DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
Il populismo del Bild Zeitung
ha vinto. La Germania sta spingendo per un default duro, rischiando
una reazione a catena incontrollabile a lungo temuta dai mercati.
Intanto abbiamo appreso da fonti verificate
che la Germania sta attivando il “Piano B”, comunicando alle
banche e alle compagnie di assicurazione di prepararsi per un taglio
del 50 per cento sulle quotazioni del debito greco; e poi che la Germania
sta “studiando” alcune possibilità che comprendono un ritorno per la Grecia alla dracma.Il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang
Schauble ha scelto di prendere questa strada quando l’economia globale
sta ancora flirtando con una doppia recessione, le azioni del settore
bancario stanno precipitando e le tensioni globali sul credito stanno
arrivando ai livelli di Lehman. La sconsideratezza toglie il fiato.
Se fosse una tattica per costringere
la Grecia a sottomettersi alle richieste dell’UE/FMI di ulteriore
austerità, potrebbe invece provocare la certezza della mutua distruzione.
“Chiunque pensi che la Grecia è un facile capro espiatorio
scoprirà che tutto ciò potrebbe rivolgersi contro di loro, contro il cuore dell’eurozona”,
ha detto il Ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos.
Se provocata, la Grecia può far esplodere
il sistema bancario europeo e infliggere un danno enorme alla stessa
Germania, e la Grecia è stata certamente provocata.
Il commissario tedesco all’UE, Günther
Oettinger, ha detto che l’ Europa dovrebbe inviare in Grecia i caschi blu, per
controllare la riscossione delle imposte e per liquidare i
beni della nazione. E dovrebbero essere ben armati. Le prime pagine
sulla stampa greca hanno riportato “Resa incondizionata”,
“Terrorizzazione dei greci ” e perfino “Quarto Reich”.
Il signor Schauble ha detto che non
ci saranno più soldi per Atene grazie al pacchetto di salvataggio
dell’UE e del FMI fino a che i greci “faranno quello che si sono
detti disposti a fare” e soddisfino ogni richiesta degli ispettori della “Troika”.
Inoltre, spingere la Grecia verso il
burrone farebbe rischiare un contagio immediato al Portogallo, che ha
livelli più alti di debito totale, e un ugualmente pessimo deficit
delle partite correnti vicino al 9 per cento del PIL, ed è allo stesso
modo incapace di soddisfare i diktat tedeschi per l’austerità
nel lungo termine. Dopo di che la reazione a catena per la scissione
dell’UEM sarebbe tumultuosa.
Cerchiamo di essere chiari, la ragione
principale per cui la Grecia non può raggiungere i suoi obbiettivi
per il deficit è dovuta al fatto che l’UE ha imposto la più
violenta deflazione fiscale mai inflitta a una moderna economia sviluppata,
il 16 per cento del PIL di stretta in tre anni, senza introdurre stimoli
monetari, aggiustamenti del debito o una svalutazione.
Tutto ciò ha spinto l’economia
in una spirale senza fondo che si autoalimenta, comprimendo le entrate
fiscali. Questa politica è oscurantista, una replica del Gold Standard
nel 1931. Ha fallito in modo evidente. Come è stato pronunciato nel
parlamento greco, la dinamica del debito è “fuori controllo”.
Tutti sappiamo che la Grecia si è
comportata male per un decennio. I tempi per il bastone e la carota sono
passati, quando sono stati fatti i veri errori e tutti erano sedotti
dall’allure dell’UEM.
Anche se ora il governo di Papandreou
riuscisse a soddisfare ogni richiesta della Troika, non farebbe
una grande differenza. I cittadini greci lo hanno già capito e hanno
compreso che i pacchetti di salvataggio dell’UE vengono semplicemente
riciclati alle banche del nord.
Invece di riconoscere il fallimento
collettivo dell’UE per ogni fase di questa debacle, il potere
dei creditori si sta scatenando su quella che è adesso la vittima.
Non siamo mai stati tanto vicini alla
rottura dell’UEM. Le dimissioni di venerdì di Jurgen Stark dalla
Banca Centrale Europea sono letteralmente un cataclisma, un voto tedesco
contro la fiducia nella gestione dell’UEM. Il dottor Stark non è
solo un membro della BCE. È il controllore dell’emissione monetaria della Bundesbank.
La veemenza di questa protesta contro
l’acquisto dei bond da parte della BCE conferma i sospetti dei mercati:
che la BCE non può puntellare il mercato delle obbligazioni italiane
e spagnole a lungo senza perdere la Germania.
“Guardo a quello che sta avvenendo
nell’UEM e le parole che mi vengono in mente sono disastro completo
e totale”, ha detto Andrew Roberts, direttore della divisione credito
di RBS. Egli crede che il rendimento delle obbligazioni tedesche potrebbe
andare sotto l’1 per cento a causa delle vendite verso lidi più sicuri.
La scorsa settimana sia Citigroup che
UBS hanno pubblicato report sui meccanismi della rottura dell’UEM,
concludendo con fede commovente che i dirigenti dell’UE non possono e vogliono che accada.
“L’euro non esisterà più”,
ha detto Stephane Deo di UBS. Ha creato più costi che benefici per
i deboli. La sua “natura disfunzionale” era mascherata da
una bolla creditizia. L’errore è adesso “paurosamente ovvio”.
E ancora il signor Deo avverte che
l’uscita dell’UEM non sarà priva di sofferenza come quando furono
abbandonati nel 1992 gli accordi
europei di cambio. Le unioni
monetarie non si rompono agevolmente. L’epilogo di solito comporta
rivolte civili, persino guerre.
Se fosse la Grecia a dover lasciare,
la nuova dracma calerebbe del 60 per cento. Le sue banche patirebbero
un collasso. Convertire il debito pubblico in dracme provocherebbe un
default, facendo uscire il paese dal mercato dei capitali. L’uscita
potrebbe costare il 50 per cento del PIL nei primi anni.
Se dovessero lasciare paesi creditori
come la Germania, il nuovo marco salirebbe dal 40 al 50 per cento contro
l’euro dei superstiti. Le banche dovrebbero affrontare grossi tagli
sul debito in euro e avrebbero bisogno di capitalizzazione. Gli scambi
si restringerebbero a un quinto. L’uscita potrebbe costare tra il 20 e il 25 per cento del PIL.
UBS concluse che l’unica possibilità
è una “confederazione fiscale”, come in Svizzera.
Sì, forse, ma le classi più
potenti in Germania tremano di fronte a tali speranze visto che è
stato stabilito che i poteri monetari del Bundestag non possono
essere devoluti a “entità sovranazionali “. E non credo neppure
che la società tedesca voglia sopportare un peso per le regioni greco-latine
pari a sei volte quello della Germania Est.
Willem Buiter di Citigroup ha ipotizzato
la dicotomia “federalismo o implosione”, dicendo che gli analisti
anglosassoni sono intrappolati nel mondo ideale della Pace di Westfalia
del 1648, in cui gli stati sovrani vennero considerati come pilastri dell’ordine internazionale.
“Non c’è un’analogia forte
o recente con l’UE”, ha detto. Con una mistura di aspetti nazionali
e sovranazionali, l’UE assomiglia al Sacro Romano Impero, che ha unito
l’Europa centrale dal X secolo fino Lutero (tecnicamente fino al 1806).
Il dottor Buiter dice che i due “modelli
canonici” per la rottura dell’UEM – che se ne escano i debitori
e che si allontani il cuore dell’eurozona guidato dalla Germania –
sono entrambi irti di pericoli.
I deboli venderebbero l’anima per
un po’ di zuppa, scoprendo che la svalutazione potrebbe essere un
“processo incontrollabile” con pochi guadagni che vengono dall’esportazione.
Se il blocco tedesco lasciasse l’UEM
per creare un “tallero”, i costi sarebbero inferiori. Comunque,
l’euro menomato cadrebbe a pezzi, con profondi dissesti. “Non
sarebbe una cosa simpatica”, ha detto.
In ultima analisi, l’investimento
politico nel progetto dell’UE è per il momento troppo grande per
poter contemplare simili pensieri. L’eurozona proseguirà su una terza
via, con gli spasmi della ristrutturazione del debito all’interno
della famiglia dell’euro. Non arriverà a un’unione fiscale o al
debito condiviso, ha detto.
Tutti questi resoconti sono una lettura
terribile, ma, visto che sono un irriducibile westfaliano e avendo votato
varie volte NO ai referendum per l’UE, non accetto che l’Europa
abbia un destino teleologico che vada verso un’unione ancora più stretta.
Ha già spinto le proprie ambizioni
oltre la tolleranza degli stati storici dell’Europa e non può essere
considerata responsabile da un punto di vista democratico.
Il fatto nuovo dei mesi recenti è
che la società tedesca ha cominciato a intravedere una cesura
tra la sua democrazia e la deriva fiscale dell’UEM. Per la prima volta, questi due aspetti
sono in conflitto. I tedeschi potrebbero essere costretti
a scegliere. Il risultato al momento è tutt’altro che chiaro.
E neppure accetto i dati da prima pagina
di UBS. Nel 1931 tutti i funzionari del Tesoro e tutte le voci dell’ortodossia
avvisarono che l’uscita britannica dal Gold Standard avrebbe
liberato le sette piaghe. Fu una liberazione. Il Regno Unito, l’Impero,
e gli stati alleati si liberarono da un sistema che era diventato un
motore di un turbinio deflazionistico. Ha aperto la strada allo stimolo monetario e alla ripresa.
Abbiamo quindi un parallelo ravvicinato
tra il Gold Standard degli anni ’30 e l’UEM, sia per gli
effetti distruttivi che per l’inviolabilità totemica. Il Gold
Standard era più di un sistema di divise. Era l’ancora di un
ordine internazionale e di un sistema di vita.
La mia soluzione – come quella di Hans-Olaf
Henkel, l’ex capo della federazione industriale della Germania (BDI)
– è quella di dividere l’UEM in due blocchi, con la Francia alla
guida di un’Unione Latina che si tiene l’euro. Questo blocco dovrebbe
svalutarsi, ma non del 60 per cento, tenendo così i propri debiti in
euro ancora intatti. I rischi di un default e di una crisi del
settore bancario calerebbero, non aumenterebbero.
Il blocco tedesco potrebbe lanciare
il proprio Tallero, ricapitalizzando le banche per coprire le perdite
del debito in euro. I danni potrebbero essere contenuti prima di tutto
da un controllo dei capitali. Tutto ciò va oltre l’intelligenza
umana. Io penso che le perdite aggregate saranno inferiori rispetto
a quelle presenti e che i risultati a lungo termine saranno più salutari.
L’Unione Europea potrebbe sopravvivere, con serenità.
Lo status quo, comunque, è
inaccettabile. La strategia della deflazione del debito dell’UEM ha
intrappolato mezza Europa nella recessione, con la disoccupazione giovanile
che ha raggiunto il 46 per cento in Spagna, senza una via di uscita per i prossimi anni.
Forse una coalizione globale del G20,
del FMI, della Cina e delle potenze petrolifere potrebbe riuscire
a salvare Euroland, come alcuni adesso sperano. Ma come potrebbe eliminare
le differenze tra il Nord e il Sud dell’UEM? Non risolverebbe niente.
Fonte: Germany and Greece flirt with mutual assured destruction
11.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE