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La Redazione

 

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FALKLANDS: GUERRA E FALSITA’

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A cura di Davide
Il 23 Marzo 2007
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DI JOHN NEWSINGER
Socialist worker

Sono trascorsi 25 anni da che la Thatcher diede inizio alla guerra delle Falklands per salvarsi la carriera. John Newsinger analizza cosa abbia significato per l’imperialismo britannico.

Il 19 marzo 1982, la giunta militare argentina assunse il controllo delle isole Falkland – altrimenti note come Malvine – facendo sprofondare il governo inglese tory [conservatore] nella crisi.

Il governo aveva stupidamente precipitato gli eventi diminuendo progressivamente l’impegno militare britannico (già irrisorio) nell’Atlantico del sud, ed ora doveva affrontare il disastro.

Le isole Falkland si trovano a 8.000 miglia dalla Gran Bretagna. Sono una reliquia dell’impero ed era – ed è tutt’ora – assurdo che fossero governate dal Regno Unito.

Nessun Inglese era minimamente interessato alle Falklands prima della guerra. Due anni prima dell’intransigente linea thatcheriana, Nicholas Ridley aveva addirittura proposto un patto di condivisione del controllo delle isole con l’Argentina.
Nel 1982 il regime militare argentino stava affrontando un’estesa opposizione interna. Decise di riconquistare le isole per incrementare il proprio prestigio e le pretese di controllo su ampie parti del Sud America.

Il primo ministro britannico tory, Margaret Thatcher, intravide l’opportunità di ribaltare le sue fortune politiche ormai al tramonto.

La Thatcher affrontò la scelta tra un’umiliante accettazione dell’occupazione argentina – seguita dalle sue dimissioni e dal collasso del suo governo – e il rischio di una spedizione militare in un’area di importanza strategica nulla per il Regno Unito, solamente per salvare se stessa e il proprio governo.

Nessun dubbio attraversò la sua mente. Un’unità operativa, applaudita dal leader laburista Michael Foot, venne inviata per “liberare”, sulla carta, i coloni britannici nelle Falklands.

Gemiti

Per giustificare la guerra i conservatori improvvisamente iniziarono ad avercela coi diritti umani e “le spregevoli giunte militari latino-americane”. Questi stessi deputati non mossero un dito quando il leader argentino Generale Galtieri attuò un golpe nel 1976. La “scomparsa” di suppergiù 30.000 persone non fece scappare un gemito.

Al momento della resa argentina il 14 giugno, oltre 250 militari britannici di terra, mare e aria assieme a più di 1.000 Argentini, erano morti per mantenere la Thatcher al potere.

Il governo inglese, naturalmente, mentì ad ogni passo dei procedimenti, e in modo sfacciatamente abominevole, il 2 maggio, sull’affondamento dell’incrociatore Belgrano, che navigava lontano dalla zona di esclusione imposta dagli Inglesi.

Anche se la guerra fu di lieve entità, ebbe un impatto sproporzionato. Il conflitto venne ingigantito dai mezzi di comunicazione sciovinisti, guidati, com’è facile immaginare, dal giornale-sciacallo di Rupert Murdoch, il Sun.

La guerra sicuramente ebbe un ruolo, ma solo un ruolo, nella vittoria elettorale dei Tory l’anno successivo. Rese anche inattaccabile la posizione personale della Thatcher entro il partito conservatore.

Molti, tra cui la Thatcher, si convinsero che la guerra avesse finalmente eliminato la “sindrome di Suez” – rimuovendo quelle inibizioni che avevano teoricamente paralizzato i governi britannici dalla disastrosa invasione dell’Egitto nel 1956. Era un mito che divenne la colonna portante del Thatcherismo.

Il fallimento dell’invasione in Egitto del 1956 era stata a lungo oggetto di rammarico tra i Tories. Vi ravvisavano un umiliante segno del declino imperiale britannico.

Di fatto, l’invasione fu uno degli episodi più scandalosi della moderna storia inglese, con menzogne e disonestà a un livello tale che avrebbe fatto arrossire George Bush e Tony Blair.

Nonostante l’umiliazione di Suez, la “sindrome di Suez” in realtà era poco più di un’invenzione dell’ala destra dei Tory. Era una favola ideata dagli imperialisti reazionari che non volevano rassegnarsi al declino britannico. Continuavano a mitizzare il Regno Unito, sostenendo il suo destino imperiale e la reazione agli Stati Uniti.

La realtà era ben differente. Dopo Suez, i governi britannici, sia conservatori che laburisti, si sottomisero volontariamente agli Stai Uniti. Questo cosiddetto “rapporto speciale” divenne il metro della politica estera britannica.

La motivazione di ciò è abbastanza ovvia. Il capitalismo britannico aveva interessi in tutto il mondo, ma una volta eliminato l’impero, non possedeva più né il potere militare, né l’influenza politica per proteggere i propri investimenti. La classe dirigente inglese si rivolse quindi agli Stati Uniti per la cura dei suoi interessi.

Naturalmente la situazione ad oggi è identica. Quando all’ambasciatore per gli Stati Uniti di Blair fu detto di “far risollevare Washington e rimanere lì”, come al solito era veramente solo per affari.

Anche dopo Suez, comunque, lungi dall’essere paralizzato, il Regno Unito continuò ad ingaggiare guerre coloniali. Nei primi anni ’60, forze britanniche combattevano una guerriglia di resistenza ad Aden e nel sud dell’Arabia.

Il tutto finì, nel novembre 1967, con una miseranda ritirata a causa della quale i Tories rimproverarono il primo ministro laburista Harold Wilson. Questi fatti portarono ad una cospirazione dell’MI5 per rovesciare il governo Wilson.

Molto più significativo fu il “Confronto” con l’Indonesia che ebbe inizio nel 1963. Al culmine, l’impresa coinvolse 59.000 militari britannici, buona parte della marina (circa 80 navi) e anche una puntata dei V-bomber a Singapore. L’intenzione era di render chiaro agli Indonesiani che non era escluso un attacco nucleare.

La guerra finì a estate inoltrata nel 1966. Non solo la minaccia indonesiana venne annientata, la guerra aiutò anche a preparare un golpe militare in Indonesia. Più di mezzo milione di persone venne massacrato e il partito comunista distrutto, col tacito incoraggiamento dei governi inglese e statunitense.

Un’altra importante guerra coloniale fu combattuta nel Dhofar, provincia del sultanato dell’Oman.

Ribellioni comuniste

Gli Inglesi supportarono il sultano contro una ribellione comunista che durò fino al 1976. È interessante che sia il “Confronto”, sia la guerra del Dhofar furono portate avanti relativamente in segreto e senza pubblicità. Non vi furono nemmeno grandi celebrazioni per i successi.

Entrambi i conflitti erano strategici. La guerra delle Falklands fu un’altra storia. Venne combattuta per mantenere la Thatcher e i conservatori al comando. La sua richiesta che le persone ne “fossero liete” veniva proprio dal cuore.

La Thatcher aveva magnificato il valore dell’esercito britannico, parte eminente del profilo pubblico del suo governo, anche prima delle Falklands.

Nel maggio del 1980, ad esempio, aveva ordinato alle SAS di penetrare nell’ambasciata iraniana e compiere una sommaria esecuzione dei terroristi che stavano tenendo lo staff dell’ambasciata in ostaggio. Nel rimanente tempo speso in ufficio, tentò in ogni modo di identificarsi con le SAS.

Il suo governo, è bene ricordare, fu anche coinvolto in una “guerra contro il terrorismo” – parole letterali.

Il governo della Thatcher provò ad avvantaggiarsi della guerra in Irlanda del Nord, alimentando le paure della gente per i propri scopi politici nella gestione interna.

La manifestazione più numerosa contro la guerra delle Falklands vide la partecipazione di appena 7.000 persone. Ma non ci fu nemmeno uno sfrenato nazionalismo a livello pubblico. Un poll successivo all’affondamento del Belgrano mostrò che il 60% delle persone non riteneva le Falklands meritevoli anche solo di una singola perdita.

Ordine globale

La guerra delle Falklands venne intrapresa per assegnare un posto al Regno Unito nell’ordine globale. La Thatcher e i suoi sostenitori intendevano mandare il chiaro messaggio che lo stato britannico era pronto e aveva la capacità e l’intenzione di difendere le sue proprietà e compagnie estere.

A quel tempo sembrò alquanto strano, ma preannunciò il periodo in cui la guerra tornò ad essere centrale nel sistema.

Il tentativo della Thatcher di riesumare il patriottismo da tempo di guerra si proponeva, in parte, di celare il rapporto di subordinazione con gli Stati Uniti.

L’unità operativa delle Falklands venne mandata in missione solo perché gli Stati Uniti, dopo qualche trattativa, diedero l’assenso.
In cambio, la Thatcher si accollò il lavoro sporco del presidente statunitense Ronald Reagan al posto suo.

Le SAS aiutarono nell’addestramento i Khmer Rossi cambogiani – seguaci del precedente e sanguinario leader del Paese Pol Pot, che si trovava ai tempi in esilio in Thailandia. Il Congresso degli Stati Uniti non avrebbe permesso alla CIA di addestrarli, ma il parlamento britannico non aveva problemi.

Purtroppo per Blair, il suo momento di comando coincide con l’inizio della caduta del dominio statunitense.

Se gli USA continuano a possedere una supremazia militare schiacciante sul resto del mondo, non possono eguagliare tale superiorità dal lato economico. Sul lungo termine, ciò significa che il dominio militare a stelle e strisce non potrà essere mantenuto.

Anche nel breve periodo, nonostante l’incolmabile superiorità tecnologica dell’esercito statunitense, non ci sono sufficienti forze armate per imporsi su un dato movimento di resistenza supportato a livello popolare – come mostrano i casi iracheno e afghano.

Mentre per tutto l ‘800 e i primi del ‘900 il Regno Unito poteva contare sull’impero, e in particolar modo sull’India, per la forza lavoro (l’esercito britannico ancora oggi si affida ai Gurkhas [mercenari nepalesi, noti per l’uso di lame esotiche, i kukri, e delle arti marziali, ndt] e dipende in modo crescente dai reclutamenti nel Commonwealth), gli Stati Uniti non godono di queste riserve di carne da cannone a buon peso.

Ciò per Blair significa che invece di condividere la gloria dei trionfi statunitensi, sta partecipando alla delusione per i fallimenti di questa nazione.

Blair camuffa il suo militarismo da spirito umanitario. La sua peculiare combinazione di disonestà e sincerità ha funzionato per un po’, ma alla fine è venuta a galla quando s’è schierato contro l’opposizione popolare alla guerra nel 2003.

Blair e la sua cricca storicamente hanno fatto ricorso a falsità e disonestà varie. Il risultato è stato un disastro – perché gli USA hanno la mano lunga, ma la stretta debole.

La conseguente catastrofe in Iraq vede gli USA presiedere su un conflitto settario nel vano tentativo di sconfiggere la resistenza.

Fuori dal controllo della più spregevole collezione di deputati nella storia del partito laburista, Tony Blair e Gordon Brown rimangono totalmente dediti all’alleanza con gli Stati Uniti.

Se pensano di farla franca così, offriranno supporto ad un futuro attacco statunitense all’Iran. Naturalmente questo è il punto in cui entra in gioco il movimento pacifista.

John Newsinger è autore di numerosi libri, tra cui “The Blood Never Dried – A People’s History of the British Empire” [Sangue mai asciugato – Storia dell’impero britannico dal punto di vista dei popoli]. È disponibile presso Bookmarks, la libreria socialista – telefono: 020 7637 1848, sito: http://www.bookmarks.uk.com

John Newsinger
Fonte: http://www.socialistworker.co.uk
Link: http://www.socialistworker.co.uk/article.php?article_id=10932
17.03.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MOLECOLA

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