Ma la migliore è quella del “giornalista che ha visto il filmato da telefonino e dice che “dà i brividi”. Come i video che-non-vi-faremo-vedere dell’ISIS raccolti dalla signora Katz ad uso e consumo dei meshuge goyim.
Telefonino questo, tra parentesi, trovato miracolosamente intatto anche se precipitato ad una velocità che non ha dato invece scampo alle enormi turbine dell’aereo, nell’impatto con la montagna. Trovato per giunta tra migliaia di frammenti di fusoliera, motori, carne umana e bagagli, nel più grande puzzle della storia risolto nel minor tempo assoluto. Alla Ravensburger sono ancora ammutoliti.
Ma si può credere a questa pagliacciata? Non ne ho scritto finora solo perché volevo vedere, come nello sketch di Totò su “Pasquale maledetto”, questi stupidi fin dove volevano arrivare.
Sono giorni che va avanti la farsa a puntate, alla quale si aggiunge un capitolo al giorno, praticamente un feuilletton alla Gaston Leroux, e il livello del ridicolo è ormai vicino a tracimare. Manca solo un bimbetto che alzi la manina e riveli l’oscena nudità dell’Imperatore.
Un aereo è andato a schiantarsi su una montagna, si, ma di bugie, fate ingollare con l’imbuto ogni sera dai kapò dell’informazione, che non si vergognano di rendere sempre più ridicola la loro categoria di fronte a milioni di telespettatori.
Ormai abituati a mentire ed affabulare su tutto: sulla ripresa dell’economia, sulla bontà dell’Europa, sull’uscita dal tunnel, sulla bravura di Renzi, sull’onestà del PD e su D’Alema-che-non-è-indagato, non trovano alcuna incongruenza nella favola del pilota kamikaze perché depresso. Con nessuno che abbia chiamato terra con il telefonino: “Ehi, c’è un pazzo chiuso in cabina che vuole farci schiantare!” Su United 93 telefonavano a manetta, non dite che non è possibile. Non avete visto il film? Beh, capolavoro!
Eh si, quanto mi è puzzata da subito la gita in montagna della cancelliera callipigia e di Hollande: ben due capi di stato aviotrasportati, con tutto l’ambaradan di sicurezza ed intelligence che la cosa comporta, e in men che non si dica, sul luogo del disastro, a dare una mano di propaganda europeista quanto mai inopportuna su un evento che era “soltanto” l’ennesima fatale sciagura aerea. O no?
Per non parlare del fetore che emana l’autopsia in diretta della mente del povero Lubitz. Il solito capro espiatorio sempre pronto in questi casi. Telediagnosticato di ogni tipo di sindrome depressiva – quando caso mai si tratterebbe di mass-murderer, dai soliti incompetenti che si permettono di parlare di psichiatria quando sarebbe meglio che parlassero di calcio, e poi e poi.
Abbiamo assistito alla costruzione di un personaggio perfetto in senso letterario da dare in pasto all’opinione pubblica che, per paura di vedersi appiccicare la lettera scarlatta del complottismo, non oserà mettere in dubbio la sua veridicità, nonostante un film argentino recente abbia praticamente raccontato, con mesi d’anticipo, la stessa identica storia grottesca di questo Gabriel Pasternak tedesco. C’è effettivamente un filo che lega gli sceneggiatori cinematografici e gli spin doctors. Da sempre. Sappiatelo.
E poi il ridicolo autodafé dei tedeschi che si sentono toccati nella loro preziosa infallibilità e ci fanno su le copertine lacrimogene autocommiseranti.
Chiediamoci piuttosto quanti sono ormai ultimamente gli aerei caduti, scomparsi, volatilizzati e le vittime sui cui tragici destini si stanno raccontando le versioni più assurde, quasi che chi le inventa volesse solo sadicamente prendersi gioco di una platea di boccaloni ontologicamente inferiori?
Perché i piloti delle linee aeree cominciano a rifiutarsi di volare dopo questi ultimi incidenti?
Ma credete davvero che, seppur in una linea aerea low cost, un pilota possa tenere nascosto uno stato mentale come quello che viene ora attribuito a Gabriel Pasternak, oops!, a Lubitz? Hanno tentato pure di infilarci la storia che si era appena lasciato con la morosa. Manco la D’Urso.
Voi credete pure che le cose siano andate come vi stanno raccontando. Io sento puzza di spin lontano un chilometro. Non posso farci niente. Trascende ogni mio controllo. Da quella sera dell’undici settembre quando dissero di aver trovato, tra le macerie fumanti e il polverone di due grattacieli crollati, il passaporto intatto del “terrorista arabo”, scusatemi tanto, ma non credo più a niente.
Barbara Tamperi
2.04.2015