DI EUGENIO ORSO
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Questa mattina, a Trieste e dintorni, piove a dirotto.
L’acqua continua a cadere ed è straripato qualche torrente in provincia di Udine, con qualche problema in più nel Friuli orientale, ma è soprattutto il Veneto, quello della Lega, della mitizzata PMI e del passato miracolo del Nord Est, a finire malamente sott’acqua.
E’ come se all’originaria prosperità si fosse sostituito, materialmente e simbolicamente, il diluvio: quello molto concreto della pioggia scrosciante di questi giorni, e l’invisibile diluvio, produttivo, economico, sociale, suscitato dalla concorrenza cinese, dall’arretratezza della piccola industria italiana, dalla crisi conseguente del Made in Italy, e dalla riduzione dei consumi interni.
Non è certo un diluvio universale, ma è soltanto un fenomeno locale, un evento naturale, non privo però di implicazioni politiche, che si somma alla crisi in atto.
Tuona il “governatore” veneto Zaia, ex cameriere di trattoria e attuale cameriere politico di provincia, che è necessario, per far fronte agli ingenti materiali danni dell’alluvione, tenere l’acconto irpef in Veneto, senza versare alcunché allo stato centrale.
Ha già protestato, lo stesso soggetto, contro le attenzioni e i fondi da dedicare allo storico sito di Pompei, parte della nostra storia più remota ed oggi in pericolo per sopraggiunta incuria.
Chissenefrega della storia e del comune patrimonio culturale! Quello che conta è che l’elettorato leghista tipico, zoccolo duro irrinunciabile del bossianesimo, è stato colpito dal piccolo Armageddon di questi giorni, e rischia di annegare, economicamente e … fisicamente.
La pioggia e la paura non cessano, aumentano i danni e con loro si moltiplicano le reazioni scomposte, i lai, le richieste di intervento di chi ha sostenuto con il consenso l’asse Bossi- Berlusconi-Tremonti.
Berlusconi in persona, per un attimo distolto dal bunga-bunga e dagli affari processuali privati, assieme ad Umberto Bossi con tanto di figlio scemo, Renzo Trota, ha visitato il Veneto, beccandosi bordate di fischi e accese contestazioni in particolare a Padova.
Ormai le contestazioni si estendono dalla martoriata e irricostruita L’Aquila allo stesso Veneto, regione-roccaforte xenofobo-egoistico-leghista dell’attuale maggioranza, e non sono inscenate soltanto dai terremotati che affrontano la polizia, ma dagli stessi “bottegai leghisti padani”, ossatura elettorale, nel mitico Nord Est produttivo, di un sistema di potere sempre più barcollante.
E’ curioso osservare come lo “zoccolo duro” elettorale leghista e, in subordine, piediellino-forzaitaliota, a lungo spacciato come quintessenza delle forze veramente produttive in Italia, sotto la pressione diretta di problemi molto concreti – migliaia di piccole aziende in malora e danni che forse raggiungono il miliardo di euro – inizia a ribellarsi e a contestare quello stesso, inefficiente governo che fino ad ora ha contribuito a tenere in piedi.
Causa del disastro italiano, che è complessivo, dispiegandosi sul piano etico-politico oltre che sul piano sociale ed economico, sono loro stessi, i “cocchi” del governo berlusconian-leghista ai quali l’evasione fiscale e contributiva è consentita, o meglio, anche loro ne sono la causa e fanno parte interamente del problema.
Vogliono i soldi dal governo, ma fino ad ora non li hanno forse ricevuti, attraverso il voto fondato sullo scambio “piccola evasione contributiva e fiscale tutelata e garantita contro il consenso”, tipico del voto leghista e di quello forzaitaliota?
Impresari di piccolo cabotaggio, commercianti ed altre simili figure che popolano il ricco Veneto, hanno persino ottenuto, dal Berlusconi che la Lega tiene letteralmente “per le palle”, il federalismo fiscale realizzato entro la fine dell’anno.
Gran parte delle amministrazioni locali venete sono leghiste o pidiellino-leghiste, a partire dall’ente regione.
Stampelle di uno dei peggiori governi della storia d’Italia, questi individui, colpiti da una calamità naturale i cui effetti devastanti potevano forse essere attenuati da interventi pubblici mirati, sul territorio, ora sbraitano, piangono e si strappano le vesti per avere denaro da quello stato centrale che tanto hanno vituperato, magari togliendolo alla preservazione e alla tutela del patrimonio artistico, storico e culturale comune, in altre aree della penisola.
Accanto agli ultimi crolli materiali e simbolici, dalla Domus Aurea neroniana alle vestigia di Pompei, quali simboli di malgoverno e incuria ai quali farà forse seguito il crollo finale del Colosseo, vaticinato da Nostradamus, l’alluvione sembra produrre lo smottamento del consenso al governo di Berlusconi e della Lega, l’ulteriore e decisiva perdita di credibilità, proprio nei luoghi in cui l’attuale cartello di maggioranza ha i suoi sostenitori più accaniti e convinti.
Se l’Italia è veramente “costruita sulla sabbia”, come ha scritto nel suo best seller Gomorra il tanto celebrato e discusso Saviano, il problema non è certo limitato al solo meridione, e ciò è avvenuto anche a causa di questi individui, che tanto sbraitano o si lamentano nel momento in cui tocca a loro, poiché gli stessi hanno offerto un contributo sostanziale al sostegno e all’inazione dei governi cialtroni e incapaci, prevalentemente del cosiddetto centro-destra, succedutisi in questi ultimi anni.
Che poi questi individui rappresentino la parte produttiva del paese, e tutto il resto viva bellamente alle loro spalle, sappiamo che è una palese menzogna.
Hanno costruito le loro piccole e meno piccole fortune personali, non soltanto sulla pratica ammessa e tutelata dell’evasione, ma anche sul lavoro degli altri, e cioè degli operai autoctoni, dei migranti meridionali, e recentemente su quello degli immigrati, regolari e irregolari, provenienti da altri paesi.
Non di rado, si è trattato di lavoro nero, non tutelato, supersfruttato, e totalmente “informale”, a tutto vantaggio dell’imprenditore, o del possidente di terre.
Me li ricordo, i “commendatori” veneti, quando passavano il week-end a giocarsi al casinò i frutti del lavoro loro e di quello di molti altri nella Slovenia da poco diventata indipendente.
Me li ricordo mentre si trastullavano con le escort dell’est che fu sovietico, affamate di soldi e all’epoca, in certi casi, affamate tout court, nei locali notturni, davanti ad una bottiglia di millesimé posticcio.
Sull’arretratezza tecnologica che caratterizza buona parte PMI italiana, proprio non serve sprecare parole, trattandosi di un fenomeno ben noto da tempo, ed oggi, momento in cui tutti i nodi economici e produttivi stanno arrivando al pettine, ben visibile ed inquietante.
Le imprese piccole e medie che si definiscono “di nicchia”, parte di terziari avanzati o avanzatissimi, sono molto poche numericamente, generano ben poca occupazione, e soprattutto, sono ben altra cosa rispetto alla generalità della PMI, perché del tutto inserite, come i grandi gruppi, nelle attuali dinamiche capitalistiche globalizzatrici.
La PMI colpita dall’alluvione ha fatto le sue temporanee fortune, in passato, in seguito allo smantellamento della grande industria, pubblica e privata, in vari settori produttivi [dall’alimentare all’informatica], ed ha costituito la debole ossatura del sistema produttivo nazionale, in assenza di alternative migliori e di effettivo avanzamento tecnologico.
I centri di potere finanziario globalisti, con sede in Nord America e giurisdizione sull’occidente, hanno decretato per l’Italia un futuro di produzioni tradizionali, a basso contenuto tecnologico, e la frammentazione [forse irrimediabile] del suo apparato produttivo, perché le produzioni “più avanzate” dovevano e devono confluire al centro.
La PMI alluvionata che chiede contributi pubblici capitalistico sembra già condannata, nel medio termine, dallo stesso punto di vista capitalistico contemporaneo, evasione o non evasione, incentivi di stato o disincentivazioni, Irpef trattenuta o versata, piogge torrenziali o sole splendente, perché la tanto invocata “competitività internazionale” non c’è più, se anche c’è stata in un passato ormai lontano, in altri contesti economico-finanziari …
Ma quello che più conta, è che coloro che un tempo gridavano cinicamente “Forza Etna!” o “Forza Vesuvio!” in occasione di eruzioni vulcaniche nel sud del paese, oggi sono travolti dall’acqua, dal fango, e dal malgoverno di un esecutivo cialtrone che loro stessi hanno strenuamente sostenuto.
E allora noi oggi diciamo provocatoriamente “Forza, Alluvione!”, dando la nostra solidarietà esclusivamente ai lavoratori dipendenti di quelle terre, ai subordinati che non hanno nulla, al lavoro migrante, ed ammirando sempre e comunque la splendida Venezia.
Sic Transit Gloria Padania.
P.S.: chi scrive ha nonni, bisnonni e trisnonni paterni veneti, provenienti della zona di Bassano del Grappa.
Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it/
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2010/11/10/forza-alluvione-di-eugenio-orso.html
10.11.2010