DI NOREENA HERTZ
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Mentre ricordava l’accaduto, sentivo l’ansia crescere nella sua voce. Le sue parole erano confuse e il respiro piuttosto affannoso. “E ‘stata la cosa peggiore mai accaduta. Awful. Orribile. Terribile”. Che increscioso trauma questa povera ragazza stava raccontando? Aveva assistito a una rapina? Sperimentato la perdita di una persona cara? Veniva evitata dai suoi coetanei? Non proprio. Questo è il modo in cui Jen, 19 anni, ha ricordato la sensazione provata dopo aver dimenticato il suo smartphone nel bagno di un locale. Per Jen il motto è: mi collego, dunque sono.
Quando ho iniziato la mia ricerca sulla “Generation K” – il mio termine per riferirsi alla generazione comprendente le ragazzine dai 13 ai 20 anni, dal nome della loro icona Katniss Everdeen, eroina di The Hunger Games – mi aspettavo che la tecnologia fosse un riferimento per la loro identità (anche se non avrei previsto il Toiletgate). Questa è, dopo tutto, la generazione che ha raggiunto la maggiore età con l’iPhone e Facebook. I nostri figli non possono concepire un mondo senza internet e non hanno quasi alcuna idea del mondo che c’era prima.
Ma la tecnologia non è stata l’unica levatrice. Gli anni formativi di questa generazione sono stati modellati da altri due fattori distinti – la peggiore recessione che si ricordi da decenni e rischi geopolitici sempre più inquietanti. Sono cresciuti insieme all’estremismo islamico, all’incubo-austerità e alle rilevazione inedite di whistleblower come Edward Snowden.
Questa primavera ho collaborato con Survey Monkey al fine di condurre un sondaggio su oltre 1.000 adolescenti americani e britannici (tra l’altro: ho trovato poche differenze significative tra i due campioni). Ho anche effettuato una serie di interviste one-to.one. Volevo sentire direttamente questa generazione.
Di che cosa si preoccupano? Cosa li terrorizza? Che vogliono? E che cosa significa tutto ciò per il nostro futuro politico, sociale ed economico?
Molti di coloro che ora stanno tra i venti ei trent’anni – la “Yes we can” generazione – sono cresciuti credendo che il mondo fosse come un bel letto confortevole. Ma per la generazione K il mondo di oggi è una giungla senza regole. Al-Qaeda e Isis hanno fatto da protagonista nei loro smartphone e hanno assistito alla perdita del lavoro dei loro genitori. Sono un gruppo per il quale il mondo presenta rassomiglianze inquietanti con il panorama distopico che si trova nel distretto 12 di Hunger Games. Un mondo diseguale, violento, duro.
Sono angustiati da un terrore esistenziale. Purtroppo, le loro ansie si estendono ben oltre le ansie tipiche degli adolescenti. Il settantacinque per cento delle ragazze adolescenti che ho esaminato sono preoccupate per il terrorismo; il 66% teme più di tutto il cambiamento climatico; Il 50 per cento ha paura dell’Iran. Inoltre, si sentono senza prospettiva e senza futuro. L’86 % è preoccupato dall’idea di non trovare un posto di lavoro; il 77% teme che dovrà ricorrere ai debiti fin da subito.
Tali preoccupazioni non avranno solo un impatto sulle future scelte di risparmio e di consumo – le stanno infatti modificando già in questo momento. La Generation K è più sobria: gli adolescenti bevono meno alcol e assumono meno farmaci rispetto ai loro recenti predecessori. E ‘anche più fisicamente provata. Nel 2013, ben il 22 per cento degli studenti delle scuole superiori femminili negli Stati Uniti ha seriamente pensato di commettere suicidio, secondo il Dipartimento della Salute. Nel Regno Unito, uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità ha scoperto un aumento di tre volte del numero di adolescenti che praticano autolesionismo negli ultimi 10 anni. Un mondo di ossessionati da Instagram, alterati da Facebook e a base di austerità si è dimostrato un cocktail particolarmente tossico per i ragazzi e le ragazze.
Volendo capire a chi si rivolgono a in un ambiente così duro, gli ho chiesto di chi si fidassero. Le loro risposte sono state inequivocabili. Solo il 4 per cento della generazione K confida nele grandi aziende (rispetto al 60 per cento degli adulti). Solo uno su 10 pensa che il governo faccia la cosa giusta – la metà della percentuale dei Millennials anziani. Questi numeri hanno grandi implicazioni per il futuro del business e della politica.
La loro sfiducia nelle istituzioni tradizionali tracima in una sfiducia generalizzata verso i costumi tradizionali. Ben il 30 per cento delle ragazze adolescenti sono dubbiose sul matrimonio o non vogliono sposarsi. Ancora più sorprendente, il 35 per cento sono sicure di non fare figli. Questa è una differenza-shock rispetto alle generazioni di prima.
Emily, 15 anni, che “sicuramente non vuole figli”, ha spiegato che questa decisione derivava dalla consapevolezza che le donne non possono avere tutto, che lei avrebbe dovuto scegliere tra carriera e figli. Abbiamo chiaramente ancora molta strada da fare affinchè le ragazze vedano lo svezzamento di un bambino come una responsabilità di genere neutro. E questa generazione è sicuramente guidata dall’idea della carriera – il 90 per cento ritiene importante – per avere successo nella vita – possedere un lavoro altamente stipendiato.
Carrieriste sicuramente. Ma, come Katniss Everdeen, Generation K ha anche un forte senso di ciò che è giusto ed equo. Di volta in volta le ragazze mi hanno detto di quanto siano disturbate da differenziali retributivi di genere, commenti sessisti, l’atteggiamento per cui “le donne non possono essere ingegneri”. Hanno condiviso la loro frustrazione derivata dal fatto che “gli uomini sono in grado di fare qualsiasi cosa, ma le donne ancora no”, insieme con le preoccupazioni circa la disuguaglianza economica, razziale e sociale.
Parità per questa generazione non significa conformità. L’ottanta per cento di loro sostengono parità di diritti per le persone transgender. Anzi, sono affascinato dalla misura in cui la Generation K celebra la differenza. Quando ho chiesto alle ragazze di descrivere se stessi in una parola, “unica” è stata quella che più comunemente hanno scelto. Unica – e orgogliosa di essere così. Sarah, 16 anni, ha spiegato che cosa questo significasse per lei: “Per me, si tratta di essere me stessa, non dover pensare come gli altri o vestire come loro. Non si tratta di preoccuparsi di diventare come tutti gli altri.”
In un mondo traumatizzato e senza domani, trovo che questa rivelazione sia non solo stimolante, ma anche piena di speranza.
Noreena Hertz è co-fondatricee CEO di Generation K, oltre che professore onorario presso l’University College di Londra.
Fonte: ttp://www.ft.com
Link: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/1642f9d2-e3ac-11e4-9a82-00144feab7de.html
17.04.2015
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da IL BUCANIERE