta facendo perché sono i governi europei a chiederglielo, anzi ad imporglielo, a suon di accuse di terrorismo ed altre carinerie? E che fra le accuse di terrorismo e i regali di denaro la scelta è obbligata? Nessuno di loro ha pensato che forse valeva la pena indignarsi per i lager che ci sono in Italia piuttosto che stracciarsi le vesti per i lager che ci sono in Libia? Se vuoi fare opposizione contro un trattato iniquo, la fai contro il tuo governo che l’ha voluto, mica contro chi l’ha sottoscritto. “Perché guardate la pagliuzza che è nell’occhio del fratello colonnello, e non v’accorgete della trave che è nel vostro? Come potete dire al vostro fratello colonnello: Permetti che togliamo la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre voi non vedete la trave che è nel vostro? Ipocriti, togliete prima la trave dal vostro occhio e allora potrete vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del vostro fratello colonnello”. In realtà, l’opposizione è insorta solo perché ha interpretato la presenza di Gheddafi come successo diplomatico di Berlusconi. Non a caso il giornalista che intervista Parlato gli chiede: “Almeno, da uomo di sinistra, non la infastidisce questo suo (di Gheddafi, ndr) rapporto privilegiato con Silvio Berlusconi?”. Parlato risponde che secondo lui Gheddafi avrebbe firmato con piacere il trattato di amicizia con Massimo D’Alema. Vogliamo scommettere che se Gheddafi avesse scelto di sottoscrivere gli stessi, identici, accordi con la sinistra al governo, sarebbe stato accolto con tutti gli onori e che a scagliarsi contro “Il Dittatore” sarebbe stata invece la Destra? Dio mio, l’Italietta.

Appurato che Gheddafi è un leader, arrivato al potere a 27 anni senza spargimento di sangue, che gode di prestigio e consenso in patria e che viene persino contestato, appurato che sta facendo il lavoro sporco che l’Italia gli chiede di fare, perché è stato insultato? Perché l’italiano medio non è riuscito a mandare giù il fatto che questo arabo, questo beduino, questo cammellaro, potesse dire tutto ciò che riteneva opportuno di dover dire sull’Italia e sulla sua eredità fascista, senza che si potesse caricarlo su un aereo e rimandarlo “nel suo paese”. A Gheddafi, capo di stato di un paese martoriato dal colonialismo fascista qualcuno avrebbe tanto voluto impedire il diritto alla parola, alla denuncia, alla valutazione libera e critica del passato fascista dell’Italia allo stesso modo in cui si vorrebbe impedire agli immigrati residenti in Italia di esprimersi sul suo presente quotidianamente costellato di episodi di razzismo. Con la differenza che gli immigrati hanno il permesso di soggiorno mentre Gheddafi parla a ruota libera forte del fatto che potrebbe, con un cenno del dito, sospendere le forniture di petrolio e nazionalizzare gli interessi italiani in Libia. La cosa curiosa è che a Gheddafi si attribuisce un odio anti-italiano quando in realtà l’uomo se la prende con gli italiani nella misura in cui questi ultimi si ostinano a non voler prendere le distanze da quel vergognoso passato. Perché è proprio quello che accade, ancora oggi: in più occasioni si è dimostrato che persiste tuttora, se non altro nel subconscio storico, mediatico e popolare, una totale sovrapposizione tra l’Italia degli Italiani e il Fascismo dei Fascisti. Per esempio il film “Il Leone del Deserto”, finanziato dal governo libico, che spiegava accuratamente le malefatte dell’esercito fascista è stato giudicato – nel 1982 (!) – lesivo dell’onore dell’ “esercito italiano”. Non fascista, ma italiano. Come se fossero sinomini. La fotografia del vecchio partigiano Omar Al Mukhtar, trascinato in catene dai criminali fascisti, appuntata sull’alta uniforme di Gheddafi è stata definita il giorno dopo (nel 2009!) su gran parte dei quotidiani come “foto anti-italiana”, non foto “anti-fascista”, come effettivamente è. E’ proprio la foto a far saltare gli ultimi nervi: qualcuno l’ha definita addirittura una provocazione. Altri chiedevano a Berlusconi di esprimersi apertamente contro di essa, ma lui ha preferito sorvolare. E’ proprio questa micidiale combinazione a mandare in tilt gli oppositori del colonnello a destra e a sinistra, parlamentari e studenti: il fatto che, pur offesi (a torto) nel loro onore italiota, non sono in grado di proferire mezza parola, nel timore delle ritorsioni del più forte. Stiamo parlando, giustamente, come ha affermato Emma Bonino di “una subalternità al limite del servile”. Si, ma nei confronti di un “cammellaro”. E’ questo che dà fastidio, non altro. Ai contestatori non gliene frega un’emerita cipolla dei diritti dei libici e dei migranti. Perchè se cosi fosse, avrebbero fatto le loro battaglie qui, e molto prima della visita del Colonnello. Tutto quello che conta per costoro è che sia salva la facciata del nazionalismo da operetta tanto cara all’Italia, a destra e a sinistra. Davvero patetico.

Sherif El Sebaje
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2009/06/gheddafi-quando-lospite-e-un-beduino.html
13.06.2009

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IL LEONE LIBICO IN ITALIA

Ha del surreale la quantità di insulti e contumelie riversate sul Fratello Colonnello Muammar Gheddafi mentre è in corso la sua prima visita ufficiale in Italia. C’è dell’inaudito nella bassezza diplomatica toccata dagli esponenti dell’opposizione (sic) che hanno fatto il diavolo a quattro pur di impedire alla Guida della Rivoluzione Libica di parlare nell’aula del Senato. Gli studenti dell’Onda vogliono impedirgli di parlare anche all’Università della Sapienza. Altri hanno tappezzato la città e il giardino di Villa Pamphili, dove risiederà durante la sua permanenza, di manifesti dove lo invitano ad andarsene. Il presidente Berlusconi e la destra italiana dovrebbero ringraziare Allah se il leader libico non ha girato i tacchi, stracciando gli accordi sottoscritti. E perché tutto questo? Perché Gheddafi sarebbe un dittatore. Cavoli, non ci avevo mica pensato. Si, è vero: è il dittatore che ha cacciato a calci in culo gli italiani che godevano di ogni sorta di privilegio (con la forza delle armi) a danno degli autoctoni (decimati con ferocia inaudita), nazionalizzando tutti i loro beni.

E’ il dittatore che è riuscito ad ottenere 5 miliardi di euro come risarcimento per i danni inflitti dal colonialismo italiano, senza sborsare un centesimo ai discendenti dei colonizzatori italiani che ancora adesso continuano a chiedere, con incredibile sfacciatagine, di essere risarciti. Invece di ringraziare per non essere stati appesi ai pali come è stato per migliaia di libici. E’ il dittatore che garantisce al suo popolo un tenore di vita che in molti paesi, inclusa l’Italia, se lo sognano. Se un cittadino libico si ammala e la sua malattia richiede cure all’estero, viene totalmente spesato dal suo governo e seguito dalla sua ambasciata. E’ il dittatore che è sceso dall’aereo con una fotografia dell’eroe della resistenza libica trascinato in catene dai fascisti italiani appuntata sull’alta uniforme, aspettando personalmente sulla scaletta un reduce di quella gloriosa epopea. E’ il dittatore che ha preso una forte posizione contro gli esponenti politici italiani che si divertivano a provocare un miliardo e passa di musulmani con la faccenda delle vignette danesi. E’ il dittatore che ha imposto la compilazione dei visti in lingua araba, anche a costo di respingere 2500 italiani in crociera con passaporti privi di traduzione poiché salpati prima che la norma entrasse in vigore.

Di Gheddafi mi piace proprio il suo spirito provocatorio. Il suo linguaggio…come dicono in Italia quando parlano di Gentilini e Borghezio? Ah… fiorito. Nel 1988, Gheddafi – dalla Libia – disse che “gli italiani che colonizzarono la Libia erano gorilla e maiali: non possono essere cambiati in cosi poco tempo. L’evoluzione della specie avviene in millenni, non in poche decine d’anni”. Oggi, afferma il Colonnello da Roma, l’Italia ha “rotto definitivamente il rapporto con il colonialismo e con il fascismo”. Dopottutto la buona educazione quando si è ospiti a casa altrui è un valore arabo, e Gheddafi è a tutti gli effetti un ospite. Come ebbi a scrivere già in altre occasioni, il forte valore simbolico delle sue decisioni coraggiose, seppur controverse, non si può assolutamente mettere in dubbio. Gheddafi è l’unico dittatore che io conosca che sia riuscito – con il suo graffiante armamentario verbale – a trasformare l’onorevole Calderoli in un Obama in salsa padana che esprime – aggrappatevi a qualcosa – il “più profondo rispetto per tutte le civiltà” dicendosi “convinto che il dialogo con quella islamica sia un tema imprescindibile dei nostri tempi”. Al Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che prometteva di visitare la Libia con grande fanfara, il governo libico non ha esitato a fargli sapere, con nota ufficiale, che “saremo noi a indicare la data e il modo in cui potrà arrivare”. Gheddafi è, per dirla in breve, il cittadino arabo cosi come dovrebbe essere, cosi come mi piacerebbe che fosse: non un debole complessato disposto a rinnegare le proprie origini per una cittadinanza o per un posto in questo o quel parlamento, ma un fiero portatore delle proprie tradizioni e della propria storia, sicuro di sè e consapevole di avere il controllo della situazione, anche nei momenti più duri. Gheddafi è l’esempio della dignità araba che non si fa calpestare, che impone il rispetto quando viene meno da parte degli altri, anche minacciando la sospensione della fornitura di gas e petrolio e/o la nazionalizzazione dei beni italiani attualmente in Libia.

Quali sarebbero le colpe del Fratello Colonnello? Si riprende gli immigrati africani che cercano di sbarcare in Europa? E chi glieli riporta, scusate? Non è forse la marina italiana, che si avvicina alle loro misere barche (senza speronarle, stavolta) e li prende per i fondelli dicendo loro che verranno accompagnati in Italia? Chi è che invoca lo speronamento e il bombardamento dei migranti, donne e bambini inclusi, se sorpresi in acque territoriali? Non sono forse i politici eletti con voti italiani? Gheddafi fa semplicemente ciò che un accordo internazionale, fortemente voluto dal governo italiano e graditissimo dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana, gli impone di fare. Questa sinistra non ha più nessuna legittimità di parlare a nome degli immigrati. Qualcuno dell’opposizione, ieri, non si è nemmeno vergognato di definire la foto appuntata sulla divisa di Gheddafi come una “provocazione ostile”. Una vergognosa foto ricordo dei fascisti che trascinano in catene un vecchio eroe è una provocazione? Ma questa è opposizione o un rinato partito fascista? Per questo ho lanciato la mia provocazione alle agenzie di ieri. Non solo questa opposizione non ha fatto nulla quando era al governo ma ultimamente rincorre persino la Lega nella sua becera xenofobia, cavalcando il nazionalismo da operetta della migliore tradizione italiota. Ora, addirittura, si sveglia e – per difendere i migranti da un accordo discutibile – se la prende con il presidente della repubblica araba che l’ha sottoscritto piuttosto che con il loro votatissimo presidente che l’ha voluto. Quindi basta ipocrisia e sceneggiate. Ai parlamentari dell’opposizione che diserteranno l’Aula del Senato o che promettono “spettacolari” proteste, dico: risparmiate il vostro fiato e cercate di recuperare il consenso che avete perso , anche tra gli immigrati, facendo le battaglie giuste nei posti giusti. Qui, in Italia. Perché Gheddafi, con o senza discorso al Senato, è venuto in Italia da leone. E da leone tornerà nel deserto della Libia.

Sherif El Sebaie
http://salamelik.blogspot.com/
http://salamelik.blogspot.com/2009/06/il-leone-libico-in-italia.html
11.06.2009

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