FUGA DI CAPITALI DA RECORD IN CINA, CONSEGUENZA DELLA CRISI INDUSTRIALE

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Causale: Raccolta fondi

DI AMBROSE EVANS PRITCHARD

telegraph.co.uk

I media di stato cinesi stigmatizzano “la resistenza incredibilmente feroce” alle riforme economiche, segno che il Presidente Xi Jinping sta diventando furioso con i Funzionari di Partito incompetenti.

Nelle ultime settimane il deflusso di capitali dalla Cina ha toccato il picco dei 190 miliardi di dollari, costringendo le autorità ad intervenire su una scala senza precedenti per difendere la moneta cinese.

L’esodo dei fondi sta drenando la liquidità dai mercati interbancari e ha spinto verso l’alto il tasso overnight dello Shibor [Shanghai Interbank Offered Rate] di 30 punti base negli ultimi dieci giorni – segno che il mercato è sotto stress.

Yang Zhao della Nomura ha detto che nel mese di Luglio ben 90 miliardi di dollari hanno lasciato il paese. Il ritmo si è accelerato da quando la Banca Centrale Cinese [PBOC] ha dato una scossa ai mercati sganciando la sua moneta dal dollaro USA.

La fuga di capitali, nelle prime tre settimane di Agosto, si avvicina ai 100 miliardi di dollari, nonostante l’uso draconiano delle leggi anti-terrorismo e anti-riciclaggio per frenare i flussi illeciti di denaro.

Yang Zhao ha detto che la PBOC è intervenuta in modo “molto aggressivo” per stabilizzare la valuta e prevenire la svalutazione che era sfuggita di mano, anche se questo comporta una stretta automatica nella politica monetaria.

Per compensare la perdita di liquidità, la PBOC dovrà tagliare quasi certamente il “coefficiente di riserva obbligatoria” [RRR] delle banche cinesi, taglio che alcuni analisti si aspettano per questo fine settimana.

L’ultima relazione della PBOC prevede un “allentamento monetario” condito con il solito avvertimento che le misure adottate saranno “mirate”. E’ un segno che Pechino sta preparando degli stimoli monetari, nonostante la preoccupazione che questi possano portare ad una ripetizione degli eccessi di credito che ossessionano la Cina dai tempi del boom successivo alla crisi della Lehman.

La PBOC ha già iniettato 160 miliardi di dollari nella “China Development Bank” perché questa possa finanziare alcuni progetti. Spera che la Cina possa finalmente scrollarsi di dosso la recessione della prima metà dell’anno, causata dalla combinazione fra la crisi monetaria e quella fiscale.

L’indice “Caixin PMI” è crollato a 47.1, il più basso da Marzo 2009 ed al di sotto della linea del boom-bust [che è a 50.0]. I nuovi ordini all’esportazione sono ulteriormente scivolati a quota 46.0, mentre la consistenza dei magazzini [prodotti invenduti] è in aumento. Un cocktail decisamente brutto.

Il “Caixin Insight” ha detto che questi dati riflettono la coda di una recessione che in gran parte ha già fatto il suo corso, grazie agli stimoli in corso: “L’economia è in procinto di toccare il fondo e potrebbe dar inizio ad un forte rimbalzo nei prossimi mesi”.

Tutte queste agitazioni arrivano in Cina proprio mentre i mercati stanno preparandosi al primo rialzo dei tassi d’interesse, in otto anni, da parte della Fed – una mossa che rischia di stringere ulteriormente il cappio intorno al collo dei “mercati emergenti”, con ovvie ripercussioni anche sul mercato delle materie prime.

La “Danske Bank” ha detto che l’ultimo ripensamento [riguardo la preannunciata “stretta”] ha avuto ripercussioni peggiori del “taper tantrum” del 2013 [così fu chiamata, all’epoca, la violenta reazione dei mercati], quando la Fed accennò per la prima volta ad una “stretta”, e sta rapidamente trasformandosi in una “tempesta perfetta”, visto che la lira turca, il real brasiliano, il ringgit malese ed il rublo russo sono tutti in caduta libera.

Il deflusso di capitali dai mercati emergenti, da Giugno 2014, ha raggiunto i 940 miliardi di dollari, secondo la “NN Investment Partners”. Ma i danni della crisi delle “economie emergenti” sono rimbalzati di nuovo negli Stati Uniti. Lo spread delle obbligazioni ad alto rendimento ha registrato il massimo triennale, salendo a 1.100 punti base [11%] per le imprese del settore energetico, un livello fallimentare.

Non è chiaro dov’è che il sistema politico cinese si stia ora dirigendo. Il paese è stato fortemente colpito da un articolo anonimo pubblicato sui giornali di stato, che ha avvertito di come il processo delle riforme stia affrontando una “resistenza incredibilmente feroce”.

Jonathan Fenby della “Trusted Sources” ha detto che l’articolo, pubblicato dopo un conclave segreto della Direzione del Partito tenutosi nel mese di Agosto, vuole rendere noto che il Presidente Xi Jinping è furioso e che sta perdendo fiducia nei riguardi dei suoi funzionari: “… nonostante la faccia rassicurante che egli presenta in pubblico, sia in Cina che nel resto del mondo, la lotta fra le varie fazioni negli alti ranghi del Partito è ancora viva”.

La gestione piuttosto pasticciata del crack azionario di Shanghai ha sollevato dei seri dubbi sulla reale competenza della leadership cinese. Il conclave ha chiesto una “riforma drastica e pragmatica” delle imprese di proprietà statale, delle politiche fiscali, della finanza e del sistema giudiziario.

Non c’è dubbio che il Partito abbia commesso dei gravi errori politici durante i mesi invernali, culminato con il cosiddetto “fiscal cliff” [il tracollo economico provocato dal consistente aumento delle tasse giunto al drastico abbassamento della spesa pubblica], una pasticciata riforma della finanza pubblica locale che ha causato il collasso della spesa. La domanda è se il peggio è davvero passato, visto che le autorità hanno lanciato un altro ciclo di stop-and-go.

La crescita del credito, a Luglio, è salita al massimo degli ultimi 31 mesi, anche se una sua parte è dovuta al semplice rinnovo dei vecchi debiti. La spesa fiscale è in forte ripresa, con il nuovo mercato obbligazionario che è finalmente entrato in funzione. I governi locali hanno emesso titoli per quasi 200 miliardi di dollari, a Giugno e Luglio, con una velocità straordinaria.

Simon Ward della “Henderson Global Investors” ha detto che la sua misura della massa monetaria – il “vero M1” [https://it.wikipedia.org/wiki/Aggregati_monetari] – ha mostrato un recupero, dopo che alla fine dello scorso anno era diminuita, per la prima volta in questo secolo.

Nel corso degli ultimi sei mesi sta aumentando al ritmo del 10% annuo e sta ulteriormente accelerando, puntando ad un’ulteriore crescita per la fine dell’anno. La sua misura include i depositi a vista delle famiglie [da qui la definizione di “vero M1”].

Ma la fuga dei capitali complica notevolmente il quadro di riferimento. E’ arrivata in un momento in cui l’”indice composito azionario” di Shanghai è sceso di nuovo a 3.507, sui minimi toccati all’inizio di Luglio. C’è una diffusa paura che la crisi potrebbe essere più profonda di quanto abbia ammesso fino ad ora il Partito Comunista.

La PBOC è stata chiaramente colta alla sprovvista dalla violenta reazione dei mercati al nuovo regime di cambio, largamente considerato come una mossa per correre in soccorso degli esportatori in difficoltà, e ha dovuto intervenire per stabilizzare la valuta nei pressi di 6,40 yuan per dollaro, che contiene la svalutazione al 3%.

La Nomura ha detto che queste teorie complottiste sono fuorvianti. La PBOC ha dovuto agire in questo modo per portare la politica dei “tassi di cambio” in linea con le altre riforme in “conto capitale” della Cina, ed anche per fronteggiare le crescenti complicazioni. Si tratta, quindi, di uno sviluppo assolutamente sano.

La PBOC ha dovuto affrontare la cosiddetta “Impossible Trinity” – un caso da manuale, in economia – una situazione in cui non si può avere sotto controllo, tutti allo stesso tempo, i flussi di capitale, la politica monetaria ed il tasso di cambio. Si deve dargliene atto.

La Nomura ha anche dichiarato che: “… se non avesse liberato il tasso di cambio, la PBOC avrebbe perso l’indipendenza nella sua politica monetaria. Era una questione davvero molto urgente”.

Il suo responsabile per le strategie azionarie in Asia, Michael Kurtz, ha aggiunto che i mercati hanno frainteso ciò che sta accadendo in Cina, è del tutto improbabile uno scenario tragico riguardo i prezzi: “… questa situazione rappresenta un’opportunità di acquisto. Pensiamo che le scorte [di materie prime] saranno significativamente più alte alla fine dell’anno”.

I dati grezzi dell’”Indice PMI” sovrastimano la debolezza dell’economia. Il Premier Li Keqiang sta volutamente spostando le risorse dai vecchi settori industriali. L’”intensità commerciale” [ovvero la dipendenza dalle esportazioni] della crescita cinese sta precipitando, man mano che il paese matura.

Il popolo cinese, fino ad ora, ha risentito solo lievemente degli effetti del rallentamento. Il problema è stato esportato in Brasile, Sud Africa, Australia e in tutti gli altri paesi che vivono della domanda cinese di materie prime.

Bo Zhuang della “Trusted Sources” ha detto che la stabilità del mercato del lavoro è la “questione fondamentale per la leadership cinese”. L’occupazione fino ad ora ha tenuto bene. Nel primo semestre dell’anno sono stati creati 7,2 milioni di posti di lavoro “netti” [ovvero al netto del turn-over], sufficienti a soddisfare l’obiettivo annuale, che è di 10 milioni.

Tuttavia, il rapporto fra “posti vacanti” e “candidati” era a quota 1,15 alla fine dello scorso anno, e da allora è sceso a 1,06: la caduta più ripida dai tempi della crisi Lehman. Una delle componenti più deboli dell’indice PMI di Venerdì scorso è stata proprio l’occupazione, per cui questo rapporto dovrebbe scendere ulteriormente.

Le autorità cinesi si sono messe da sole in un angolo. Col senno del poi, hanno liberalizzato il regime di cambio troppo presto. Ovvero prima che gli stimoli fiscali facessero effetto e che fosse chiaro a tutti che la recessione era sicuramente passata.

Ora devono fare i conti con l’accelerazione del deflusso dei capitali che essi stessi hanno provocato, fatto che rende ancor più difficile la gestione della crisi. Il Presidente Xi Jinping ha tutte le ragioni di questo mondo per essere esasperato.

Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11817185/Record-capital-flight-from-China-as-industrial-slump-drags-on.html

21.08.2015

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO

Fra parentesi quadra [ … ] le note del Traduttore

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