GHEDDAFI COME MAO

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DI VICTOR KOTSEV
atimes.com

La presunta ritirata di Gheddafi [“Lunga Marcia” è la gigantesca ritirata militare intrapresa dall’esercito comunista cinese nel 1934, prima che Mao ne prendesse il comando, ribaltando la situazione, NdT] da Bengasi verso Tripoli, iniziata venerdì scorso, si è interrotta già martedì, quando il suo esercito ha invertito la marcia e – quasi fosse guidato dalla semplice inerzia – ha iniziato ad incalzare nuovamente i ribelli in alcune piccole città lungo la costa mediterranea.

L’opposizione ha agito con tale incapacità durante l’avanzata verso Sirte, città natale di Gheddafi (città che aveva falsamente dichiarato di aver riconquistato lunedì), che Gheddafi non ha neppure avuto bisogno di utilizzare il pieno potenziale delle tattiche di guerra asimmetrica che aveva in serbo.

Il rais cerca di nascondere che i raid aerei sempre più energici della coalizione hanno messo a dura prova le sue milizie, ma si fa forte della sua indiscutibile capacità di presidio terrestre. Si pensa che Gheddafi stia rispolverando le esperienze cinesi del “fare la guerra” che Mao Zedong usò durante lo scontro con il Kuomintang e i giapponesi.

Dice un vecchio proverbio cinese: “Se mi freghi una volta, devi vergognarti. Se mi freghi due volte, mi devo vergognare io”.
Anche senza testimoni, le battaglie che hanno avuto inizio il venerdì somigliavano molto, troppo alla fase iniziale della ribellione, quando gli insorti occuparono mezza Libia prima di essere spazzati via dalle forze di Gheddafi. Da riscontri di prima mano, gli stessi ribelli hanno avuto questo sospetto. “Non c’è stata resistenza”, dice il lunedì Faraj Sheydani, 42 anni, combattente ribelle intervistato dal New York Times. “Non c’era nessuno che ci respingeva. Non c’era nessuno che combatteva”.

Dov’è finito l’esercito libico? Pochi giorni prima, aveva rappresentato una minaccia per Bengasi, città di oltre 500.000 abitanti e roccaforte dei ribelli. ”Le persone che passano per la strada che costeggia Sirte dicono che le forze di Gheddafi sono concentrate a circa 60 chilometri fuori dalla città, nascoste sugli alberi” (Al-Jazeera, il Lunedì).

Un esercito di alberi in attesa del nemico – sembra un’immagine tratta dal Macbeth di Shakespeare. Non che sia una cosa molto strana – l’agguato è una parte fondante delle operazioni militari- ma questo segna certamente un cambiamento nella tattica di Gheddafi.

Una guerra manovrata, alla Mao. La si può descrivere come un incrocio tra una guerra di posizione (difesa e conquista del territorio, strategia che gli eserciti solitamente applicano) e guerriglia (“tattica mordi e fuggi”, cioè piccole unità che si confondono tra la popolazione civile e che scompaiono facilmente).

Questo tipo di tattica è progettata per le unità regolari con basi permanenti, ma si basa fondamentalmente su tattiche di guerriglia: linee di battaglia non definite, attacchi a sorpresa per colpire in modo rapido e per poi riorganizzarsi, servendosi delle linee di comunicazione del nemico e delle sue vie di rifornimento.

Citando Mao nel suo Sulla guerra di lunga durata (1938):

La nostra strategia dovrebbe essere quella di impiegare le nostre forze principali per operare su un fronte esteso e fluido. Per raggiungere il successo, le truppe cinesi devono condurre la loro guerra con un elevato grado di mobilità sui campi di battaglia, facendo avanzamenti rapidi e ripiegamenti altrettanto rapidi. Così come devono essere veloci le concentrazioni e le dispersioni delle truppe. Questo significa che la guerra su larga scala deve essere fluida, e non una guerra di posizione in funzione esclusivamente di difesa con profonde trincee, con fortezze difensive. Ciò non significa che bisogna abbandonare i punti strategici vitali. Essi vanno difesi fino a quando sono utili. Ma la strategia fondamentale deve essere quella di una guerra “manovrata”.

E’ difficile non vedere le analogie con quanto sta accadendo in Libia:

Fu teso un agguato ai pick up dei ribelli e poi vennero sopraffatti dalle truppe di Gheddafi.
L’avanzata dei rivoltosi venne fermata e le forze governative ripresero la cittadina di Nawfaliyah, 120 km (75 miglia) a est di Sirte. (Reuters, 29 marzo)

Diversi ribelli hanno raccontato uno stratagemma delle forze filo governative.

Le forze pro-Gheddafi stazionavano a circa 12 chilometri a ovest di Bin Jawwad sventolando bandiere bianche per attirarci e poi hanno aperto il fuoco. (The New York Times, 28 marzo)

Combattimenti sono in corso a Nawfaliya, a circa 180 km a est di Sirte, dove le forze di opposizione dicono di trovarsi lungo una via pesantemente minata. Le forze pro-Gheddafi hanno scavato piccole trincee vicino alla linea del fronte, e stanno massacrando i combattenti d’opposizione …
La velocità di avanzata dei ribelli ha allungato le linee di comunicazione e questo ha creato problemi logistici, ha detto Bays [corrispondente di Al Jazeera]. Uno dei problemi è la mancanza di energia elettrica, il che significa che le pompe di benzina non funzionano …
”Alle stazioni di benzina stanno utilizzando bottiglie di plastica per trasportare il carburante”, ha continuato Bays. (Al-Jazeera, 28 marzo)

Strategicamente, Gheddafi deve affrontare una sfida molto simile a quella di Mao nel 1938: ha una notevole forza a sua disposizione e può raggiungere la superiorità locale sul terreno, ma ciò nonostante egli si confronta con potenza di fuoco superiore e, per il momento, non è in grado di vincere in uno scontro decisivo.

Il leader libico, del resto, ha una lunga esperienza sia nella guerra di posizione che nella guerriglia:
Gheddafi, comandante in capo di un esercito permanente negli ultimi quattro decenni, ha anche sostenuto attivamente numerosi movimenti ribelli che hanno usato questa tattica in tutta l’Africa. Secondo alcuni rapporti, prima del suo attacco a Bengasi 10 giorni fa, era in grado di posizionare forze sotto copertura e nascondere le attrezzature, anche carri armati, dentro le città. A detta di tutti, conosce molto bene la “guerra manovrata”.

In Libia, ci sono stati alcuni colpi di scena interessanti: in primo luogo, i ribelli a terra non sono affatto un ostacolo per l’esercito di Gheddafi.
Patrick Graham, giornalista che si occupa di politica estera e che si trova sul luogo, li descrive come un gruppo disorganizzato e indisciplinato “per lo più di giovani volontari”.

Non è molto chiaro chi sia al comando dell’esercito ribelle e anche da chi sia composto … Gli insorti sono coraggiosi quanto indisciplinati, le tattiche dei ribelli sono molto semplici e si concentrano soprattutto sulla velocità, per fermare le forze di Gheddafi usano vari tipi di artiglieria. Inoltre è raro imbattersi in qualcuno che si presenti come un comandante, per non parlare di ufficiali… Una vera forza militare è difficile che venga organizzata dai ribelli in così poco tempo…

Questo problema è compensato dai raid aerei della coalizione. Gli attacchi americani contro Gheddafi si stanno intensificando, con attacchi aerei strategici e, ciò che crea sospetto, attacchi molto ravvicinati. Secondo un rapporto del think-tank Stratfor:

[28-29 Marzo] I raid aerei della coalizione continuano senza sosta, con le singole operazioni militari contro obiettivi a Tripoli, Tajoura, Surman, Sirte, Sebha, Harawa, Garyan, Mizdah, Misurata, e sulla zona montana ovest di Tripoli. Inoltre, le forze Usa hanno attaccato tre navi mercantili libiche nel porto di Misurata….

Un alto funzionario militare americano, rimasto anonimo, ha detto che il 29 Marzo, oltre agli A-10C Thunderbolt IIs, specializzati in supporto aereo ravvicinato e armati con missili aria-terra, sono stati impiegati, nel weekend del 27-28 Marzo, anche elicotteri d’assalto US Air Force AC-130 – precisi e devastanti per attaccare bersagli a terra. Nonostante il maggiore impiego di aeromobili su misura per il ruolo di supporto aereo, il vice ammiraglio William Gortney ha negato che gli Stati Uniti stanno coordinando gli attacchi con gli oppositori.

Gli attacchi aerei, tuttavia, sono soggetti a limitazioni tattiche e politiche -in questo caso, il mandato proposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è di proteggere i civili (risoluzione 1973). L’amministrazione del presidente Usa Barack Obama e i suoi alleati internazionali hanno già cominciato a “interpretare” il testo per giustificare un mandato più ampio di quello indicato, e questo ha prodotto qualche contraccolpo internazionale. Scatenare una massiccia campagna di bombardamenti su una città dove la popolazione sostiene Gheddafi, solo per farla catturare dagli insorti, è chiaramente una grave violazione della risoluzione, e questo potrebbe causare una bufera presso le Nazioni Unite.

Così, quando si combatte Gheddafi “sul suo stesso terreno” l’efficacia del bombardamento aereo contro di lui è ridotta.

È abbastanza chiaro, inoltre, che il leader libico ha “terreno fertile”: in un recente rapporto, la Reuters, cita fonti ribelli che riportano di residenti del comune di Nawfaliyah che avevano sparato contro i ribelli stessi, e che la popolazione di alcune città vicino Sirte si era coalizzata formando milizie locali alleate con le forze governative.

Inoltre, colpisce anche come le forze di Gheddafi che assediano le città ribelli siano poco efficaci. Per ora hanno ripreso Bengasi (gli attaccanti si ritirarono), ma non hanno avuto molto successo nella terza città della Libia, che si trova nella parte prevalentemente filo-Gheddafi, nella zona occidentale del paese. Nei giorni scorsi, l’esercito governativo ha riconquistato gran parte della città, nonostante la campagna aerea continui.

Analisi d’intelligence dei siti web Debka File interpreta il ritiro di Gheddafi come un segnale per l’Occidente, e sottolinea che il leader libico ha altre opzioni in serbo:

Gheddafi ha offerto a Washington una via d’uscita. Ritirando le sue truppe dalla città orientale, ha dato agli americani la possibilità di “ingessare” la vittoria dei ribelli – sostanzialmente entrare in una situazione di stallo – e lasciare tutto per com’è.
… Tuttavia, se l’amministrazione Obama decidesse di perseverare nel suo sostegno militare per i ribelli, il sovrano libico potrebbe prendere in considerazione tre contro-misure:

Uno, colpire obiettivi sensibili americani, britannici e francesi in Medio Oriente e in Europa;

Due, attivare cellule terroristiche libiche sotto copertura in Europa contro gli Stati Uniti.

Tre, ritirarsi con la famiglia in un santuario segreto tra i fedeli nelle tribù sahariane e da lì combattere per la sua sopravvivenza sia contro gli americani che al-Qaeda. Quest’ultima accusata dal rais di aver fomentato la rivolta contro di lui.

Nonostante che Debka sia noto per la pubblicazione di notizie senza riscontro, questa analisi non fa una piega, e diverse parti di essa corrispondono alle osservazioni di altri esperti, i tre passi ”controproducenti” descritti potrebbero anche essere derivati dal manuale di Mao.

Se la coalizione intende accontentarsi di una situazione di stallo, tuttavia, è un’altra questione.

Martedì in una riunione a Londra, 40 “leader mondiali” hanno deliberato la prosecuzione della campagna aerea, sempre sotto l’egida della NATO.
L’obiettivo finale di questa campagna però resta sempre molto vago: “fino a quando Gheddafi fermerà i suoi attacchi contro i civili” che può significare tutto e niente.

In un discorso televisivo al National Defense University di Washington, Obama ha difeso l’operazione militare, ma ha anche sostenuto che la rimozione dal potere di Gheddafi non è uno dei suoi obiettivi. In precedenza, però, egli aveva detto che la rimozione del leader libico faceva parte della strategia ”politica” dell’America, ma non è un obiettivo della ”missione” militare in corso.

Almeno alcuni dei governi europei che prendono parte all’operazione hanno indicato che il loro obiettivo è quello di vedere Gheddafi espulso. Non si capisce come sperino di realizzare questo obiettivo senza un’invasione di terra. Alcuni – per esempio la Francia – hanno suggerito di armare i ribelli e di addestrarli, ma l’idea ha causato un acceso dibattito a Washington, preoccupati che le armi possano andare in mano ad estremisti islamici come quelli di al-Qaeda. [1]

Sostanzialmente, Gheddafi sembra essere in una buona posizione in questo momento. Aspetta pazientemente, consolidando il suo controllo a ovest. I suoi nemici sono in un vicolo cieco – come ha ammesso martedì il capo della Nato Anders Fogh Rasmussen, ”Chiaramente non esiste una soluzione esclusivamente militare per la questione libica”.

È improbabile che la NATO possa addestrare ed equipaggiare i ribelli abbastanza bene da poter ritirare il proprio esercito nei prossimi mesi. Nel frattempo, mentre la campagna aerea prosegue, i costi per la NATO aumentano e la reazione contro l’operazione da parte della società civile occidentale comincia a farsi sentire.

Un guasto tecnico – se non il fuoco della contraerea – potrebbe anche far cadere un paio di aerei da guerra, danneggiando così il morale degli alleati.
In una fase successiva, secondo le dottrine di Mao, la guerra mobile si dovrebbe trasformare nuovamente in una guerra di posizione, e il nemico verrebbe sconfitto.

Il leader libico ha lasciato la maggior parte delle infrastrutture petrolifere intatte anche quando ha ritirato le sue forze durante il fine settimana dalle città petrolifere, come Ras Lanuf e Brega, e questo significa che ha deciso di non mollare.

L’onere è sulle spalle della coalizione e dei ribelli che devono dimostrare che Gheddafi ha torto nel pensare di poter vincere.

Victor Kotsev
Fonte: www.atimes.com/
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MC31Ak03.html
31.03.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUIGI FABOZZI

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