Mentre Ignazio La Russa viene eletto Presidente del Senato coi voti dell’opposizione, si attende il Presidente di Montecitorio. Il nodo cruciale rimane però che governo sarà. L’analisi del collettivo di economisti indipendenti di ConiareRivolta.org.
Di ConiareRivolta.org
A leggere i principali quotidiani nelle settimane che hanno condotto al voto del 25 settembre, c’era un imminente pericolo fascismo alle porte, che avrebbe messo a repentaglio fondamenta democratiche, l’ancoraggio italiano alle istituzioni europee e sovranazionali che regolano la vita del nostro Paese e la sua appartenenza al blocco delle democrazie liberali. La Repubblica, in particolare, si era specializzata in un filone di letteratura tutto suo, espungendo completamente la politica – quali sono le priorità di ciascuna coalizione, in cosa i programmi differiscono, quanto e cosa spendere, dove prendere i soldi e così via – dalla campagna elettorale e sostituendola con spauracchi e simulacri.
Le elezioni passano e restituiscono il risultato che tutti prevedevano e come per magia gli stessi giornali e le stesse penne, a partire ovviamente da Repubblica, che ci mettevano in guardia dall’allarme democratico iniziano un (neanche poi così) lento riposizionamento. Ed ecco tutto un fiorire di profili di Giorgia Meloni descritta come lungimirante e pacata statista, da contrapporre alle velleità irresponsabili dei suoi compagni di coalizione.
Come spiegare questa apparente giravolta? Per cercare una risposta non bisogna scavare neanche molto. Le avvisaglie, d’altronde, erano già davanti agli occhi di chiunque le avesse volute cogliere, a partire da un’eloquente intervista, rilasciata a Il Foglio il primo di agosto, di Giovanbattista Fazzolari, responsabile del programma di Fratelli d’Italia. Il senatore meloniano delineava già a chiare lettere l’agenda di politica economica del nascituro governo: “un governo di destra non può avere alcun interesse a destare il minimo sospetto rispetto a un tema cruciale: adempiere alle condizionalità europee, che fanno parte del ciclo ordinario della programmazione pluriennale di bilancio. Nessuno può essere così suicidario da impostare un bilancio pluriennale che mini alla sostenibilità del debito pubblico”. Lo avevamo scritto nei giorni immediatamente successivi alla crisi di Governo: nessun salto nel buio era all’orizzonte, ma semplicemente l’esecutivo Draghi che passava la mano al pilota automatico che Draghi stesso, da presidente della BCE, aveva passato anni a perfezionare ed affinare.
Due episodi ulteriori, però, fanno luce in maniera definitiva su quali saranno le priorità del prossimo Governo: da un lato, la surreale polemica con cui la Meloni stessa e Draghi fanno a gara a chi è stato e sarà più solerte nel rispettare tutti i paletti messi dal PNRR. La prima, mostra fastidio per un’agenda che non fila abbastanza rapidamente per colpa del governo uscente, troppo lento nel tenere il passo con le 528 condizioni che l’Italia si è impegnata a rispettare da qui al 2026; mentre Draghi, dal canto suo, rassicura che la tavola è apparecchiata per continuare senza scossoni a fare i compiti a casa per tutta la legislatura. Già, avete capito bene: la Meloni sta accusando Draghi di eccessiva lentezza nel fare quello che ci chiede l’Europa! Il tutto condito con l’intenzione della Meloni, sbandierata ai quattro venti sotto il manto rassicurante della competenza e del saper fare, di affidare i ministeri sensibili e deputati all’attuazione del PNRR a ‘tecnici’ al di sopra di ogni sospetto.
Ancora più eloquente è la concordia che regna tra la Meloni e l’esecutivo uscente e in particolare, sul tema dell’emergenza ‘caro-bollette’, tra la leader di Fratelli d’Italia, Draghi ed il suo Ministro per la Transizione Ecologica Cingolani. A fronte di istituzioni europee sostanzialmente immobili e inermi (nessun provvedimento è atteso dal Consiglio Europeo di Praga di questi giorni, né da quello di Bruxelles del 20 ottobre), la strategia del Governo entrante e di quello uscente appaiono identiche: in attesa di un intervento salvifico a livello europeo, provare a rispondere con mini-misure tampone a una tempesta che richiede centinaia di miliardi di euro. Fu così che il partito che ha stravinto le elezioni posizionandosi all’opposizione del Governo Draghi propone di superare la crisi attuale con “un decreto, va detto, in assoluta continuità con gli ultimi tre dell’esecutivo Draghi”, con “molte misure sovrapponibili (…) e non potrebbe essere altrimenti, visto anche il clima di assoluta cooperazione in questo momento di transizione tra governo uscente ed entrante”. Peccato che il Governo entrante abbia vinto le elezioni politiche grazie al malcontento sollevato dalle politiche del Governo uscente.
In tale maniera, il futuro Governo di centro-destra dichiara già, a scanso di equivoci, di accettare le regole del gioco: chi ha lo spazio fiscale, cioè la possibilità di spendere senza violare i parametri imposti alle finanze pubbliche dalle istituzioni europee, si salva, come fatto dalla Germania. Chi non ha spazio fiscale accetta serenamente di subordinare il benessere (e con esso la possibilità di pagare le bollette e non dover rinunciare al riscaldamento durante l’inverno) della maggioranza della popolazione al rispetto dei vincoli che soffocano i Paesi della periferia europea da trent’anni.
Il significato politico della posizione espressa da Fazzolari è la migliore rappresentazione del Governo Meloni che sarà. Siccome “dovremo intervenire sul caro-bollette” ma allo stesso tempo – di fatto – non possiamo, né vogliamo “destare il minimo sospetto rispetto a un tema cruciale: adempiere alle condizionalità europee”, beh, allora è chiaro cosa ci aspetta: ci verrà detto, come da trent’anni a questa parte, che non ci sono le risorse per fare alcunché a sostegno dei lavoratori, dei disoccupati e delle fasce della popolazione più deboli. Chi reclama oggi una maggiore attenzione per la spesa sociale, pensioni e Reddito di cittadinanza in primis, è avvertito…
Ecco, quindi, che l’apparente mistero con cui abbiamo iniziato questo pezzo si dipana: la continuità tra il Governo Meloni e il Governo Draghi è tutto ciò di cui hanno bisogno i commentatori politici nostrani, e i loro padroni, per poter dormire sonni tranquilli. Lo spauracchio del fascismo era un’arma retorica utile alla dialettica interna alla classe dominante: è stato utile a garantire un ordinato passaggio di consegne tra il Governo Draghi I, presieduto da Mario Draghi, ed il Governo Draghi II, presieduto da Giorgia Meloni. Una volta garantita questa continuità, il problema fascismo magicamente svanisce dai radar della stampa mainstream. Per noi, invece, gli eredi del Movimento Sociale Italiano sono pericolosi anche e soprattutto perché garanti della perfetta continuità tra inflazione, guerra e austerità con Draghi e inflazione, guerra e austerità con Meloni.
Di ConiareRivolta.org
08.10.2022
link fonte: https://coniarerivolta.org/2022/10/08/un-governo-draghi-e-per-sempre/#respond