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La Redazione

 

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GEORGE W.BUSH O L'ETA' DELLA MENZOGNA

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A cura di Davide
Il 27 Ottobre 2004
104 Views
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DI JOSE’ SARAMAGO

La società umana è impregnata di menzogna come della peggiore contaminazione morale e Bush è uno dei maggiori responsabili. La menzogna circola impunemente ovunque, si erge a nuova verità. Quando alcuni anni orsono un primo ministro portoghese affermò che “la politica è l’arte di non dire la verità”, non immaginava che George W. Bush, anni dopo, avrebbe trasformato la scioccante affermazione in una birichinata ingenua da politico di periferia che non possiede un’adeguata conoscenza del valore e del significato delle parole.

“Lo Stato è la forma suprema della moralità”
Aristotele, Politica

La carriera politica e imprenditoriale di George Walker Bush, figlio del direttore della CIA e, successivamente, 41° Presidente degli Stati Uniti d’America George Herbert Walker Bush, è stata narrata e debitamente documentata in molte delle opere che hanno esplorato i sotterranei della politica nordamericana, e rappresenta un perfetto esempio di arrivismo senza scrupoli. Questo articolo, sia per la concisione che per la mancanza di pretese, deve essere considerato solo come uno sguardo stupefatto su uno dei più deprimenti spettacoli rappresentati sulla scena dove, implacabilmente, si gioca con il destino di milioni e milioni di persone, come se si trattasse di semplici marionette. I casi e le strade che hanno portato George Walker Bush sul trono imperiale e coloniale della Casa Bianca sono, per lo più, risaputi. Tuttavia, penso che possa essere utile in giorni come questi, a mo’ di vademecum, ripercorrere le principali tappe che hanno segnato la vita e i miracoli dell’attuale (e illegittimo) presidente degli Stati Uniti dell’America del nord, George Walker Bush, che da giovane gli amici affettuosamente chiamavano W. (e chissà se ancora oggi). E rifacendomi a quanto narrato nelle migliori biografie autorizzate – secondo cui George Walker, così come Paolo cadendo da cavallo sulla via di Damasco, fu illuminato dalla fede che gli permise di disintossicarsi dall’alcool e abbandonare la vita dissoluta nella quale rischiava di perdere l’anima – mi permetterò, prendendo a pietoso esempio le stazioni della Via Crucis cristiana, di enumerare alcuni dei più significativi passi del peculiare e trionfale cammino che, grazie al fatto di essere il primogenito di suo padre, lo avrebbe condotto fino all’ombelico del mondo, meglio conosciuto come lo Studio Ovale.Ed ecco qui: la prima stazione ci mostra a che punto influì il peso politico e imprenditoriale del padre affinchè George W. fosse ammesso e ottenesse facilmente la laurea nelle università di Andover e di Yale; nella seconda, si chiariscono le manovre e gli espedienti messi in atto da George W. per risultare il primo tra migliaia di candidati nella lunga lista d’attesa della Guardia Nazionale del Texas e, di conseguenza, avere un buona scusa per non andare in Vietnam a combattere; nella terza, si sveleranno gli ingranaggi finanziari usati per salvare le sue compagnie petrolifere quando si trovavano sull’orlo del fallimento; nella quarta, si ripercorre il labirintico processo di vendita delle azioni della Harken Energy Corporation; nella quinta, si descrive l’acquisizione della squadra di Baseball dei Texas Rangers e come la successiva vendita della sua quota (nonostante fosse minoritaria) fece di lui un miliardario; e infine, nella sesta e ultima, si analizzano in dettaglio le campagne elettorali, che in ben due occasioni (elezione e rielezione) insediarono l’amatissimo figlio di George Herbert Walker Bush a capo del governo dello stato del Texas. L’ultimo gradino prima che W. – fissando intensamente la stupefatta faccia della statua di Abramo Lincoln e pronto a sfoderare la Colt dalla fondina come in OK Corral – potesse pronunciare le parole, che sulla sua bocca suonano come un insulto, “sono anch’io Presidente degli Stati Uniti”.

Presidente degli Stati Uniti, sì, ma solo grazie alla truffa, alla menzogna, alla manipolazione. E peggio ancora, dicendolo chiaramente: George Walker Bush è diventato Presidente del suo paese grazie a un vero e proprio colpo di stato, al quale solo è mancato l’ultimo tocco dell’intervento militare, anche se non di sicuro l’acquiescienza del Pentagono. L’azione congiunta (e concertata) di cinque giudici di destra del Tribunale Supremo degli Stati Uniti, del Governatore della Florida, Jeb Bush, fratello del candidato repubblicano, e della pressochè totale maggioranza dei mezzi di comunicazione di massa nordamericani, – in particolare quella dei telegiornali di emittenti controllate da grandi multinazionali industriali e finanziarie, che sono portavoce diretti dello Stato-impresa – ha avuto come conseguenza una delle più sfacciate e ignominiose usurpazioni di potere a cui si abbia mai assistito nell’epoca moderna. Il mondo è stato spettatore di una performance di prestidigitazione politica che ha oscurato persino l’arte manipolatoria di un altro presidente, quel Richard Milhous Nixon che passò alla storia del suo paese con il soprannome di Dick Trick, che più o meno significa ciarlatano, lestofante, impostore, imbroglione (lascio al lettore la scelta del termine più adeguato). Mi chiedo come e perché gli Stati Uniti, un paese così grande sotto tutti i punti di vista, abbiano spesso avuto dei così piccoli presidenti…

George W. è sicuramente il più piccolo di tutti. Con la sua mediocre intelligenza, la sua abissale ignoranza e la sua maniera di esprimersi confusa e irresistibilmente portata alla “sparata”, quest’uomo si presenta di fronte all’umanità nella posa grottesca di un cow-boy che ha ricevuto in eredità il mondo e lo confonde con una mandria di bestiame. Non è dato sapere quello che pensa realmente, non sappiamo nemmeno se pensa (nel senso più nobile del termine), non sappiamo se magari sia un robot progettato male che si confonde costantemente e stravolge i programmi installati. Ma, che gli sia tributato almeno questo onore, c’è nel George Walker Bush presidente degli Stati Uniti sicuramente un programma che funziona alla perfezione: quello della menzogna. Sa di mentire, e sa che noi sappiamo che sta mentendo. Ma, data la sua appartenenza alla tipologia del bugiardo compulsivo, continuerà a mentire nonostante la verità gli si presenti davanti agli occhi in tutta la sua evidenza, anche dopo che gli sia esplosa in faccia. Ha mentito per dichiarare guerra all’Iraq come precedentemente lo aveva fatto sul suo equivoco e turbolento passato, con la stessa sfacciataggine. Viene da lontano la menzogna, ce l’ha nel sangue. Come bugiardo emerito, è il corifeo di tutti i bugiardi che lo hanno circondato, applaudito e servito come lacchè in questi ultimi tre anni. Ultimamente gli “yes men” sono diminuiti, ma ancora non ci risparmiano i loro ingannevoli gorgoglii. In Iraq non c’erano armi di distruzione di massa, sono state tutte distrutte dopo la guerra del Golfo, nel 1991. Ma Tony Blair e José Maria Aznar, i tenori preferiti da George W., continuano imperterriti a riproporre il disco rotto della minaccia che Saddam Hussein rappresentava per l’umanità …

George Walker Bush ha bandito la verità dal mondo per inaugurare e far fiorire, al suo posto, l’età della menzogna. La società umana attuale è impregnata di menzogna come della peggiore contaminazione morale e lui ne è uno dei maggiori responsabili. La menzogna circola impunemente ovunque, si erge a nuova verità. Quando alcuni anni orsono un primo ministro portoghese, il cui nome ometto per delicatezza, affermò che “la politica è l’arte di non dire la verità”, non immaginava che George W. Bush, anni dopo, avrebbe trasformato la scioccante affermazione in una birichinata ingenua da politico di periferia che non possiede un’adeguata conoscenza del valore e del significato delle parole. Per George W. mentire è, semplicemente, parte del gioco e probabilmente la migliore di tutte. La menzogna come arma, che spiana la strada ai carri armati e ai cannoni, la menzogna sulle macerie, sui morti e sulle povere e sempre frustrate speranze dell’umanità. Non sappiamo se il mondo oggi sia più sicuro rispetto a tre anni fa, ma non abbiamo dubbi sul fatto che sarebbe molto più pulito e tranquillo senza la politica imperialista e colonialista del presidente degli Stati Uniti d’America, George Walker Bush, e di quanti, consapevoli dell’inganno che mettevano in atto, gli spianarono la strada per la Casa Bianca. Dopo aver sparato contro Abramo Lincoln.

Questo articolo riassume le parti essenziali della prefazione a “El Neron del Siglo XXI” (Il Nerone del XXI° secolo), di Jamer H. Hatfield, pubblicato nello stato spagnolo da Editions Toméli-Ediciones Apóstrofe.

Da: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=6402
Traduzione di Viviana Tommasetti ([email protected])
Fonte:www.nuovimondimedia.it
26 Ottobre 2004

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